Inter praeteritos

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Parte VIII

Delle dichiarazioni contenute nella Costituzione "Convocatis", intorno alle opere ingiunte

73 Sarebbe senza dubbio desiderabile, meglio fatto e più sicuro, se prima d'incominciare la visita delle Chiese, si premettesse una fruttuosa Confessione, per far le visite nello stato di grazia, ed anche fare una nuova Confessione, se qualcuno, incominciate le visite, cadesse in qualche peccato mortale.

Negli "Atti della Chiesa di Milano, part. 7"143 del gran S. Carlo Borromeo, così si legge: "Deve poi ciascuno sopra ogni cosa rispettare diligentemente le condizioni espresse da Sua Santità nella Lettera della concessione del Giubileo, perché non lo conseguirebbe chi non le osservasse.

La prima è d'essere veramente contrito e confessato; il che ognuno deve fare prima che cominci a visitare le Chiese, per maggior sicurezza di conseguire il Santo Giubileo.

Per la medesima ragione, se qualcuno, dopo essersi confessato e aver incominciato a visitare le Chiese, cadesse ( il che Dio non permetta ) in qualche peccato mortale, deve confessarsi del peccato mortale, e proseguire poi il resto dei giorni, che gli mancheranno, fino al numero dei giorni, che avrà da visitare le quattro Chiese".

74 Questo sistema viene approvato, e dato per più sicuro, da S. Antonino;144 dal Cardinale Bellarmino;145 dal Becano;146 dal Benzonio,147 e dal Pontas.148

E che questo sia stato, e sia il nostro vivo desiderio si può abbastanza comprendere da quanto abbiamo scritto nella detta Enciclica; da quanto abbiamo fatto, avendo nella passata estate fatto fare in questa città pubbliche Missioni; da quanto facciamo fare nel corrente Avvento, continuando fino alla festa dell'Apostolo S. Tommaso, in varie Chiese di Roma; cose tutte che hanno per unico fine ed oggetto Confessioni fruttuose da farsi dai peccatori, prima che si apra la porta Santa, e per conseguenza prima che s'incominci la visita delle Chiese; senza tralasciare di dire, potersi dedurre questo nostro desiderio anche dalla Costituzione Peregrinantes, in cui si premettono la Confessione e la Comunione alla visita delle Chiese.

75 Ma non è tutta qui la difficoltà.

Essa consiste principalmente se qualcuno comincia e continua la visita delle Basiliche in peccato mortale; così viene compiuta un'opera buona in sé, ma da un peccatore.

Poi, secondo il rito, il peccatore fa una fruttuosa Confessione e prende la Sacra Comunione in stato di grazia.

Ne deriva che egli ha visitato le Chiese in stato di peccato ed ha concluso l'ultima opera in stato di grazia per conseguire il Giubileo.

Ci si chiede se le visite compiute in precedenza possono valutarsi sufficienti al fine dell'adempimento delle opere dovute.

Su questo punto disserta lungamente il Navarro, "De Jubilaeo, notab. 19"; ma l'opinione più comune è che le visite fatte in stato di peccato sono sufficienti per conseguire l'Indulgenza, purché l'ultima opera, in cui si acquista l'Indulgenza, sia fatta in stato di grazia; non rimettendosi la pena temporale, se non cancellato il peccato; la remissione dell'eterna pena si ottiene col mezzo della Penitenza.

Così discorrono i Teologi più accreditati nelle loro opere teologiche, cioè il Suarez, il Valenza, il Card. de Lugo, il Silvio, l'Estio, il Juvenin e molti altri.

Concordano anche quelli che si chiamano Teologi morali, fra i quali il Filliuc, il Santarelli, il La Croix, il Bonacina e gli altri che hanno trattato espressamente del Giubileo, fra i quali il Viva, l'Amort, e anche quelli che hanno composto e stampato in Roma Trattati d'Indulgenze, fra i quali i PP. Passerino, Vanranst e Teodoro.

