Documento finale |
La Chiesa nel suo insieme, nel momento in cui in questo Sinodo ha scelto di occuparsi dei giovani, ha fatto una opzione ben precisa: considera questa missione una priorità pastorale epocale su cui investire tempo, energie e risorse.
Fin dall'inizio del cammino di preparazione i giovani hanno espresso il desiderio di essere coinvolti, apprezzati e di sentirsi coprotagonisti della vita e della missione della Chiesa.
In questo Sinodo abbiamo sperimentato che la corresponsabilità vissuta con i giovani cristiani è fonte di profonda gioia anche per i vescovi.
Riconosciamo in questa esperienza un frutto dello Spirito che rinnova continuamente la Chiesa e la chiama a praticare la sinodalità come modo di essere e di agire, promovendo la partecipazione di tutti i battezzati e delle persone di buona volontà, ognuno secondo la sua età, stato di vita e vocazione.
In questo Sinodo, abbiamo sperimentato che la collegialità che unisce i vescovi cum Petro et sub Petro nella sollecitudine per il Popolo di Dio è chiamata ad articolarsi e arricchirsi attraverso la pratica della sinodalità a tutti i livelli.
Il termine dei lavori assembleari e il documento che ne raccoglie i frutti non chiudono il processo sinodale, ma ne costituiscono una tappa.
Poiché le condizioni concrete, le possibilità reali e le necessità urgenti dei giovani sono molto diverse tra Paesi e continenti, pur nella comunanza dell'unica fede, invitiamo le Conferenze Episcopali e le Chiese particolari a proseguire questo percorso, impegnandosi in processi di discernimento comunitari che includano anche coloro che non sono vescovi nelle deliberazioni, come ha fatto questo Sinodo.
Lo stile di questi percorsi ecclesiali dovrebbe comprendere l'ascolto fraterno e il dialogo intergenerazionale, con lo scopo di elaborare orientamenti pastorali particolarmente attenti ai giovani emarginati e a quelli che hanno pochi o nessun contatto con le comunità ecclesiali.
Auspichiamo che a questi percorsi partecipino famiglie, istituti religiosi, associazioni, movimenti e i giovani stessi, in modo che la "fiamma" di quanto abbiamo sperimentato in questi giorni si diffonda.
L'esperienza vissuta ha reso i partecipanti al Sinodo consapevoli dell'importanza di una forma sinodale della Chiesa per l'annuncio e la trasmissione della fede.
La partecipazione dei giovani ha contribuito a "risvegliare" la sinodalità, che è una « dimensione costitutiva della Chiesa. [ … ]
Come dice san Giovanni Crisostomo, "Chiesa e Sinodo sono sinonimi" – perché la Chiesa non è altro che il "camminare insieme" del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore »
( Francesco, Commemorazione del 50° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015 ).
La sinodalità caratterizza tanto la vita quanto la missione della Chiesa, che è il Popolo di Dio formato da giovani e anziani, uomini e donne di ogni cultura e orizzonte, e il Corpo di Cristo, in cui siamo membra gli uni degli altri, a partire da chi è messo ai margini e calpestato.
Nel corso degli scambi e attraverso le testimonianze, il Sinodo ha fatto emergere alcuni tratti fondamentali di uno stile sinodale, verso il quale siamo chiamati a convertirci.
122. È nelle relazioni – con Cristo, con gli altri, nella comunità – che si trasmette la fede.
Anche in vista della missione, la Chiesa è chiamata ad assumere un volto relazionale che pone al centro l'ascolto, l'accoglienza, il dialogo, il discernimento comune in un percorso che trasforma la vita di chi vi partecipa.
« Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell'ascolto, nella consapevolezza che ascoltare "è più che sentire".
È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare.
Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l'uno in ascolto degli 30 altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo "Spirito della verità" (
Gv 14,17 ), per conoscere ciò che Egli "dice alle Chiese" (
Ap 2,7 ) »
( Francesco, Commemorazione del 50° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015 ).
In questo modo la Chiesa si presenta "tenda del convegno" in cui è conservata l'arca dell'Alleanza ( cfr. Es 25 ): una Chiesa dinamica e in movimento, che accompagna camminando, rafforzata da tanti carismi e ministeri.
Così Dio si fa presente in questo mondo.
Un tratto caratteristico di questo stile di Chiesa è la valorizzazione dei carismi che lo Spirito dona secondo la vocazione e il ruolo di ciascuno dei suoi membri, attraverso un dinamismo di corresponsabilità.
Per attivarlo si rende necessaria una conversione del cuore e una disponibilità all'ascolto reciproco, che costruisca un effettivo sentire comune.
Animati da questo spirito, potremo procedere verso una Chiesa partecipativa e corresponsabile, capace di valorizzare la ricchezza della varietà di cui si compone, accogliendo con gratitudine anche l'apporto dei fedeli laici, tra cui giovani e donne, quello della vita consacrata femminile e maschile, e quello di gruppi, associazioni e movimenti.
