Ex quo primum |
1 Dal momento in cui salimmo alla Apostolica Sede del Beato Pietro, fino ad oggi, Ci sembra di aver fornito frequenti motivi di paterna carità colla quale abbracciamo gli Ecclesiastici a Noi cari in Cristo e i Laici orientali che la pensano come Noi, cioè, come li chiamano, gli Uniati, e gl'immuni dalla macchia dello scisma; e di non aver lasciato nulla di intentato affinché coloro che sono nello scisma, abiurati gli errori, si associno alla unità cattolica.
Non vogliamo qui ricordare tutto quello che abbiamo operato a questo fine; dal momento che sono stati redatti i libri della Congregazione di Propaganda Fide sui Nostri decreti in materia; e ognuno può leggere le Lettere Apostoliche e le Costituzioni da Noi fatte per le questioni degli Orientali nei volumi del Nostro Bollario.
È Nostra intenzione ora di informare voi, Venerabili Fratelli e diletti Figli, che è già completata l'opera di correzione dell'Eucologio Greco e che è già stampato per i tipi della stessa Congregazione di Propaganda Fide, dopo lungo esame di tutta la materia, corretto con estremo scrupolo.
Perciò vi esortiamo di servirvi di esso nelle sacre funzioni, messi da parte gli altri che sono infarciti di vari errori, anche troppi!
E ciò non deve sembrare eccezionale.
Questo fatto accade molto facilmente tutte le volte che in numerose e ripetute edizioni di una stessa Opera si tralascia, da parte dei responsabili, qualcosa di quella scrupolosa diligenza che è necessaria perché, o per frode o per ignoranza, non vengano inserite, o aggiunte, cose che nelle prime incontaminate edizioni non c'erano; e dal momento che poi si devono togliere e in qualche modo modificare, per un certo tempo offrono occasione per fissare correzioni in nuove edizioni purgate: così anche nella Chiesa Occidentale, quantunque sia esposta a minori pericoli di quella Orientale, per cui spesso i Romani Pontefici furono costretti a provvedere opportunamente che Messali, Rituali, Breviari e Martirologi fossero emendati e fossero di nuovo stampati corretti.
Ma per quanto riguarda la correzione del vostro Eucologio che, ben lo sapete, altro non è che la raccolta di preci ecclesiali, e di Benedizioni ( come spiega Goario, il Rituale della vostra Chiesa si potrebbe tranquillamente chiamare Manuale o Sacerdotale o Pontificale ), due cose abbiamo giudicato doversi fare con questa Nostra Lettera: esporre la storia della correzione e della nuova edizione, che è appena stata fatta, e spiegare meglio alcune esortazioni che opportunamente sono state preposte nell'introduzione dello stesso Eucologio.
È stata rimandata ad altro tempo - se Dio ci darà vita e forze - di illustrarvi molte altre cose che riguardano l'Eucologio e che non s'inserirebbero bene in questa Lettera che diventerebbe troppo lunga; esse richiederebbero una fatica eccessiva per la Nostra età: una fatica che male si concilierebbe con gli altri impegni molto importanti che soprattutto ora Ci assediano nell'adempimento del Nostro Apostolico Ministero e dai quali non possiamo esimerci.
2 Filippo IV, il Cattolico Re di Spagna, fu colui che attorno al 1631, in un ricorso alla Santa Sede, espose che gli era stato riferito dai Greci Uniati, abitanti nella sua giurisdizione, che dai Greci scismatici era stato stampato un Eucologio viziato da molti errori; nel contempo chiese che si ponesse opportuno rimedio alle assurdità che ne potevano derivare.
Il Sommo Pontefice Urbano VIII subito pose mano ad una egregia opera, dedicando alla correzione dell'Eucologio una specifica Congregazione, alla quale egli stesso assegnò alcuni Cardinali di Santa Romana Chiesa, Prelati della Curia Romana e Teologi di gran fama; e chiamò a Roma, da assegnare alla stessa Congregazione, uomini di tutto il mondo eminenti per erudizione.
Tra questi fu chiamato Dionisio Petavio, prete della Compagnia di Gesù, che si trovava in Francia ( che tuttavia addusse la giustissima scusa dell'età avanzata per non iniziare tale viaggio ), e Giovanni Morino, prete dell'Oratorio francese, che si recò a Roma e partecipò a numerose sessioni, in cui disse molte cose degne di essere conosciute, per capire bene la questione e dirigerla opportunamente.
