25 ottobre 1970
La solenne canonizzazione dei 40 Martiri dell'Inghilterra e del Galles da Noi or ora compiuta, ci offre la gradita opportunità di parlarvi, seppur brevemente, sul significato della loro esistenza e sulla importanza che la loro vita e la loro morte hanno avuto e continuano ad avere non solo per la Chiesa in Inghilterra e nel Galles, ma anche per la Chiesa Universale, per ciascuno di noi, e per ogni uomo di buona volontà.
Il nostro tempo ha bisogno di Santi, e in special modo dell'esempio di coloro che hanno dato il supremo testimonio del loro amore per Cristo e la sua Chiesa: « nessuno ha un amore più grande di colui che dà la vita per i propri amici » ( Gv 15,13 ).
Queste parole del Divino Maestro, che si riferiscono in prima istanza al sacrificio che Egli stesso compì sulla croce offrendosi per la salvezza di tutta l'umanità, valgono pure per la grande ed eletta schiera dei martiri di tutti i tempi, dalle prime persecuzioni della Chiesa nascente fino a quelle – forse più nascoste ma non meno crudeli - dei nostri giorni.
La Chiesa di Cristo è nata dal sacrificio di Cristo sulla Croce ed essa continua a crescere e svilupparsi in virtù dell'amore eroico dei suoi figli più autentici.
« Semen est sanguis christianorum » ( Tertull., Apologet. 50 ).
Come l'effusione del sangue di Cristo, così l'oblazione che i martiri fanno della loro vita diventa in virtù della loro unione col Sacrificio di Cristo una sorgente di vita e di fertilità spirituale per la Chiesa e per il mondo intero.
« Perciò - ci ricorda la Costituzione Lumen gentium ( Lumen gentium, 42 ) – il martirio, col quale il discepolo è reso simile al Maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e a Lui si conforma nell'effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa dono insigne e suprema prova di carità ».
Molto si è detto e si è scritto su quell'essere misterioso che è l'uomo:
sulle risorse del suo ingegno, capace di penetrare nei segreti dell'universo e di assoggettare le cose materiali utilizzandole ai suoi scopi;
sulla grandezza dello spirito umano che si manifesta nelle ammirevoli opere della scienza e dell'arte;
sulla sua nobiltà e la sua debolezza;
sui suoi trionfi e le sue miserie.
Ma ciò che caratterizza l'uomo, ciò che vi è di più intimo nel suo essere e nella sua personalità, è la capacità di amare, di amare fino in fondo, di donarsi con quell'amore che è più forte della morte e che si prolunga nell'eternità.
Il martirio dei cristiani è l'espressione ed il segno più sublime di questo amore, non solo perché il martire rimane fedele al suo amore fino all'effusione del proprio sangue, ma anche perché questo sacrificio viene compiuto per l'amore più alto e nobile che possa esistere, ossia per amore di Colui che ci ha creati e redenti, che ci ama come Egli solo sa amare, e attende da noi una risposta di totale e incondizionata donazione, cioè un amore degno del nostro Dio.
Nella sua lunga e gloriosa storia, la Gran Bretagna, isola di santi, ha dato al mondo molti uomini e donne che hanno amato Dio con questo amore schietto e leale: per questo siamo lieti di aver potuto annoverare oggi 40 altri figli di questa nobile terra fra coloro che la Chiesa pubblicamente riconosce come Santi, proponendoli con ciò alla venerazione dei suoi fedeli, e perché questi ritraggano dalle loro esistenze un vivido esempio.
A chi legge commosso ed ammirato gli atti del loro martirio, risulta chiaro, vorremmo dire evidente, che essi sono i degni emuli dei più grandi martiri dei tempi passati, a motivo della grande umiltà, intrepidità, semplicità e serenità, con le quali essi accettarono la loro sentenza e la loro morte, anzi, più ancora con un gaudio spirituale e con una carità ammirevole e radiosa.
È proprio questo atteggiamento profondo e spirituale che accomuna ed unisce questi uomini e donne, i quali d'altronde erano molto diversi fra loro per tutto ciò che può differenziare un gruppo così folto di persone, ossia l'età e il sesso, la cultura e l'educazione, lo stato e condizione sociale di vita, il carattere e il temperamento, le disposizioni naturali e soprannaturali, le esterne circostanze della loro esistenza.
Abbiamo infatti fra i 40 Santi Martiri dei sacerdoti secolari e regolari, abbiamo dei religiosi di vari Ordini e di rango diverso, abbiamo dei laici, uomini di nobilissima discendenza come pure di condizione modesta, abbiamo delle donne che erano sposate e madri di famiglia: ciò che li unisce tutti è quell'atteggiamento interiore di fedeltà inconcussa alla chiamata di Dio che chiese a loro, come risposta di amore, il sacrificio della vita stessa.
E la risposta dei martiri fu unanime: « Non posso fare a meno di ripetervi che muoio per Dio e a motivo della mia religione; - così diceva il Santo Philip Evans - e mi ritengo così felice che se mai potessi avere molte altre vite, sarei dispostissimo a sacrificarle tutte per una causa tanto nobile ».
E, come d'altronde numerosi altri, il Santo Philip Howard conte di Arundel asseriva egli pure: « Mi rincresce di avere soltanto una vita da offrire per questa nobile causa ».
E la Santa Margaret Clitherow con una commovente semplicità espresse sinteticamente il senso della sua vita e della sua morte: « Muoio per amore del mio Signore Gesù ».
« Che piccola cosa è questa, se confrontata con la morte ben più crudele che Cristo ha sofferto per me », così esclamava il Santo Alban Roe.
