Casti connubii |
Finora, Venerabili Fratelli, abbiamo con venerazione ammirato le disposizioni date dal sapientissimo Creatore e Redentore del genere umano in ordine al matrimonio, addolorati in pari tempo di vedere così spesso rese vane e conculcate tali sante intenzioni della divina Bontà dalle passioni, dagli errori e dai vizi degli uomini.
È quindi naturale che Noi rivolgiamo la sollecitudine paterna dell'animo Nostro a trovare rimedi opportuni ad estirpare interamente i perniciosissimi abusi già ricordati, e a rendere dappertutto il dovuto rispetto al matrimonio.
Aiuterà a ciò principalmente il ricordare quella massima certissima, che è comunemente ammessa dalla sana filosofia e dalla sacra teologia: che per ricondurre al loro pristino stato, secondo la loro natura, le cose che hanno deviato dalla rettitudine, non vi è altra via che di riportarle a conformità della ragione divina, la quale ( come insegna l'Angelico74 ) è l'esemplare della perfetta rettitudine.
Per questo il Nostro predecessore di f. m. Leone XIII, ben a ragione, incalzava i naturalisti con queste gravissime parole: « È legge divinamente sancita che le cose istituite dalla natura e da Dio, si sperimentino da noi tanto più utili e salutari, quanto più rimangono intere ed immutabili nel loro stato naturale; Iddio, creatore di tutte le cose, ben conobbe ciò che alla istituzione e al mantenimento di ciascuna sia espediente, e tutte con la volontà e mente sua le ha in guisa ordinate, che ognuna debba convenientemente raggiungere il suo fine.
Ma se la temerità e malvagità degli uomini volessero mutare e sconvolgere l'ordine delle cose provvidissimamente stabilito, allora anche le cose con somma sapienza ed altrettanta utilità istituite o cominciano a nuocere, o cessano di giovare, sia perché col mutare abbiano perduto la virtù di far bene, sia perché Iddio stesso voglia piuttosto adottare siffatti castighi dell'orgoglio e dell'audacia dei mortali ».75
È dunque necessario, per ricondurre il retto ordine nella materia matrimoniale, che tutti considerino il disegno divino intorno al matrimonio e cerchino di conformarsi ad esso.
E poiché tale studio è soprattutto contrastato dalla forza della concupiscenza, che è senza dubbio la cagione principale per cui si pecca contro le sante leggi coniugali, e non potendo l'uomo tenere a sé soggette le passioni se prima non sottomette sé a Dio, a ciò bisogna anzitutto rivolgere le cure secondo l'ordine divinamente stabilito.
È legge inderogabile che chi vive soggetto a Dio veda con l'aiuto della divina grazia assoggettare a sé le passioni e la concupiscenza, ed al contrario, chi è ribelle a Dio esperimenti con dolore l'interna lotta delle passioni violente.
Né ciò avviene senza una sapiente disposizione, come dimostra Sant'Agostino: « Infatti è giusto che l'inferiore si assoggetti al superiore; in modo che chi vuole a sé soggetto chi è sotto di sé, debba a sua volta star soggetto a chi è sopra di sé.
Riconosci l'ordine, cerca la pace!
Tu a Dio: e la carne a te.
Che di più giusto? che di più bello?
Tu al maggiore, a te il minore: servi tu a Colui che creò te, perché a te serva ciò che è stato creato per te.
Bada però, l'ordine non l'intendiamo, non lo proponiamo così: A te la carne, e tu a Dio, sibbene Tu a Dio, e la carne a te!
E se trascuri il Tu a Dio, non raggiungerai mai l'A te la carne.
Tu che non ubbidisci al Signore, sei tormentato dal servo ».76
Tale ordinamento della divina Sapienza è pure attestato, per ispirazione dello Spirito Santo, dal Santo Dottore delle Genti, dove, a proposito dei sapienti antichi i quali ricusavano di prestare culto e venerazione al Creatore dell'universo da essi ben conosciuto, si esprime così: « Per questo, Iddio li abbandonò ai desideri del loro cuore, all'immondezza, talché disonorassero in se stessi i corpi loro »; e di nuovo « Per questo, Iddio li diede in balìa di ignominiose passioni », ( Rm 1,24.26 ) perché « Iddio resiste ai superbi e largisce la grazia agli umili », ( Gc 4,6 ) senza la quale, come insegna lo stesso Dottore delle Genti, l'uomo non può soggiogare la ribelle concupiscenza. ( Rm 7-8 )
Poiché dunque non è possibile frenare, come si deve, le indomite brame, senza che prima l'anima presti l'umile ossequio della pietà e della riverenza al Creatore, questo soprattutto è necessario: che coloro che stringono il sacro vincolo matrimoniale siano bene compenetrati da una profonda pietà verso Dio, la quale informi tutta la loro vita, e riempia la mente e la volontà di somma venerazione verso la suprema Maestà di Dio.
Ben dunque si comportano, conformemente al più sano e perfetto senso cristiano, quei Pastori di anime i quali, per impedire che gli sposi non abbiano nel matrimonio a deviare dalla legge di Dio, anzitutto li esortano agli esercizi di pietà e di religione, ad unirsi totalmente a Dio, ad invocarne costantemente l'aiuto, a frequentare i sacramenti, a fomentare e custodire, sempre e in tutto, sentimenti di devozione e pietà verso Dio.