Di questo parleremo altrove.
3 Coloro che facevano parte della Congregazione costituita dal Pontefice Urbano contribuirono con grande studio e diligenza nell'opera che era stata loro affidata.
Illustrò le loro fatiche Leone Allazio, quando, parlando dell'Eucologio Greco, così scrisse: "Potrei riferire ed esaminare molti punti del libro, ma dal momento che sta sotto la critica ed il giudizio di uomini ferratissimi, reputo la loro sentenza vera e il loro giudizio infallibile".
Si ebbero fra di loro più di ottantadue sessioni, come precisò una volta il Cardinale Francesco Barberini senior nella Congregazione di Propaganda Fide che il 23 gennaio 1645 fu convocata davanti al Papa Innocenzo X poco dopo la morte del suo predecessore Urbano, zio paterno dello stesso Cardinale.
Tuttavia non fu conclusa la correzione dell'Eucologio, e non si poté farne una nuova edizione.
4 L'opera proposta non fu mai abbandonata dai Pontefici successivi, ma portata avanti un poco e lentamente; intanto, presentandosi nuove questioni, come suole, si ritarda la conclusione e la fine delle imprese iniziate.
Quando piacque a Dio Ottimo Massimo di portarci, sebbene immeritevoli, al Sommo Pontificato, tra le prime cure che volentieri Ci siamo prese ci fu questa della correzione dei libri della Chiesa Orientale, soprattutto dell'Eucologio dei Greci.
Perciò, per poter giungere finalmente alla desiderata meta, furono da Noi emanati tempestivamente gli ordini seguenti, affidati ad una diligente esecuzione.
Dapprima furono raccolti e ordinati gli Atti delle Congregazioni che si ebbero sotto Urbano VIII e i Pontefici che gli succedettero affinché fosse chiaro il pensiero delle decisioni adottate, quantunque non fossero state omologate dalla conferma pontificia: né mai appariva una loro relazione fatta ai Sommi Pontefici, rimandata a tempi più opportuni, forse per giuste cause.
Inoltre, dal momento che erano tutti usciti dai vivi coloro che una volta erano stati addetti alla predetta Congregazione istituita per la correzione dell'Eucologio, Noi abbiamo deputato altri Cardinali di Santa Romana Chiesa e Consultori a compiere sollecitamente quest'opera importantissima: tra i Cardinali Antonio Saverio Gentili, Filippo Monti, Gioacchino Besozzi e Luigi Lucini di buona memoria, che ormai tutti sono morti.
Mettemmo Prefetto della Congregazione il Nostro diletto Figlio Fortunato Presbitero Cardinale Tamburini, che vive tuttora; designammo come Consultori i diletti Figli frate Giuseppe Agostino Orsi, dell'Ordine dei Predicatori, Maestro del nostro Palazzo Apostolico; Leonardo Siderer, prete della Compagnia di Gesù; Domenico Vitali, monaco basiliano; Tomaso Sergio, prete dei pii operai, e Domenico Teoli, prete romano, dei quali alcuni sopravvivono ancora, altri hanno concluso la vita terrena.
Infine scegliemmo quale Segretario di tale Congregazione il diletto Figlio Maestro Nicolò Antonelli, Nostro Prelato domestico.
A tutti questi fu prescritto di ritrovarsi a determinati giorni ricorrenti per trattare delle materie affidate alla loro valutazione.
Ciò avvenne diligentemente per un intero decennio.
Essendo però insorta una controversia sul metodo da osservare nell'esame delle materie, mentre taluni ritenevano che prima di tutto si dovesse discutere sui caratteri dei Sacramenti, mentre altri sostenevano che si dovessero individuare le cose che caratterizzano l'ufficio di un semplice Prete da quelle che sono proprie dei Vescovi, Noi entrammo nel vivo della controversia comandando che la revisione e la correzione dell'Eucologio procedessero gradatamente dalla prima pagina alle successive, nello stesso ordine con il quale l'Eucologio stesso era stato redatto e stampato.