Questa, che può dirsi comune opinione, ha il suo valido fondamento; essendo le visite delle Chiese, benché fatte da chi non è in grazia, opere moralmente buone, benché non meritorie dell'eterna vita, e benché siano opere d'un nemico, sono però opere d'un nemico che s'incammina alla riconciliazione con Dio.

Nella sacra antichità ciò sembra adombrato nelle pubbliche penitenze, che si facevano da coloro che erano caduti in eccessi gravi e pubblici, e che prima d'ottenere l'assoluzione, cioè in stato di peccato, s'andavano esercitando nell'adempimento di opere e penitenze loro prescritte.

Fissato poi il principio che lo stato di grazia sia assolutamente necessario nell'ultima opera, che si compie per conseguire l'Indulgenza, e che lo stato predetto non sia assolutamente necessario quando si adempiono le altre opere ingiunte, i citati autori chiamano in loro aiuto la pubblica consuetudine dei fedeli, nota e non riprovata da chi concede l'Indulgenza; essendo impossibile che egli creda che le visite, che si fanno o trenta o quindici volte in giorni interpolati per conseguire il Giubileo, non si facciano che da quelli costituiti in grazia.

Né punto si rimuovono da questo loro convincimento per essere nella Bolla del Giubileo universale premessa la Confessione e la Comunione alla visita delle Basiliche; rispondono che l'ordine delle parole non è regola adeguata per l'ordine dei fatti; ed aggiungono che nelle Indulgenze bastano l'autorità nel concedente, la grazia in chi la riceve, la pietà nella causa; sono pie le visite delle Basiliche, ancorché non siano fatte da chi è in grazia, purché siano adempiute con le dovute circostanze, nelle disposizioni idonee a conseguire la grazia abituale.

76 Questo è il compendio di quanto vanno dicendo i difensori di questa sentenza, dalla quale nel caso presente non intendiamo recedere, come può vedersi da quanto abbiamo dichiarato al n. XLV dell'ultima Costituzione.

Infatti, sebbene da una parte sia in Noi sempre più ardente il desiderio che la visita delle Chiese si faccia in stato di grazia, o dopo una fruttuosa Confessione o almeno dopo un atto di Contrizione, dall'altra parte poi, considerando che non si può sempre conseguire quanto si desidera e che è necessario compatire l'umana fragilità, abbiamo creduto non doversi escludere dal frutto dell'Indulgenza chi incomincia, o prosegue, la visita delle Chiese senz'avere premessa la Confessione, purché sia in grazia quando fa l'ultima opera, a cui consegue l'Indulgenza; e purché le visite siano fatte con devozione.

"Devote visitaverint", si legge nella Bolla "Peregrinantes".

Nell'Estravagante Unigenitus si ritrova la parola "devotionis"; nell'altra Quemadmodum, la parola "reverenter".

Il Navarro, spiegando tali parole, dice: "Per quae significatur, visitationes has Ecclesiarum fieri debere bene, et quidem recte; nam licet, per asserta cum communi, non sit necessarium ut fiant in statu gratiae, necessarium tamen est, quod sint actus boni moraliter".

È necessario dunque, acciò si adempia l'opera ingiunta delle visite, che la visita si faccia con intenzione e volontà d'onorare Dio o i suoi Santi; che si vada, e si entri nelle Basiliche con modestia, e che si eserciti qualche atto di religione.

Dal che si deduce che se uno va alle Chiese senz'alcun fine buono, ma per mera curiosità, e se va per fare, come suol dirsi, una passeggiata, non guadagna il Giubileo.

È superfluo parlare di chi visitasse la Chiesa in peccato mortale attuale, per esempio con animo d'indurre altri a peccare.

Individuando questi ed altri simili casi, ne riferiscono il Vanranst, il Costantini, il Quarti, il Viva, il Pignatelli, l'Amort e molti altri.

77 Il precetto della Santa Confessione, in ciò che riguarda il Jus Divino, comprende i soli peccati mortali, e non s'estende ai veniali.

Avendo poi la Chiesa nel Concilio Lateranense fissato il tempo di confessarsi, che è la Pasqua di Risurrezione, si discute se alla necessità di confessarsi dei peccati mortali vada aggiunta l'altra di doversi anche confessare dei veniali.