Come molti loro connazionali che morirono in circostanze analoghe, questi quaranta uomini e donne dell'Inghilterra e del Galles volevano essere e furono fino in fondo leali verso la loro patria che essi amavano con tutto il cuore; essi volevano essere e furono di fatto fedeli sudditi del potere reale che tutti - senza eccezione alcuna - riconobbero, fino alla loro morte, come legittimo in tutto ciò che appartiene all'ordine civile e politico.
Ma fu proprio questo il dramma dell'esistenza di questi Martiri, e cioè che la loro onesta e sincera lealtà verso l'autorità civile venne a trovarsi in contrasto con la fedeltà verso Dio e con ciò che, secondo i dettami della loro coscienza illuminata dalla fede cattolica, sapevano coinvolgere le verità rivelate, specialmente sulla S. Eucaristia e sulle inalienabili prerogative del successore di Pietro, che, per volere di Dio, è il Pastore universale della Chiesa di Cristo.
Posti dinanzi alla scelta di rimanere saldi nella loro fede e quindi di morire per essa, ovvero di aver salva la vita rinnegando la prima, essi, senza un attimo di esitazione, e con una forza veramente soprannaturale, si schierarono dalla parte di Dio e gioiosamente affrontarono il martirio.
Ma talmente grande era il loro spirito, talmente nobili erano i loro sentimenti, talmente cristiana era l'ispirazione della loro esistenza, che molti di essi morirono pregando per la loro patria tanto amata, per il Re o per la Regina, e persino per coloro che erano stati i diretti responsabili della loro cattura, dei loro tormenti, e delle circostanze ignominiose della loro morte atroce.
Le ultime parole e l'ultima preghiera del Santo John Plessington furono appunto queste: « Dio benedica il Re e la sua famiglia e voglia concedere a Sua Maestà un prospero regno in questa vita e una corona di gloria nell'altra.
Dio conceda pace ai suoi sudditi consentendo loro di vivere e di morire nella vera fede, nella speranza e nella carità ».
Così il Santo Alban Roe, poco prima dell'impiccagione, pregò: « Perdona, o mio Dio, le mie innumerevoli offese, come io perdono i miei persecutori », e, come lui, il Santo Thomas Garnet che - dopo aver singolarmente nominato e perdonato coloro che lo avevano tradito, arrestato e condannato - supplicò Dio dicendo: « Possano tutti ottenere la salvezza e con me raggiungere il cielo ».
Leggendo gli atti del loro martirio e meditando il ricco materiale raccolto con tanta cura sulle circostanze storiche della loro vita e del loro martirio, rimaniamo colpiti soprattutto da ciò che inequivocabilmente e luminosamente rifulge nella loro esistenza; esso, per la sua stessa natura, è tale da trascendere i secoli, e quindi da rimanere sempre pienamente attuale e, specie ai nostri giorni, di importanza capitale.
Ci riferiamo al fatto che questi eroici figli e figlie dell'Inghilterra e del Galles presero la loro fede veramente sul serio: ciò significa che essi l'accettarono come l'unica norma della loro vita e di tutta la loro condotta, ritraendone una grande serenità ed una profonda gioia spirituale.
Con una freschezza e spontaneità non priva di quel prezioso dono che è l'umore tipicamente proprio della loro gente,
con un attaccamento al loro dovere schivo da ogni ostentazione,
e con la schiettezza tipica di coloro che vivono con convinzioni profonde e ben radicate,
questi Santi Martiri sono un esempio raggiante del cristiano che veramente
vive la sua consacrazione battesimale,
cresce in quella vita che nel sacramento dell'iniziazione gli è stata data
e che quello della confermazione ha rinvigorito,
in modo tale che la religione non è per lui un fattore marginale, bensì l'essenza stessa di tutto il suo essere ed agire,
facendo sì che la carità divina diviene la forza ispiratrice,
fattiva ed operante di una esistenza,
tutta protesa verso l'unione di amore con Dio e con tutti gli uomini di buona volontà,
che troverà la sua pienezza nell'eternità.
La Chiesa e il mondo di oggi hanno sommamente bisogno di tali uomini e donne, di ogni condizione e stato di vita, sacerdoti, religiosi e laici, perché solo persone di tale statura e di tale santità saranno capaci di cambiare il nostro mondo tormentato e di ridargli, insieme alla pace, quell'orientamento spirituale e veramente cristiano a cui ogni uomo intimamente anela - anche talvolta senza esserne conscio - e di cui tutti abbiamo tanto bisogno.
Salga a Dio la nostra gratitudine per aver voluto, nella sua provvida bontà, suscitare questi Santi Martiri, l'operosità e il sacrificio dei quali hanno contribuito alla conservazione della fede cattolica nell'Inghilterra e nel Galles.
Continui il Signore a suscitare nella Chiesa dei laici, religiosi e sacerdoti che siano degni emuli di questi araldi della fede.
Voglia Dio, nel suo amore, che anche oggi fioriscano e si sviluppino dei centri di studio, di formazione e di preghiera, atti, nelle condizioni di oggi, a preparare dei santi sacerdoti e missionari quali furono, in quei tempi, i Venerabili Collegi di Roma e Valladolid e i gloriosi Seminari di St. Omer e Douai, dalle file dei quali uscirono appunto molti dei Quaranta Martiri, perché come uno di essi, una grande personalità, il Santo Edmondo Campion, diceva: « Questa Chiesa non si indebolirà mai fino a quando vi saranno sacerdoti e pastori ad attendere al loro gregge ».
Voglia il Signore concederci la grazia che in questi tempi di indifferentismo religioso e di materialismo teorico e pratico sempre più imperversante, l'esempio e la intercessione dei Santi Quaranta Martiri ci confortino nella fede, rinsaldino il nostro autentico amore per Dio, per la sua Chiesa e per gli uomini tutti.