Domenica, 4 settembre 1949
Particolarmente gradito torna al Nostro cuore, diletti figli e figlie, questo incontro con voi, che avete consacrato la vostra vita al nobilissimo ufficio dell'educazione religiosa, morale, intellettuale delle giovani generazioni, oggi più che mai bisognose di verità e di bontà.
Non siete soli alla Nostra presenza.
Intorno a voi il Nostro spirito vede le innumerevoli schiere di adolescenti, quasi germogli che si aprono alle prime luci dell'alba.
Prodigioso e incantevole è questo pullulare di gioventù da una generazione che parve pressochè condannata ad estinguersi; gioventù nuova e fremente nella sua freschezza e nel suo vigore, dagli occhi fissi all'avvenire, dall'incoercibile impulso verso mete più alte, risoluta a migliorare il passato, ad assicurare conquiste più salde e di maggior pregio al cammino dell'uomo sulla terra.
Di questa irrefrenabile e perenne corrente verso la umana perfezione, avviata e guidata dalla Provvidenza divina, gli educatori sono i moderatori e i responsabili più diretti, alla medesima Provvidenza associati per attuarne i disegni.
Da loro in gran parte dipende se la corrente della civiltà avanza o indietreggia, se rafforza il suo impeto o langue d'inerzia, se si affretta diritta verso la foce o se, al contrario, s'indugia, almeno momentaneamente, in vane ambagi o, peggio, in paludosi e malsani meandri.
Nel richiamare alla vostra coscienza di educatori tale dignità e responsabilità, Noi stessi, per divina disposizione Vicario, e quindi investito dei medesimi uffici di Colui che sulla terra amò di essere chiamato « Maestro », Noi stessi C'includiamo nel numero di coloro, che rappresentano in varia misura la mano della Provvidenza nel condurre l'uomo al fissato suo termine.
Non è forse questa Nostra Sede principalmente una Cattedra?
Non è Nostro primo ufficio il Magistero?
Non ha il divino Maestro e Fondatore della Chiesa dato a Pietro e agli Apostoli il fondamentale precetto: "mazeteùsate": insegnate, fate discepoli ( Mt 28,19 )?
Educatori di anime Noi Ci sentiamo e siamo; sublime scuola è, in misura non secondaria, la Chiesa, come gran parte dell'ufficio sacerdotale consiste nell'insegnare e nell'educare.
Nè poteva essere diversamente nell'ordine nuovo instaurato da Cristo, che si fonda tutto sui rapporti della paternità di Dio, da cui deriva ogni altra paternità in cielo e sulla terra ( cfr. Ef 3,15 ), e dalla quale, in Cristo e per Cristo, promana la Nostra paternità verso tutte le anime.
Ora chi é padre, é per ciò stesso educatore, poichè, come luminosamente spiega l'Angelico Dottore, il primordiale diritto pedagogico non si appoggia su altro titolo che su quello della paternità ( cfr. S. Th. II, II p. q. 102 a. 1 ).
Ecco perchè, mentre vi esprimiamo la Nostra gratitudine nell'accogliervi, vi parliamo come a collaboratori diretti in questa che è opera di Dio e della Chiesa, impresa la più nobile forse secondo l'unanime giudizio della stessa sapienza umana, rappresentata da Cicerone, che per altro guardava il mondo con occhi pagani: « Quod munus rei publicae afferre maius meliusve possumus, quali si docemus atque erudimus iuventutem? » ( De divinatione, lib. 2, cap. 2 ).
Onde immensa è la responsabilità di cui partecipiamo insieme, benchè in diverso grado, ma non in campi del tutto separati: la responsabilità delle anime, della civiltà, del miglioramento e della felicità dell'uomo sulla terra e nei cieli.
Se, in questo momento, parlando a voi, Insegnanti medi, abbiamo portato il discorso in un terreno più vasto, qual è quello della educazione, lo abbiamo fatto nel pensiero che ormai può dirsi superata, almeno in massima, la erronea dottrina che separava la formazione dell'intelletto da quella del cuore.
Dobbiamo anzi deplorare che negli ultimi anni si sono oltrepassati i limiti del giusto nell'interpretare la norma che identifica insegnante ed educatore, scuola e vita.
Riconosciuto alla scuola il potente valore formativo delle coscienze, alcuni Stati, regimi e movimenti politici vi hanno scorto uno dei mezzi più efficaci per guadagnare alla loro parte quelle folle di sostenitori, di cui abbisognano per far trionfare determinate concezioni di vita.
Con una tattica tanto astuta quanto insincera, e per scopi in contrasto con gli stessi fini naturali dell'educazione, alcuni di quei movimenti del passato e del presente secolo hanno preteso di sottrarre la scuola all'egida delle istituzioni che ne avevano, oltre allo Stato, un primordiale diritto - la famiglia e la Chiesa ( cfr. Pii XI Enc. Divini illius Magistri, 31 dec 1929 ) - e hanno attentato o attentano di impossessarsene esclusivamente, imponendo un monopolio, che é, tra l'altro, gravemente lesivo di una delle fondamentali libertà umane.
