Rerum novarum |
11 È dunque un errore grande e dannoso volere che lo Stato possa intervenire a suo talento nel santuario della famiglia.
Certo, se qualche famiglia si trova per avventura in si gravi strettezze che da sé stessa non le è affatto possibile uscirne, è giusto in tali frangenti l'intervento dei pubblici poteri, giacché ciascuna famiglia è parte del corpo sociale.
Similmente in caso di gravi discordie nelle relazioni scambievoli tra i membri di una famiglia intervenga lo Stato e renda a ciascuno il suo, poiché questo non è usurpare i diritti dei cittadini, ma assicurarli e tutelarli secondo la retta giustizia.
Qui però deve arrestarsi lo Stato; la natura non gli consente di andare oltre.
La patria potestà non può lo Stato né annientarla né assorbirla, poiché nasce dalla sorgente stessa della vita umana.
I figli sono qualche cosa del padre, una espansione, per così dire, della sua personalità e, a parlare propriamente, essi entrano a far parte del civile consorzio non da sé medesimi, bensì mediante la famiglia in cui sono nati.
È appunto per questa ragione che, essendo i figli naturalmente qualcosa del padre, prima dell'uso della ragione stanno sotto la cura dei genitori.4
Ora, i socialisti, sostituendo alla provvidenza dei genitori quella dello Stato, vanno contro la giustizia naturale e disciolgono la compagine delle famiglie.
Indice |
4 | S. Th. II-II, q. 10, a. 12 |