Quantunque comunemente si dica non essere stata aggiunta la necessità di confessarsi anche dei peccati veniali per adempiere il precetto Pasquale, non mancano però Autori che, pieni di zelo, opinano il contrario, ed insegnano che chi non ha che peccati veniali almeno nella Pasqua si presenti al Sacerdote per fargli sapere che, per grazia di Dio, non ha che peccati veniali.

Si possono vedere il Juvenin, il Du Hamel, l'Habert, il Pontas.

Noi non entriamo in questa controversia.

Sant'Antonino espressamente nella sua "Somma" insegna esser cosa molto lodevole, per conseguire l'Indulgenza, il confessarsi dei peccati veniali, non avendo il penitentepeccati mortali.

Ma ciò nemmeno bastava al nostro proposito, in quanto il punto non è circa l'utile, ma circa il necessario.

Il nodo si riduce alla questione, che trattasi tra i Teologi, se essendo ordinata la Confessione pel conseguimento del Giubileo, intendasi ordinata anche a chi non ha peccati mortali, ma soli veniali.

Nel Santarelli si possono vedere radunati gli Autori sia di parte affermativa, sia di parte negativa.

Coloro che si protestano aderenti all'opinione affermativa, sostengono che è la più sicura.

Il Cardinale de Lugo ed il Leandro seguono la parte negativa, pel motivo che quando si parla della Confessione s'intende sempre la Confessione dei peccati mortali.

Non manca però l'Autorità d'ingiungere la confessione dei veniali, come molto bene riflettono il Cardinal di Lauria ed il Clericato, comprovandolo col testo del Pontefice Clemente V, nella Clementina che incomincia "Ne in agro, de statu Monachorum", ove impone ai Monaci il peso di confessarsi almeno una volta il mese, ancorché ragionevolmente si potesse e si dovesse supporre che una gran parte d'essi non fosse per avere che peccati veniali.

È anche certo che per l'acquisto del Giubileo si prescrivono opere che di loro natura sarebbero di puro consiglio e di supererogazione, com'è per esempio il digiunare alcuni giorni non prescritti dal precetto Ecclesiastico, o visitare devotamente, come succede nel presente Giubileo, le Basiliche; può anche prescriversi la Confessione dei veniali a chi non ha peccati mortali, quantunque, prescindendo da queste circostanze e parlando in astratto, l'obbligo di confessare i veniali non vi fosse.

Noi così abbiamo fatto, e nel n. XLVI dell'ultima Costituzione abbiamo dichiarato che, per acquistare il Giubileo, è obbligato a confessarsi anche chi non ha che peccati veniali.

"Posset autem Papa, si vellet, expressis verbis injungere, ut qui Indulgentiam consequi vellet, venialia peccata confiteretur, sicut injungit alia opera supererogationis, neque tamen hoc esset facere venialia materiam necessariam Confessionis, sed cum alias venialia sint congrua materia Confessionis, illa quoque exigeret, si vellet, in acquisitione Indulgentiae".

Sono parole del Benzonio.

78 In una parola, la questione ( che si fa fra i Teologi se, ordinandosi la Confessione per acquistar l'Indulgenza, sia obbligato a confessarsi chi non ha che peccati veniali ) ha luogo quando la Confessione si richiede come disposizione allo stato di grazia necessario per guadagnare il Giubileo, ma non quando la Confessione viene prescritta, conforme da Noi per appunto si è fatto, come opera ingiunta per conseguire l'Indulgenza, come anche molto bene osservano il Pasqualigo, il Viva ed il Costantini nelle opere citate.

79 Alla difficoltà già risolta, ne segue un'altra relativa a colui che, avendo già fatto la Confessione e fatte alcune visite delle Basiliche in stato di grazia, cade in un nuovo peccato mortale.

Fra i Dottori si disputa che cosa debba fare per conseguire il Giubileo: se debba ripetere le visite già fatte, o se basti che prima dell'ultima visita faccia un atto di contrizione, oppure sia obbligato a confessarsi del peccato commesso.