Ma questa Sede di Pietro, vigile scolta del bene delle anime e del vero progresso, come non ha abdicato mai in passato questo essenziale diritto, del resto mirabilmente e in ogni tempo esercitato mediante le sue istituzioni, che talora furono le sole a dedicarvisi, così non lo abdicherà in avvenire, nè per speranze di vantaggi terreni, nè per timore di persecuzioni.
Essa non acconsentirà mai che siano destituite dall'effettivo esercizio del loro nativo diritto nè la Chiesa, che l'ha per mandato divino, nè la famiglia che lo rivendica per naturale giustizia.
I fedeli di tutto il mondo sono testimoni della fermezza di questa Sede Apostolica nel propugnare la libertà della scuola in tanta varietà di paesi, di circostanze e di uomini.
Per la scuola, al tempo stesso che per il culto e per la santità del matrimonio, Essa non ha esitato di affrontare ogni difficoltà e pericolo, con la tranquilla coscienza di chi serve una causa giusta, santa, voluta da Dio, e con la certezza di rendere un inestimabile servigio alla stessa società civile.
Nei paesi, poi, in cui la libertà della scuola é garantita da giuste leggi, spetta agli Insegnanti sapersene valere effettivamente, esigendo la concreta loro applicazione.
Diletti figli e figlie, consapevoli delle vostre responsabilità, ma confortati dal pensiero di questa vostra solidarietà nell'opera stessa della Chiesa, voi forse attendete da Noi qualche indicazione intorno all'insegnamento cristiano nei tempi moderni.
Al vostro sguardo fiducioso verso la Cattedra di Pietro corrisponde la ferma speranza che riponiamo nella vostra preparazione professionale, di voi specialmente appartenenti ad una Nazione che ha sempre coltivato la scienza e l'arte pedagogica con profondità ed amore.
Mentre perciò vi esortiamo a star saldi, tra gli assillanti bisogni dell'ora presente, alle norme che sono frutto di secolari conquiste della umana saggezza, vi mettiamo al tempo stesso in guardia da un attaccamento cieco al passato, che potrebbe frustrare oggi l'efficacia dell'opera vostra.
Se però è ottima regola far tesoro di sistemi e metodi convalidati dall'esperienza, occorre vagliare con ogni cura, prima di accettarli, le teorie e gli usi delle moderne scuole pedagogiche.
Non sempre infatti i buoni successi, forse conseguiti in Paesi per indole di popolazione e grado di cultura diversi dal vostro, danno sufficiente garanzia che quelle dottrine si possano applicare senza distinzione in ogni dove.
La scuola non può paragonarsi ad un laboratorio chimico, in cui il rischio di sciupare sostanze più o meno costose è compensato dalla probabilità di una scoperta; nella scuola per ogni singola anima è in campo la salvezza o la rovina.
Le innovazioni, pertanto, che si giudicheranno opportune, riguarderanno bensì la scelta di mezzi e indirizzi pedagogici secondari, fermi restando il fine e i mezzi sostanziali, che saranno sempre i medesimi, come sempre identico è il fine ultimo dell'educazione, il suo soggetto, il suo principale autore ed ispiratore, che è Dio nostro Signore.
Posti questi principi, guardate pure con occhio sicuro il tempo vostro e l'ora vostra per scrutarne i nuovi bisogni e studiarne gli adeguati rimedi; fissate fidenti lo sguardo nell'avvenire, che voi plasmate con le vostre mani nelle anime dei vostri discepoli, e fatelo cristiano, penetrato da un sempre più alto senso di giustizia, informato da una sempre più vasta carità, aperto ad una sempre più profonda ed armonica cultura.
Nell'esercizio quotidiano del vostro ufficio sarete così padri di anime, più che propagatori di sterili cognizioni.
Padri, cioé, tali, Che, possedendo la vita nel suo pieno vigore, sanno suscitare intorno a sè altre vite a sè somiglianti.
Di qui l'intera dedizione che vi domanda la scuola, la quale, unitamente alla famiglia, di cui molti di voi sono capi, formerà tutto il vostro mondo e occuperà, senza timore di rimpianti, ogni vostra energia.
Un mondo così fatto, - dove religione, famiglia e cultura costituiscono il respiro quotidiano -, è più che bastevole a riempire la vita e a ripagare quelle rinunzie che giungono fino alla immolazione totale di sè.
Non per questo però la società, e in concreto lo Stato, per il cui bene prodigate la vita, - memore di quel « maius meliusve » poc'anzi citato - resta meno obbligato verso di voi ad una proporzionata gratitudine pubblica, e ad una mercede indispensabile a procurare agli insegnanti condizioni economiche, che consentano loro di darsi interamente alla scuola.
Non altrimenti Dio, rimuneratore giusto delle nostre opere, promette speciale premio agli educatori delle anime nel noto passo di Daniele: « Qui ad iustitiam erudiunt multos, fulgebunt quasi stellae in perpetuas aeternitates » ( Dn 12,3 ).
Educatore che trae ispirazione dalla paternità, il cui termine è generare esseri simili a sè, l'insegnante, non meno che coi precetti, formerà gli alunni con l'esempio della vita.