Infine, imponemmo al predetto Segretario della Congregazione l'onere di approntare, prima delle singole sessioni, un foglio non solo per ognuno dei Cardinali e dei Consultori che sarebbero intervenuti, ma anche per Noi, che volevamo essere informati di tutte le cose che si dovevano discutere in Congregazione. In tale foglio, indicati i capitoli delle questioni da porsi, si annotasse per prima cosa ciò che era rimasto in sospeso, quanto era stato concluso nelle Congregazioni svoltesi sotto i Pontefici precedenti e fino a qual punto nelle precedenti Congregazioni fosse stato trattato di tali argomenti; da ultimo si esponesse quanto risultava scritto in materia nei libri dei teologi e fosse riportato nelle testimonianze della Chiesa.
5 Non fu per nulla necessario, ovviamente, raccomandare al Segretario di esaminare e di collazionare i vecchi Eucologi.
D'altra parte trovammo in lui una persona esperta nella lingua greca, eminente per la sacra erudizione e la cultura, preparata a portare a termine qualsiasi grande opera in obbedienza e a vantaggio della Sede Apostolica, come spesso altre volte ha dimostrato quando le cose premevano, e anche con i volumi pubblicati con moltissimo impegno.
A tutti è noto che padre Giacomo Goario, dell'Ordine dei Predicatori, originario della Francia, vissuto per otto anni nelle Regioni Orientali, dove esaminò attentamente ogni cosa, intorno al 1640 venne poi a Roma dove ebbe continui confronti con illustri uomini di cultura, espertissimi del mondo greco, come Leone Allazio, prelato della Curia Romana; Basilio Falasca, procuratore generale dell'Ordine di San Basilio; Giorgio Coresio e Pantaleone Ligaridio. Di lui parla Ecardo.1
Ritornato infine in Francia, pubblicò l'Eucologio Greco unitamente ad una versione latina.
Per un ulteriore perfezionamento di tale opera, essendo uomo dotto e diligente, non omise di esaminare e di valutare diversi Codici manoscritti e libri stampati che nel proemio al lettore sono passati in rassegna; ovunque aggiunse le lezioni varianti e inserì qua e là le opportune, dotte annotazioni.
Codesta opera vide la luce a Parigi nel 1647; poi fu ristampata a Venezia nel 1730.
6 Gli eruditi sanno anche che diversi esemplari manoscritti dell'Eucologio Greco sono conservati nella Biblioteca Vaticana e che nella Biblioteca Barberini si trova il celebre Euchologium Barberinum S. Marci, così denominato perché un tempo fu trasferito dal Cenobio di San Marco di Firenze alla predetta Biblioteca.
Esso è il più antico, di oltre dieci secoli fa, in quanto Leone Allazio, sulla scorta dei più esperti uomini del suo tempo, lasciò la testimonianza che allora esso era vecchio di oltre novecento anni: "Il Codice Barberini, pergamenaceo, scritto accuratamente in regolari lettere, fu composto oltre novecento anni fa, secondo il parere di coloro che vengono ritenuti i più preparati giudici in questa materia".
Inoltre, non può essere sconosciuto agli eruditi il prezioso Codice conservato nell'archivio del monastero di Grottaferrata, denominato Eucologio Patriarcale, che il grande Cardinale Bessarione, primo Abate Commendatario di quel Monastero, legò per testamento ai monaci di quell'Abbazia.
Egli l'avrebbe ricevuto in dono dal Cardinale Giuliano Cesarino, di chiara memoria; a questi sarebbe stato regalato durante il Concilio Fiorentino dal sacerdote cretese Giorgio Varj, come riferisce Arcudio.
Tutti questi Codici dell'Eucologio che abbiamo citati furono esaminati, studiati e collazionati vicendevolmente ora dal Prelato Segretario, ora dagli altri componenti della Congregazione che conoscono l'idioma greco, affinché più rettamente e con maggior sicurezza fosse condotta la nuova edizione dell'Eucologio.
Né vi fu certamente bisogno di Nostre esortazioni o consigli, in quanto gli stessi si adoperavano spontaneamente con ogni cura e con la massima diligenza.
