La formazione ecumenica nella Chiesa particolare  

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Conclusione

Il decreto UR termina con l'ammonizione a « non recare pregiudizio ai futuri impulsi dello Spirito Santo ( n. 24 ); ciò significa che non basta attuare fedelmente le direttive già date, ma occorre mantenersi aperti al nuovo.

L'ecumenismo è assoluta fiducia nello Spirito Santo.

Non impegnarsi al massimo potrebbe comportare il rischio di restare indietro, e quindi di aggravare il peccato delle divisioni, andando contro la volontà di Dio.

La conversione chiesta dall'ecumenismo è radicale.

Ma per arrivare a una mentalità rinnovata dobbiamo passare attraverso una profonda conversione interiore, che ci permetta: di cambiare certi schemi ereditati dal passato per assumerne altri propostici dal concilio;

di riconoscere i nostri peccati e le nostre responsabilità in fatto di divisioni;

di stabilirci pienamente nell'amore di Dio e dei fratelli:

allora molte barriere umane cadranno, poiché la comunione con Dio è sorgente di una profonda comunicazione e comunione anche con i fratelli.

La finitezza e la limitatezza umana di fronte all'infinita e immensa grandezza di Dio e di nostro Signore Gesù Cristo, fondano la possibilità delle diversità umane e cristiane.

Il peccato contro l'unità si ha anche quando la diversità è vista e vissuta, ma con spirito di protagonismo che considera la propria esperienza e tradizione come unica, esclusiva e totalizzante.

Viceversa il recupero della complementarietà esige da una parte riflessione, ricerca, umiltà e scoperta delle realtà divine unitarie e unificanti, e dall'altra la conoscenza delle varietà e delle particolari esperienze e tradizioni storiche.

Questa ricerca produce senso di gioia nella scoperta sincera di altri e ulteriori aspetti di verità e di realtà cristiane vissute e proposteci da fratelli di altre Chiese e di altre comunità cristiane.

Tutto questo presuppone ed esige infine l'apertura alla pienezza della verità di Cristo che ci giudica e ci trascende.

L'ecumenismo ci porterà alla riscoperta d'essere già fratelli ».

Per questo motivo la fraternità dovrà veramente costituire la base del vivere cristiano delle nostre comunità, non solo nei loro rapporti interni, ma anche in ordine ad altri che per lungo tempo sono parsi camminare in direzione diversa dalla nostra.

Su indicazione del concilio dobbiamo percorrere questa strada con fiducia, perchè l'ecumenismo non è un esporre la propria fede al rischio della sua attenuazione o addirittura della sua perdita.

Esso, anzi, è stimolo a una crescita nella verità, a un « credere di più » e a un « essere di più »; attingendo largamente da tutte le fonti che Dio ha scavato e aperto per noi.

È la carità di Dio che ha aperto questa strada; quella carità che ci insegna ad avere pazienza, a non scavalcare i tempi nella ricerca della verità e dell'unità.

Dobbiamo essere guidati dallo Spirito e non dalle nostre tecniche umane; lo Spirito apre agli altri, a tutti, alla libertà, all'amore; la fiducia nelle risorse nostre, radica nell'egoismo.

Abbiamo assoluto bisogno di Dio, e perciò di preghiera e di impegno; perchè, anche attraverso l'ecumenismo, la Chiesa si mostri al mondo sempre di più quale « creatura dello Spirito », e rivelazione dell'amore di Dio.

Roma, 2 febbraio 1990, Festa della Presentazione del Signore

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