Comunicazione e missione |
Al di là delle implicazioni di tipo sociologico e psicologico, almeno tre sono gli aspetti sui quali vigilare in vista della missione ecclesiale: la perdita dell'interiorità, l'incontro superficiale e la sostituzione della verità con l'opinione.
In primo luogo i processi mediatici tendono a ignorare la dimensione interiore e trascendente della persona, spinta a costruirsi un'identità non in rapporto a un cammino d'approfondimento e maturazione, bensì come risposta funzionale alla situazione che vive.
L'identità si trasforma in maschera, nel senso di una identità celata, nascosta, i cui tratti non vengono più riconosciuti.
E l'interiorità rischia d'inaridirsi cedendo spazio al narcisismo.
I media non sono di per sé nemici dell'interiorità, ma occorre lavorare per una cultura mediale che si apra alla trascendenza e promuova gli autentici valori spirituali.
Una seconda tendenza da contrastare è quella che spinge a privilegiare il facile contatto in superficie rispetto alla fatica, e alla gioia, di una relazione in profondità.
Restare in superficie vuol dire rinunciare alla vera conoscenza e riconoscenza reciproca.
Così il mondo della comunicazione rischia di moltiplicare e alimentare un sistema di contatti epidermici e occasionali, spesso solo funzionali allo spettacolo, privi di un confronto reale, fatto di ascolto, fraternità e solidarietà.
Un tale processo rende ancora più sentita e urgente la necessità di coltivare relazioni personali forti e aperte.
I media se da una parte possono produrre processi di spersonalizzazione, dall'altra possono favorire lo sviluppo di relazioni autentiche in cui le persone abbiano sempre la possibilità di guardarsi negli occhi e di parlare al cuore.
Anche nell'utilizzo dei media è necessario, quindi, salvaguardare e promuovere «il valore primario della comunicazione interpersonale sia per l'evangelizzazione che per la crescita umana».23
La terza attenzione riguarda la ricerca della verità.
Se il rapporto con l'altro si riduce al semplice sovrapporsi di pareri e sensazioni individuali, la relazione sarà il luogo non della ricerca della verità, ma del confronto-scontro delle opinioni o peggio ancora della prevaricazione e della manipolazione.
Alla ricerca della verità si sostituisce un percorso ambiguo e strumentale che conduce a una sorta di "moltiplicazione delle verità" o ad un azzeramento del riferimento alla verità.
Ne sortiranno visioni del mondo e della vita legate sempre più a opinioni e sondaggi, del tutto relativi o imposti a colpi di maggioranza.
Così la verità rischia di finire confinata nell'ambito della coscienza individuale e di essere esclusa dall'arena sociale e politica.
L'uomo contemporaneo può avere l'illusione di toccare con mano ciò che lo circonda, senza accorgersi che la sua mano è soltanto un cavo o un'antenna.
Può essere indotto a credere di avere la possibilità di apprendere il mondo in maniera diretta, quando invece le mediazioni sono molteplici.
Esse conducono alla ristrutturazione di saperi e conoscenze, valori e stili di vita.
Essere spettatore in tempo reale di eventi che avvengono a distanza planetaria, non significa conoscere la verità di quegli eventi, perché di essi ci è offerta sempre una lettura mediata da altri.
Inoltre la forma di conoscenza privilegiata dalla contemporaneità sembra essere quella dell'accumulo dei saperi e degli archivi digitali da cui estrarre puntualmente quanto serve.
Quando tutto è a disposizione, è facile illudersi di poter fare a meno di un sapiente discernimento.
In realtà, una maggior mole d'informazioni e di conoscenze esige non minore, ma maggiore sapienza e capacità critica.
Questi tratti della cultura mediale ci ricordano che l'uomo può realizzare la sua piena umanità solo tramite una comunicazione capace di verità e di comunione.
Nella comunicazione intesa come incontro autentico, quando l'uomo non guarda gli occhi dell'altro ma nei suoi occhi, in un gioco di reciproca riconoscenza, si apre un orizzonte di confronto nel quale l'altro assume i tratti del rimando all'Altro.
« Il Signore Gesù quando prega il Padre, perché "tutti siano uno, come anche noi siamo uno" ( Gv 17,21-22 ) mettendoci davanti orizzonti impervi alla ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità.
Questa similitudine manifesta che l'uomo il quale in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé».24
La comunicazione è luogo dove apprendere i criteri della comunione e della condivisione, che sono sempre il frutto di un ascolto attento e rispettoso e di un'adesione alla verità sull'uomo e sul suo destino.
Da ciò risulta chiaro che l'inquietudine della ragione non è nemica della certezza della verità.25
Questa esigenza di sporgersi oltre i confini del visibile, oltre l'arena tutta umana dell'esperienza immediata del mondo e degli altri, ci induce a estendere all'intero panorama dei media quanto è stato ricordato a proposito di internet: «Internet permette a miliardi di immagini di apparire su milioni di schermi in tutto il mondo.
Da questa galassia di immagini e suoni, emergerà il volto di Cristo? Si udirà la sua voce?
Perché solo quando si vedrà il suo volto e si udirà la sua voce, il mondo conoscerà la buona notizia della nostra redenzione.
Questo è il fine dell'evangelizzazione e questo farà di internet uno spazio umano autentico, perché se non c'è spazio per Cristo, non c'è spazio per l'uomo».26
Guardare con gli occhi della fede ai media significa riconoscerne certo i limiti, ma ancor più le potenzialità e operare affinché diventino una concreta risorsa per la missione della Chiesa.
Indice |
23 | C. E. I. Con il dono della carità dentro la storia 29 |
24 | Gaudium et Spes 24 |
25 | Giovanni Paolo II, Fides et ratio 28-29 |
26 | Giovanni Paolo II, Messaggio per la 36a Giornata mondiale delle com. sociali, 6 ( 2002 ) |