7 Parimenti Noi non avemmo bisogno di ricordare ai dotti Cardinali ed ai Consultori componenti la Congregazione quelle sapienti osservazioni che si leggono sia presso il celebrato Giovanni Morino nella prefazione della sua opera De Sacris Ordinibus, sia presso Luca Holstein nello studio In dissertatione I de Sacramento Confirmationis, sia, infine, presso l'autore di Vindiciarum P. Le Brun, dove scrisse della forma del Sacramento dell'Eucaristia: osservazioni che deve assolutamente tenere presenti chiunque voglia esprimere un corretto giudizio sui Riti dei Greci.
Senza dubbio è ingiusto e fallace, contrario alla pace e all'unità della Chiesa, il modo di giudicare di coloro che, conoscendo soltanto il Rituale Latino, né conoscendo altro all'infuori di quanto tramandarono diversi nostri scrittori, esperti certamente delle nostre cose ma inesperti delle consuetudini greche e ignari dell'indirizzo che l'Apostolica Sede Romana ha sempre seguito, non esitarono a condannare nei Riti Sacri dei Greci tutto ciò che non trovavano conforme e concordante con il Rito Latino.
Aggiungo che non fu affatto necessario ricordare queste cose ai predetti Cardinali e Consultori scelti per la correzione dell'Eucologio, in quanto essi stessi si erano dati un'identica norma di agire e di giudicare, e ad essa si erano rigorosamente attenuti.
Noi sappiamo che la stessa cosa fu fatta dai Cardinali e dai Prelati che espressero il loro parere nelle Congregazioni svoltesi su questa materia sotto Urbano VIII.
Le cose da Noi richieste e che sopra indicammo furono tutte soddisfatte; né si può dire a sufficienza dell'assidua diligenza e dell'impegno con i quali tutti i membri della Congregazione si adoperarono nell'opera intrapresa.
Per la verità, il citato Segretario non solo, prima delle singole sessioni, approntò dottamente e sapientemente i fogli per essi, e Ce li presentò, ma anche, concluse le sessioni, non omise di riferire a Noi le opinioni e le decisioni dei Congregati.
Noi, dopo averle lette tutte e a lungo meditate, in quanto apparvero compatibili nel Signore, le approvammo e le confermammo.
Applicando questo metodo, la correzione dell'Eucologio è stata conclusa e la nuova edizione è stata stampata nello scorso anno 1754 dalla Tipografia della Congregazione di Propaganda Fide.
Noi eravamo desiderosi, Venerabili Fratelli, di portare queste cose a vostra conoscenza, affinché vi fosse noto quanto studio, quanta fatica e quanto scrupolo furono impegnati affinché l'edizione correttissima del vostro Eucologio venisse alla luce.
8 Proseguendo, fin dall'inizio di questa recentissima edizione furono poste quattro osservazioni, delle quali, conformemente a quanto dicemmo sopra, Noi vogliamo chiarire brevemente le ragioni in questa Lettera.
9 La prima osservazione è espressa con queste parole: "Occorre convenire che i Sacerdoti che utilizzeranno l'Eucologio debbono conoscere i Canoni ecclesiastici dei Santi Padri e le Costituzioni della Chiesa Cattolica affinché, amministrando i divini Sacramenti e compiendo gli altri servizi, non si trovino a sbagliare.
Quando si compiono le solite citazioni nella sacra Liturgia, occorre innanzi tutto che la prima menzione sia quella del Romano Pontefice, poi del proprio Vescovo e del Patriarca, purché siano cattolici.
Se uno di loro o ambedue sono scismatici o eretici, la loro citazione non può essere assolutamente compiuta".
Questo è del tutto conforme ai decreti che furono approvati nella Congregazione dell'1 maggio 1746 e che furono confermati con la Nostra approvazione.
In quella Congregazione fu proposto il seguente dubbio: "Se nelle preghiere che vengono recitate dal Sacerdote e dal Diacono nella Protesi, si deve porre il nome del Sommo Pontefice e anche nelle altre preghiere: cioè, pro Summo Pontifice N.".
Fu risposto in questo modo: "Nella Istruzione da scriversi all'inizio dell'Eucologio, si ricordi ai Sacerdoti Greci di fare la citazione del Sommo Pontefice e del loro Vescovo, o Arcivescovo, se è in unione con la Chiesa Cattolica Romana, e inoltre si ponga un'altra rubrica, a margine della Liturgia, che li rinvii all'Istruzione".