Nel caso contrario, la sua opera sarà, per dirla con S. Agostino, « venditrice di parole » ( cfr. Confess. lib. 4 c. 2 ), non già modellatrice di anime.
Gli stessi insegnamenti morali non sfiorano che superficialmente gli spiriti, se non sono convalidati dagli atti.
Che anzi neppure l'esposizione delle discipline meramente scolastiche è pienamente assimilata dai giovani, se non scaturisce dalle labbra dell'insegnante come viva espressione personale: non il latino, non il greco, non la storia, tanto meno la filosofia saranno dagli studenti accolti con vero profitto, quando siano presentati senza entusiasmo, come cose estranee alla vita e all'interesse di chi l'insegna.
Educatori di oggi, che dal passato traete norme sicure, quale ideale di uomo dovete preparare per l'avvenire?
Voi lo trovate fondamentalmente delineato nel perfetto cristiano.
E dicendo perfetto cristiano, intendiamo di alludere al cristiano di oggi, uomo del suo tempo, conoscitore e cultore di tutti i progressi apportati dalla scienza e dalla tecnica, cittadino non estraneo alla vita che si svolge, oggi, nella sua terra.
Il mondo non avrà da pentirsi, se un sempre maggior numero di tali cristiani si immetterà in ogni ordine della vita pubblica e privata.
Spetta in gran parte a voi insegnanti predisporre questa benefica immissione, indirizzando gli animi dei discepoli a scoprire le inesauribili energie del cristianesimo nell'opera di miglioramento e di rinnovamento dei popoli.
Quindi non risparmierete fatiche per svegliare tempestivamente la loro coscienza morale, in modo che, nell'avvicendarsi degli anni, l'« uomo onesto » non sopraggiunga, quasi per un colpo di fortuna, come l'ultima avventura di una vita più volte naufragata.
Su tale fondamento formate uomini di scienza e di tecnica.
Non avverrà che essi incutano timore al mondo, come oggi accade, per avere la scienza destato - insieme con l'ammirazione quasi il terrore di sè tra i popoli e suscitato formidabili problemi politici, sociali, internazionali; nèmesi forse del voluto distacco della scienza dalla religione.
Alcuni almeno fra gli stessi scienziati soffrono colpiti dalla sproporzione, creata dalla tecnica, tra le forze materiali smisuratamente accresciute a disposizione degli uomini e la piccolezza e la debolezza in cui sono rimaste le loro anime ( cfr. H. Bergson, Les deux sources de la morale et de la religion. 1933, p. 334-335 ).
Formate uomini forti, che siano in grado di diffondere intorno a sè il bene e di dirigere gli altri con chiarezza di principi.
I nostri tempi vogliono che le menti degli alunni siano rivolte verso un senso di giustizia più effettiva, scotendo da loro l'innata tendenza a considerarsi una casta privilegiata e a temere e schivare la vita del lavoro.
Si sentano e siano lavoratori oggi stesso nell'adempimento costante dei doveri scolastici, come dovranno essere domani nei posti direttivi della società.
È ben vero che nei popoli tormentati dal flagello della disoccupazione le difficoltà sorgono non tanto dal difetto di buon volere, quanto dalla mancanza di lavoro; rimane tuttavia sempre non meno indispensabile che gl'insegnanti inculchino la laboriosità ai loro discepoli.
Si abituino dunque questi al severo lavoro dell'intelletto, e del lavoro imparino a sopportare la durezza e la necessità per godere i diritti della vita associata, al medesimo titolo dei lavoratori del braccio.
È tempo di allargare le loro vedute sopra un mondo meno inceppato da fazioni reciprocamente invidiose, da nazionalismi ad oltranza e da brame di egemonia, per cui tanto hanno sofferto le presenti generazioni.
Si apra la nuova gioventù al respiro della cattolicità, e senta il fascino di quella carità universale che abbraccia tutti i popoli nell'unico Signore.
Date pure loro la coscienza della propria personalità, e quindi del maggior tesoro della libertà; addestrate pure il loro spirito alla sana critica; ma nello stesso tempo infondete loro il senso della umiltà cristiana, della giusta soggezione alle leggi e del dovere di solidarietà.
E incoraggiateli.
Dite che molto attendono da loro la Chiesa e la società, che vi è molto bene da compiere, molte nobili imprese a cui accingersi.
Religiosi, onesti, colti, aperti e operosi: così vorremmo che uscissero dalle scuole i giovani, che le famiglie e la società vi affidano; o meglio, che vi affida Iddio, poichè, prima che della famiglia e della società, le anime sono di Dio, di Cristo e della Chiesa, per diritto originario e preminente.
Abbiate coraggio e fiducia.
Per grande che sia l'impresa e ardua la méta, nulla manca all'educatore cristiano per raggiungerla.
Voi disponete di sufficienti mezzi umani, ma soprattutto siete ricchi degli aiuti soprannaturali forniti dalla grazia, di cui voi e i vostri alunni potete abbondantemente attingere il frutto fecondo nei Sacramenti e nella preghiera.
Affinché si adempiano questi comuni voti, discenda su di voi e sui vostri discepoli, propiziatrice dei divini favori, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.