Alcuni hanno ritenuto che basti l'atto di contrizione, non prescrivendosi nella Bolla del Giubileo che una sola Confessione ( che già nel caso si suppone adempiuta ) ed acquistandosi lo stato di grazia necessario per conseguire l'Indulgenza con un buon atto di contrizione.

Così la pensano il Cardinal de Lugo ed il Leandro, che citano altri autori dello stesso parere.

Ma considerandosi dagli altri, e specialmente dal Suarez, dal Filliuc, dal Quarti, dal Costantini, che nella Bolla la Confessione si riferisce all'Indulgenza, e che per conseguenza richiede la Confessione dei peccati mortali commessi fino al momento in cui si ottiene il frutto di essa, si sostiene fondatamente che chi si è confessato ed ha incominciato le visite delle Chiese, se cade in peccato mortale, prima dell'ultima visita deve confessarsi: non basta l'atto di contrizione per conseguire il Giubileo.

Lo stesso obbligo di ripetere la Confessione vincola anche colui che si ricorda di qualche peccato mortale taciuto per innocente dimenticanza nella già fatta Confessione.

A questa più fondata sentenza abbiamo aderito nel n. XLVII assolvendo il peccatore dall'obbligo di ripetere le visite già fatte alle Basiliche, e lasciandolo sottoposto all'altro di doversi confessare prima di compiere l'ultima visita delle dette Basiliche.

Si è detto di averlo liberato dal peso di ripetere le visite già fatte, dato che la questione di quest'obbligo si pone solo quando si ammette l'opinione che richiede come necessario lo stato di grazia nel tempo in cui si adempiono le opere ingiunte; ma non quando la necessità dello stato di grazia si riduce all'ultima opera, in cui si ottiene l'Indulgenza, come al nostro proposito osserva acutamente il Benzonio.

80 Nel presente Giubileo dell'Anno Santo, come qui sopra si è accennato e come viene stabilito nella Bolla Peregrinantes, fra le opere ingiunte abbiamo compreso anche la santa Comunione.

Poiché alcuni, per la loro età e capacità naturale, sono ammessi alla Confessione e non alla Comunione, abbiamo previsto che si sarebbe aperta una discussione: se i predetti siano capaci di conseguire il Giubileo.

La questione è già stata trattata dagli Autori in tutte le altre Indulgenze, nelle quali per opera ingiunta viene prescritta la Comunione.

In questa controversia alcuni hanno opinato che quelli dei quali si tratta, non essendo capaci della Comunione, restano incapaci di conseguire il Giubileo; non giovando l'impotenza, o qualunque altro legittimo impedimento, a chi non può, o è impedito d'adempiere l'opera prescritta ad effetto di conseguire l'Indulgenza.

Così discorre il Lavorio, senza che a lui e agli altri dello stesso partito dia alcun presidio la Facoltà, che avesse il Confessore, di commutare le opere ingiunte a pro di chi è impedito di eseguirle.

Infatti tale Facoltà non comprende la commutazione della Santa Comunione, perché è ristretta a quelli che accidentalmente sono impediti ( come sono le monache, i carcerati, gli ammalati, che non possono far le visite delle Basiliche, o i poveri che non possono fare l'elemosina, quando questa viene annoverata fra le opere ingiunte ) e non può ampliarsi a coloro che, non per accidente, ma per disposizione di ragione, sono incapaci di fare quanto è prescritto nella Bolla del Giubileo.

Questo è il parere del Passerino, del Card. de Lugo e del Vanranst.

Non è mancato chi, facendosi interprete volontario della mente dei Sommi Pontefici, ha sostenuto che l'opera ingiunta della Comunione non si applica a coloro che per l'età sono incapaci di comunicarsi, essendo una condizione de jure impossibile rispetto ad essi; oppure doversi supporre che dal Papa si dia ai Confessori la Facoltà di commutare ai predetti la Comunione in un'altra opera pia, ancorché espressamente non l'abbia detto.

I nomi di questi si possono vedere presso il Passerino.