In questo modo si è ritenuto provvedere in soprappiù a quanto è richiesto nello stesso testo dell'Eucologio.
10 Della citazione del Romano Pontefice nel sacrificio della Messa e dell'antichità di questa regola, Noi stessi dissertammo nel Nostro trattato De Sacrificio Missae.2
Ma dopo la pubblicazione di questo libro, la stessa materia, con l'aggiunta di numerosi argomenti assai validi, fu trattata da Domenico Georgio ( il quale, finché visse, fu Nostro intimo sacrista ) che scrive: "Nella Chiesa Cattolica fu sempre praticato che il nome del Romano Pontefice venisse ricordato durante i sacri Misteri";3 successivamente aggiunge: "Tutti i più vecchi documenti e le più antiche copie del sacro Canone concordano all'unanimità nella citazione del Romano Pontefice".4
Che tale menzione sia stata effettuata nella Messa testimoniano la Liturgia Ambrosiana, la Messa Mozarabica, la Messa Latina che il luterano Flacco Illirico pubblicò traendola da un antico codice.
Parimenti testimoniano ciò un'antichissima Liturgia che si legge nel codice, assai vecchio, dei Sacramenti della Chiesa Romana, che il venerabile Cardinale Tomasio pubblicò e, infine, tutti i Sacri Canoni della Messa, sia stampati, sia manoscritti, come ampiamente dimostra il citato prelato Nicolò Antonelli nella sua diffusa ed erudita Dissertazione che, quale segretario della citata Congregazione, ebbe il compito di scrivere a correzione dell'Eucologio e che diede alle stampe quando dai Cardinali e dai Consultori si cominciò a discutere di questa materia.
Si può leggere una ristampa di essa nell'appendice dell'antico Messale monastico Lateranense, nel tomo I della Collezione Liturgica curata da padre Emanuele de Azevedo.
11 Fin qui le testimonianze relative alla Chiesa Latina.
Per quanto riguarda la Chiesa Greca, il Cardinale Bona afferma che non si sa se nei primi secoli, durante il sacrificio della Messa, fu fatta la citazione del Romano Pontefice: "Per la verità, non è chiaro se nei primi secoli la Grecia ortodossa fece menzione del Pontefice Romano".5
A sua volta Isaac Habertus dichiara che fra i documenti dei primi tempi non è stato trovato alcunché da cui risulti che nella Chiesa Orientale, nel corso delle Messe, ci fosse la consuetudine di citare il Pontefice Romano: "Vorrei che fosse stato fatto, e lo loderei; ma non trovo che sia stato fatto: pertanto loderei ciò che è stato fatto".6
D'altra parte, quando si leggono in alcune antiche testimonianze della Liturgia di San Giovanni Crisostomo le seguenti parole: "Sia lunga vita a Niccolò, Santissimo Papa Universale", è credibile che ai tempi di San Niccolò I, Pontefice Massimo, al nome del Patriarca fosse stato aggiunto quello del Romano Pontefice.
Per la verità, il predetto Antonello, nella citata Dissertazione sostiene che, molto prima dell'epoca indicata, nella Chiesa Greca era consuetudine fare menzione del Romano Pontefice nel corso della Messa, e ciò deduce da molti altri documenti e soprattutto da quanto riferito da Niceforo nella Historia Ecclesiastica,7 secondo la testimonianza dell'antico e accreditato storico Basilio Cilicio. Acacio, Vescovo di Costantinopoli, sostenitore dell'eresia Eutichiana, aveva suggerito all'Imperatore Zenone di pubblicare quell'infame editto, detto Henotico, con il quale si rendeva nulla la definizione del Concilio di Calcedonia contro l'eresia di Eutiche.
Poiché il Santissimo Pontefice Felice III non aveva potuto ignorare ciò, privò Acacio della comunione, ma questi, nell'anno 484, con nuova e inaudita trasgressione osò giungere a tal punto di temerarietà da raschiare il nome del Romano Pontefice Felice dalle sacre Tavolette.
Pertanto, la memoria di Acacio fu condannata e la Chiesa Greca fu acquiescente alla condanna, al tempo del Pontefice Ormisda e dell'Imperatore Giustino; il che, dai due predecessori di Ormisda, Anastasio II e Simmaco, non era stato possibile ottenere.