Nessuno deve essere messo o potersi mettere in disparte.
È questo il modo per evitare tanto il clericalismo, che esclude molti dai processi decisionali, quanto la clericalizzazione dei laici, che li rinchiude anziché lanciarli verso l'impegno missionario nel mondo.
Il Sinodo chiede di rendere effettiva e ordinaria la partecipazione attiva dei giovani nei luoghi di corresponsabilità delle Chiese particolari, come pure negli organismi delle Conferenze Episcopali e della Chiesa universale.
Chiede inoltre che si rafforzi l'attività dell'Ufficio giovani del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita anche attraverso la costituzione di un organismo di rappresentanza dei giovani a livello internazionale.
L'esperienza di "camminare insieme" come Popolo di Dio aiuta a comprendere sempre meglio il senso dell'autorità in ottica di servizio.
Ai pastori è richiesta la capacità di far crescere la collaborazione nella testimonianza e nella missione, e di accompagnare processi di discernimento comunitario per interpretare i segni dei tempi alla luce della fede e sotto la guida dello Spirito, con il contributo di tutti i membri della comunità, a partire da chi si trova ai margini.
Responsabili ecclesiali con queste capacità hanno bisogno di una formazione specifica alla sinodalità.
Pare promettente da questo punto di vista strutturare percorsi formativi comuni tra giovani laici, giovani religiosi e seminaristi, in particolare per quanto riguarda tematiche come l'esercizio dell'autorità o il lavoro in équipe.
La vita sinodale della Chiesa è essenzialmente orientata alla missione: essa è « il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano » ( Lumen gentium, n. 1 ), fino al giorno in cui Dio sarà « tutto in tutti » ( 1 Cor 15,28 ).
I giovani, aperti allo Spirito, possono aiutare la Chiesa a compiere il passaggio pasquale di uscita «dall'"io" individualisticamente inteso al "noi" ecclesiale, dove ogni "io", essendo rivestito di Cristo ( cfr.
Gal 2,20 ), vive e cammina con i fratelli e le sorelle come soggetto responsabile e attivo nell'unica missione del Popolo di Dio » ( Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa,
2 marzo 2018, n. 107 ).
Lo stesso passaggio, per impulso dello Spirito e con la guida dei Pastori, deve avvenire per la comunità cristiana, chiamata a uscire dall'autoreferenzialità dell'"io" della propria autoconservazione verso il servizio alla costruzione di un "noi" inclusivo nei confronti di tutta la famiglia umana e dell'intera creazione.
Questa dinamica fondamentale ha precise conseguenze sul modo di compiere la missione insieme ai giovani, che richiede di avviare, con franchezza e senza compromessi, un dialogo con tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
Come ha affermato San Paolo VI: « La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio » ( Ecclesiam suam, n. 67 ).
In un mondo segnato dalla diversità dei popoli e dalla varietà delle culture, "camminare insieme" è fondamentale per dare credibilità ed efficacia alle iniziative di solidarietà, di integrazione, di promozione della giustizia, e per mostrare in che cosa consista una cultura dell'incontro e della gratuità.
Proprio i giovani, che vivono quotidianamente a contatto con i loro coetanei di altre confessioni cristiane, religioni, convinzioni e culture, stimolano l'intera comunità cristiana a vivere l'ecumenismo e il dialogo interreligioso.
Ciò richiede il coraggio della parresia nel parlare, e quello dell'umiltà nell'ascoltare, assumendo l'ascesi – e talvolta il martirio – che questo implica.
La pratica del dialogo e la ricerca di soluzioni condivise rappresentano una chiara priorità in un tempo in cui i sistemi democratici sono sfidati da bassi livelli di partecipazione e da un'influenza sproporzionata di piccoli gruppi di interesse che non hanno un ampio riscontro nella popolazione, con il pericolo di derive riduzionistiche, tecnocratiche e autoritaristiche.
La fedeltà al Vangelo orienterà questo dialogo alla ricerca di come dare risposta al duplice grido dei poveri e della terra ( cfr. Francesco, Laudato si', n. 49 ), verso cui i giovani mostrano particolare sensibilità, inserendo nei processi sociali l'ispirazione dei principi della dottrina sociale:
la dignità della persona,
la destinazione universale dei beni,
l'opzione preferenziale per i poveri,
il primato della solidarietà,
l'attenzione alla sussidiarietà,
la cura della casa comune.
Nessuna vocazione all'interno della Chiesa può collocarsi al di fuori di questo dinamismo comunitario di uscita e di dialogo, e per questo ogni sforzo di accompagnamento è chiamato a misurarsi con questo orizzonte, riservando un'attenzione privilegiata ai più poveri e ai più vulnerabili.
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