Ma Noi, per eliminare tale imbarazzo, nel n. XLVIII abbiamo dato ai Confessori la Facoltà di commutare l'opera ingiunta della Comunione in qualche altra opera pia, per i Fanciulli che non sono ancora stati ammessi alla prima Comunione, e che, secondo il giudizio del Parroco o del Confessore, non sono in grado di poter essere ammessi alla detta prima Comunione nel corso dell'Anno Santo.

81 Restano nella Costituzione Convocatis, sotto il capitolo delle dichiarazioni, alcune altre piccole cose, che servono ad eliminare le controversie sorte in altri tempi.

La prima, nel n. XLIX, non esser d'uopo, per conseguire l'Indulgenza, visitando le Basiliche, entrare o uscire per la Porta Santa; non essendo ciò stabilito in nessuna Costituzione, quantunque questa entrata e quest'uscita debbansi valutare per un'opera di supererogazione; il che fu anche ben avvertito dal Passerino, dal Quarti e dal Pignatello.

82 La seconda appartiene al caso in cui nel corso dell'Anno Santo si pubblichi, com'è solito a volte farsi, qualche Indulto per diminuire il numero prefissato delle visite delle Chiese.

Si chiedeva se, avendo taluno già visitato le Basiliche, potesse avvalersi delle visite già fatte, computandole nel numero delle visite stabilite nell'Indulto.

Si chiedeva inoltre se, avendo prima dell'Indulto compiuto il numero delle visite in esso stabilito, potesse avvalersi dell'Indulto senza fare altra visita.

Tutte queste difficoltà sono state rimosse nel n. L. : chi ha visitato qualche volta le Basiliche prima che fosse pubblicato l'Indulto, può avvalersi delle visite fatte per completare il numero prefissato nel detto Indulto; chi, prima dell'Indulto, ha compiuto il numero in esso prefissato delle visite, può godere dell'Indulto, purché faccia un'altra visita delle quattro Basiliche in uno stesso giorno; il che ancora veniva accennato dai sopraddetti Passerino, Quarti e Pignatello.

83 La terza è la seguente.

Nella nostra Costituzione Peregrinantes viene stabilito che la visita delle Basiliche debba essere devota, e che per conseguire l'Indulgenza, si debba pregare il Signore Iddio per l'esaltazione della Sua Chiesa, l'estirpazione delle eresie, la concordia dei Principi Cattolici, la salute e la tranquillità del popolo cristiano; ma non si dice, come nemmeno è stato detto nelle altre Costituzioni dei nostri Predecessori nelle quali si sono intimati gli Anni Santi, se l'orazione debba essere vocale, o se basti che sia mentale; il che altre volte ha dato occasione a controversie.

Il Viva ha creduto che basti la mentale; il Costantini disse essere probabile bastare la mentale, ma esser più sicura la vocale; il Quarti che basti o l'una o l'altra; il Card. de Lugo e l'Amort essere più sicuro aggiungere alla mentale anche la vocale; il Vanranst che non basti la sola mentale, e nemmeno basti la sola vocale "notabiliter modica".

Contro la soverchia modicità dell'orazione si esprimono anche il Viva e gli altri accennati, perché sebbene una breve orazione, fatta con gran fervore, possa soddisfare all'intenzione della Bolla Peregrinantes, tuttavia la brevità dell'orazione suol procedere dalla poca devozione o dal poco affetto agli esercizi spirituali, o da negligenza e tedio.

E Noi, senza punto dipartirci da queste considerazioni, abbiamo dichiarato al n. LI, che per conseguire l'Indulgenza basta la pia orazione vocale; va lodato chi prega mentalmente, purché però v'aggiunga anche qualche orazione vocale.

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143 Edizione di Milano del 1599, p. 1031
144 Summa, part. 1, tit. 10, cap. 3, § 5 in fin.
145 De Indulgentiis, lib. 1, c. 13, Controv. Tom. 2
146 Summa tit. de Sacram., c. 28, de Indulg., quaest. 6
147 De Anno Jubilaei, lib. 5, dub. 4, § septimo
148 In verb. Indulgentiae, cas. 13