Compendio Dottrina sociale della Chiesa |
149 La persona è costitutivamente un essere sociale294 perché così l'ha voluta Dio che l'ha creata.295
La natura dell'uomo si manifesta, infatti, come natura di un essere che risponde ai propri bisogni sulla base di una soggettività relazionale, ossia alla maniera di un essere libero e responsabile, il quale riconosce la necessità di integrarsi e di collaborare con i propri simili ed è capace di comunione con loro nell'ordine della conoscenza e dell'amore: « Una società è un insieme di persone legate in modo organico da un principio di unità che supera ognuna di loro.
Assemblea insieme visibile e spirituale, una società dura nel tempo: è erede del passato e prepara l'avvenire ».296
Occorre pertanto sottolineare che la vita comunitaria è una caratteristica naturale che distingue l'uomo dal resto delle creature terrene.
L'agire sociale porta su di sé un particolare segno dell'uomo e dell'umanità, quello di una persona operante in una comunità di persone: questo segno determina la sua qualifica interiore e costituisce, in un certo senso, la stessa sua natura.297
Tale caratteristica relazionale acquista, alla luce della fede, un senso più profondo e stabile.
Fatta a immagine e somiglianza di Dio ( Gen 1,26 ), e costituita nell'universo visibile per vivere in società ( Gen 2,20.23 ) e dominare la terra ( Gen 1,26.28-30 ), la persona umana è perciò sin dall'inizio chiamata alla vita sociale: « Dio non ha creato l'uomo come un "essere solitario", ma lo ha voluto come un "essere sociale".
La vita sociale non è, dunque, estrinseca all'uomo: egli non può crescere ne realizzare la sua vocazione se non in relazione con gli altri ».298
150 La socialità umana non sfocia automaticamente verso la comunione delle persone, verso il dono di sé.
A causa della superbia e dell'egoismo, l'uomo scopre in se stesso germi di asocialità, di chiusura individualistica e di sopraffazione dell'altro.299
Ogni società, degna di tal nome, può ritenersi nella verità quando ogni suo membro, grazie alla propria capacità di conoscere il bene, lo persegue per sé e per gli altri.
È per amore del proprio e dell'altrui bene che ci si unisce in gruppi stabili, aventi come fine il raggiungimento di un bene comune.
Anche le varie società devono entrare in relazioni di solidarietà, di comunicazione e di collaborazione, a servizio dell'uomo e del bene comune.300
151 La socialità umana non è uniforme, ma assume molteplici espressioni.
Il bene comune dipende, infatti, da un sano pluralismo sociale.
Le molteplici società sono chiamate a costituire un tessuto unitario ed armonico, al cui interno sia possibile ad ognuna conservare e sviluppare la propria fisionomia e autonomia.
Alcune società, come la famiglia, la comunità civile e la comunità religiosa sono più immediatamente rispondenti all'intima natura dell'uomo, altre procedono piuttosto dalla libera volontà: « Al fine di favorire la partecipazione del maggior numero possibile di persone alla vita sociale, si deve incoraggiare la creazione di associazioni e di istituzioni "a scopi economici, culturali, sociali, sportivi, ricreativi, professionali, politici, tanto all'interno delle comunità politiche, quanto sul piano mondiale".
Tale "socializzazione" esprime parimenti la tendenza naturale che spinge gli esseri umani ad associarsi, al fine di conseguire obiettivi che superano le capacità individuali.
Essa sviluppa le doti della persona, in particolare, il suo spirito di iniziativa e il suo senso di responsabilità.
Concorre a tutelare i suoi diritti ».301
Indice |
294 | Gaudium et Spes 12; Cat. Chiesa Cat. 1879 |
295 | Pio XII, Radiomessaggio (
24 dicembre 1942 ); Giovanni XXIII, Pacem in terris |
296 | Cat. Chiesa Cat. 1880 |
297 | La naturale socialità dell'uomo fa emergere anche che l'origine della società non si trova in un « contratto » o « patto » convenzionale, ma nella stessa natura umana; e da essa deriva la possibilità di realizzare liberamente diversi patti di associazione. Non va dimenticato che le ideologie del contratto sociale si sorreggono su un'antropologia falsa; di conseguenza, i loro risultati non possono essere - di fatto non lo sono stati - proficui per la società e le persone. Il Magistero ha bollato tali opinioni come apertamente assurde e sommamente funeste: cfr. Leone XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum |
298 | Congreg. per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 32 |
299 | Gaudium et Spes 25 |
300 | Giovanni Paolo II,
Sollicitudo Rei Socialis 26 Gaudium et Spes 76 |
301 | Cat. Chiesa Cat. 1882 |