Quindi nella grande Chiesa di Costantinopoli ( il cui esempio senza dubbio avranno seguito le altre Chiese minori d'Oriente ) evidentemente figurava nelle sacre Tavolette il nome del Pontefice Romano; si può dire dunque che in suo favore fu pregato nominativamente durante la celebrazione delle Messe.
Se si dice che Acacio raschiò per primo questo nome, la sua azione fu in proposito particolarmente disapprovata in quanto, senza il precedente esempio di un altro analogo oltraggio, aveva compiuto un atto fino allora nuovo e inaudito, nonostante anche nei tempi precedenti fra i Pontefici Romani e i Vescovi della Città Regia non fossero mancati i dissensi.
Da qui si evince con larghezza che molto prima dei tempi di Acacio, cioè nei primi secoli, il nome del Pontefice Romano risultava scritto nelle sacre Tavolette dei Greci, e durante le Messe era consuetudine pregare per lui.
12 Ma qualunque sia lo svolgimento di questo controverso capitolo di erudizione ecclesiastica, a Noi basta poter affermare che la citazione del Romano Pontefice durante la Messa e le preghiere recitate per lui nel corso del Sacrificio vanno ritenute, e sono, un esplicito segno col quale il Pontefice viene riconosciuto Capo della Chiesa, Vicario di Cristo, Successore di San Pietro, e si fa professione di cuore e di volontà saldamente ancorata all'unità Cattolica.
Ciò esattamente avverte Cristiano Lupo, scrivendo nella sua opera sui Concilii:8 "Questa citazione è la massima e più ragguardevole immagine della comunione".
Né questo si prova soltanto con l'autorità di Ivo Flaviniacense che scrive: "Sappia che è separato dalla comunione di tutto il mondo chiunque, per qualsiasi dissenso, non avrà letto nel Canone il nome dell'Apostolico",9 o con l'autorità del famoso Alcuino che così si esprime: "È noto che sono separati dalla comunione di tutto il mondo, come insegna il Beato Pelagio, coloro che per qualsiasi dissenso non ripetono, durante la celebrazione dei Sacri Misteri, secondo la consuetudine, il nome dell'Apostolico Pontefice".10
Con più severo giudizio Pelagio II, che nel sesto secolo della Chiesa diresse la Cattedra Apostolica, nelle sue lettere riportate nella Collezione Labbeana dei Concilii,11 così scrisse a proposito di questa materia: "La vostra separazione dalla Chiesa, che non posso tollerare, mi sconcerta.
Infatti, il Santissimo Agostino, memore della volontà del Signore che pose la base della Chiesa nella Sede Apostolica, afferma che è scismatico chiunque si dissocia dalla comunione e dall'autorità dei Presuli delle Sedi stesse e dichiara apertamente che non c'è altra Chiesa se non quella che è consolidata nelle radici pontificali delle Sedi Apostoliche.
In questo modo, come potete credere che non siete separati dalla comunione di tutto il mondo se tacete il mio nome, secondo la consuetudine, durante la celebrazione dei Sacri Misteri?
Nel mio nome, quantunque indegno, risiede la forza della Sede Apostolica, che attraverso la successione episcopale è giunta fino al tempo presente".
Di questa lettera di Pelagio si servì anche il grande Arcivescovo di Lione, Sant'Agobardo, nel suo trattato De comparatione utriusque regiminis, che si trova stampato nella Magna Bibliotheca Patrum.12
Essa fu ristampata da Baluzio fra altre Opere dello stesso Santo.13
13 Inoltre, per Noi è sufficiente poter asserire con certezza che, in qualsiasi tempo, è stata accolta nella Chiesa Greca la disciplina di pregare nominativamente per il Romano Pontefice durante la Messa; certamente essa è stata in vigore nelle Chiese Greche per molti secoli, prima che si perpetrasse lo scisma, e fu tralasciata soltanto dopo la funesta divisione.
