Romano Pontifici eligendo |
L'elezione del vescovo di Roma che, in quanto successore di san Pietro nella sede di questa città, è vicario di Cristo in terra, supremo pastore e capo visibile di tutta la chiesa, fu sempre oggetto di speciali attenzioni, e appunto per sì grave problema furono emanate provvide disposizioni, tali da garantire la legittimità della stessa elezione e la libertà degli elettori.
E i sommi pontefici hanno lungo i secoli considerato loro prerogativa, nonché loro diritto e dovere, quella di determinare nel modo ritenuto migliore l'elezione del successore, opponendosi alle tendenze che cercavano di sottrarre alla loro esclusiva decisione, mediante mutamenti delle istituzioni ecclesiastiche, la composizione del corpo degli elettori e il modo di esercitare le funzioni del medesimo.
Però questa elezione, pur conservando gli originari elementi fondamentali di ogni elezione episcopale, ha subito una graduale evoluzione, determinata dalla costante preoccupazione di impedire in essa indebite ingerenze e garantire la regolarità della procedura.
In questa evoluzione storica, vennero ad acquistare una parte principale i tre gradi superiori del clero romano, costituiti dai vescovi, presbiteri e diaconi denominati cardinali di santa romana chiesa.
Tale loro preminenza nell'elezione del vescovo di Roma fu sancita nel celebre decreto In nomine Domini di Nicolò II nel sinodo romano del 1059.
Alessandro III, nel concilio Lateranense III ( 1179 ), con la costituzione "Licet de evitanda" riservò definitivamente l'elezione al collegio cardinalizio, che rappresenta la chiesa romana, escludendo ogni altra partecipazione.
Da allora ogni ulteriore disposizione non ha fatto altro che applicare o adattare questo fondamentale ordinamento elettorale del vescovo di Roma.
Dalla tradizione della chiesa romana risulta inoltre che il collegio, cui è affidato il compito di eleggere il pontefice, è permanente e costituito in modo tale che possa effettivamente agire appena la sede apostolica diviene vacante.
Poiché è tuttora innegabile la necessità di un corpo elettorale precostituito e non troppo numeroso, che possa essere facilmente e subito convocato, come è apparso talvolta in momenti critici per la chiesa e per il sommo pontefice, si deve escludere che gli elettori del pontefice possano essere eletti o designati durante la vacanza della sede apostolica.
Perciò anche gli ultimi nostri predecessori hanno conservato l'antico ordinamento di questa elezione nei suoi elementi fondamentali, e ne hanno salvaguardato l'esercizio; ma, nello stesso tempo, si sono preoccupati di aggiornarlo e di perfezionarlo.
Così ha fatto, ad esempio Pio XII, quando ha chiamato a far parte del collegio cardinalizio sempre più numerosi rappresentanti di chiese del mondo cattolico e di diverse nazioni, e Giovanni XXIII, quando ne ha aumentato il numero dei componenti ed ha disposto che tutti fossero elevati all'episcopato.
Noi stessi, dopo avere, in qualche modo, posto mano a questa materia con alcune disposizioni relative al sacro collegio e specialmente con il motu proprio Ingravescentem aetatem, riteniamo di dover procedere alla revisione di alcune norme circa l'elezione del pontefice, affinché siano conformi alla situazione attuale e corrispondano al bene della chiesa, riconfermando tuttavia il principio per cui l'elezione del vescovo di Roma, secondo l'antica tradizione, è di competenza della chiesa di Roma, cioè del collegio dei cardinali, che la rappresentano.
Pertanto noi sull'esempio dei nostri predecessori, dopo attento studio e adeguata riflessione e nella pienezza della potestà apostolica, abbiamo stabilito di emanare le norme contenute in questa costituzione, che vogliamo sostituisca la costituzione "Vacantis apostolicae sedis", emanata da Pio XII l'8 dicembre 1945, e le disposizioni promulgate da Giovanni XXIII col motu proprio "Summi pontificis electio", del 5 settembre 1962.
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