C'è una lettera del Patriarca Pietro Antiocheno, che visse nell'anno di Cristo 1053, indirizzata a Michele Cerulario, principale autore dello scisma di Fozio, che pubblicò in greco e in latino Giovanni Battista Cotelerio.14
Michele aveva detto che si meravigliava che lo stesso Pietro Antiocheno nonché i Vescovi di Alessandria e di Gerusalemme registrassero ancora nei sacri Dittici [Tavolette] il Pontefice Romano, come è riportato.15
Ma Pietro rintuzzò vivacemente l'audacia di quell'uomo fanatico, dimostrando che fino al suo tempo non era mai stata omessa la citazione del Romano Pontefice sia ad Antiochia, sia a Costantinopoli: "Io pure, testimone superiore ad ogni sospetto ( e con me molti altri che si distinguono nella Chiesa ), aggiungo che, sotto il Patriarca di Antiochia Domino Giovanni di beata memoria, veniva ricordato nei Sacri Dittici il Papa di Roma, che si chiamava pure Giovanni.
Entrato a Costantinopoli quarantacinque anni fa, ho trovato che sotto il Domino Sergio, di santa memoria, veniva ricordato nella Messa il predetto Papa assieme agli altri Patriarchi".
Si aggiunga che non si cominciò mai a trattare di instaurare l'unità senza che si ponesse subito in precedenza la condizione di riportare nella sacra Liturgia la citazione del Romano Pontefice: e che non si poteva ritenere avvenuta in pieno l'unione concordata, se non si fosse subito messa in esecuzione questa condizione iniziale.
Da tutto questo si può desumere chiaramente il consenso delle Chiese Latina e Greca nel riconoscere e nello stabilire che nella suddetta citazione c'era la confessione della dovuta sottomissione al Pontefice Romano, come a Capo della Chiesa, e la volontà di continuare nell'unità della Chiesa, come abbiamo detto sopra; al contrario, con l'omissione della predetta menzione si dichiarava pervicacemente la volontà di aderire allo scisma.
14 Allorché Michele Paleologo, Imperatore di Costantinopoli, nell'anno 1263 e seguente, dichiarò che era sua volontà di ritornare all'unità e alla concordia con la Chiesa di Roma, assieme ai Greci a lui soggetti, Urbano IV, Nostro Predecessore, chiaramente propose questa condizione: "Purché nelle Sacre Funzioni e nei Dittici venisse ricordato il nome del Papa con i quattro Patriarchi".16
E quando, subito dopo, la trattativa di questa unione fu ripresa dall'Imperatore Michele e dal Patriarca Giovanni Vecco, e di ciò fu discusso impegnativamente nel Concilio generale di Lione del 1274, San Gregorio X, Pontefice Massimo, con l'approvazione di tutti i Padri presenti nel Concilio, prima di ogni altra cosa propose alcune condizioni: se non fossero state accettate, non ci sarebbe stato posto per discutere e concludere l'unione.
La prima di esse fu: "Che il Papa fosse incluso nel Dittico unitamente agli altri quattro Patriarchi e ricordato durante le Sacre unzioni".
Ciò si legge presso Niceta, nel luogo citato.
E Pachymeres,17 attesta che quelle condizioni erano state accettate dai Greci: "Dalla venuta dei Legati che riferivano della Pace avvenuta, due obiettivi sono stati raggiunti, in virtù di quanto convenuto anteriormente: l'esautorazione del Patriarca e la pubblica citazione del Papa nelle Sacre Funzioni".
Indice |
1 | De Scriptoribus Ordinis Praedicatorum, tomo 2, p. 574 |
2 | Sezione 1, n. 219 |
3 | De Liturgia Romani Pontificis, tomo 3, cap. 3, n. 14 |
4 | Ivi, n. 22 |
5 | Libro 2, cap. 11, n. 3 delle Rerum Liturgicarum |
6 | Observationibus ad Pontificale Graecorum, parte 8, osservazione 12 |
7 | Libro 16, cap. 17 |
8 | Tomo 4, edizione di Bruxelles, p. 422 |
9 | Chronico, p. 228 |
10 | Libro I del De Divinis Officiis, cap. 12 |
11 | Tomo 5, colonna 794 e segg, colonna 810 |
12 | Edita a Lione, tomo 14, p. 315, n. 21 |
13 | Tomo 2, p. 49 |
14 | Nel tomo 2, Monument. Eccles. Graec. |
15 | Nel citato tomo 2, n. 9, p. 140 |
16 | Niceta, lib. 5, cap. 2 |
17 | Nel lib. 5, cap. 22 |