Grandemente invece si ingannano coloro i quali, lasciati da parte questi mezzi che trascendono la natura, credono di potere, per mezzo dei soli ritrovati delle scienze naturali ( come la biologia, lo studio delle trasmissioni ereditarie, e simili ), persuadere gli uomini a frenare le concupiscenze carnali.
Né con ciò intendiamo dire che non si debba tener conto anche di questi aiuti naturali quando non siano illeciti: perché è lo stesso Dio, unico autore della natura e della grazia, il quale ha disposto che i beni sì dell'uno come dell'altro ordine servano ad uso ed utilità degli uomini.
I fedeli, dunque, possono e debbono giovarsi anche degli aiuti naturali.
Ma sbagliano coloro che credono bastare questi a garantire la castità dell'unione matrimoniale, o che stimano trovarsi in essi una maggiore efficacia che non nell'aiuto soprannaturale della grazia.
Ma tale conformità della convivenza e dei costumi matrimoniali alle leggi di Dio, senza la quale non si potrebbe avere un'efficace restaurazione di essa, suppone che da tutti si possa conoscere facilmente, con ferma certezza e senza mescolanza di errore, quali siano queste leggi.
A nessuno può sfuggire a quanti inganni si aprirebbe l'adito, quanti errori si mischierebbero alla verità, se tale indagine fosse lasciata alla ragione individuale munita del solo lume naturale, ovvero se tale investigazione fosse affidata alla privata interpretazione della verità rivelata.
Il che se vale per tante altre verità di ordine morale, soprattutto si deve dire per quelle che spettano al matrimonio, dato che tanto facilmente la passione della voluttà può sopraffare la debolezza umana, ingannarla e sedurla; tanto più che l'osservanza della legge di Dio richiede talvolta dai coniugi dei sacrifici ardui e diuturni; e l'esperienza dimostra che di questi appunto si serve l'umana fragilità come di pretesti per esimersi dall'osservanza della legge divina.
Affinché pertanto la conoscenza vera e sincera della legge divina, e non una simulazione ed una corrotta immagine di essa, sia di luce e guida alle menti e alla condotta degli uomini, si richiede che alla pietà verso Dio e alla brama di ubbidire a Lui, vada unita pure una filiale ed umile ubbidienza verso la Chiesa.
Infatti è stato il medesimo Cristo Signor Nostro colui che costituì la Chiesa Maestra di verità anche in queste cose spettanti alla direzione e alla regola dei costumi, quantunque tra esse molte non siano per se stesse inaccessibili all'umano intelletto.
E come il Signore, quanto alle verità naturali riguardanti la fede e i costumi, volle aggiungere al semplice lume della ragione quello della rivelazione, sicché queste cose giuste e vere « anche nelle condizioni presenti dell'umana natura, da tutti possano conoscersi facilmente e con certezza assoluta e senza ombra di errore »,80 così, per lo stesso fine, volle costituire la Chiesa custode e maestra delle verità tutte che riguardano la religione e i costumi: ad essa quindi i fedeli, se vogliono serbarsi immuni da errori di intelletto e da corruzione morale, debbono ubbidire e assoggettare la mente ed il cuore.
E per non privarsi da se stessi di un aiuto apprestato con sì larga benignità dal Signore, essi debbono prestare doverosa obbedienza non solo alle definizioni più solenni della Chiesa, ma altresì, osservata la debita proporzione, alle altre Costituzioni o Decreti, coi quali certe opinioni vengono proscritte come perverse e pericolose.81
I cristiani debbono quindi tenersi lontani da una smodata indipendenza di giudizio e da una falsa « autonomia » della ragione, anche rispetto a certe questioni che sul matrimonio si dibattono ai giorni nostri.
È infatti disdicevole, per un cristiano degno di tal nome, fidarsi tanto della propria intelligenza da voler prestar fede soltanto a quelle verità di cui apprende da sé l'intrinseca natura; il ritenere che la Chiesa, da Dio destinata a maestra e reggitrice dei popoli, non sia abbastanza illuminata intorno alle cose e circostanze moderne; ovvero il non prestarle assenso ed obbedienza se non in ciò che essa impone per via di definizioni più solenni, quasi che le altre sue decisioni si potessero presumere o false, o non fornite di sufficienti motivi di verità e di onestà.
È proprio invece di tutti i veri seguaci di Cristo, sia dotti, sia ignoranti, lasciarsi reggere e guidare dalla santa Chiesa di Dio in tutte le cose spettanti alla fede e ai costumi, per mezzo del suo Supremo Pastore, il Pontefice Romano, il quale è retto a sua volta da Gesù Cristo Signor Nostro.
Siccome tutto si deve riportare alla legge e alle idee di Dio, perché si ottenga una generale e stabile restaurazione del matrimonio dobbiamo considerare di primaria importanza che i fedeli siano bene istruiti circa il matrimonio, a voce e in iscritto, non una volta sola e superficialmente, ma spesso e ampiamente, con argomenti chiari e solidi, in modo che queste verità s'imprimano bene nell'intelletto e penetrino fino in fondo al cuore.
Sappiano e considerino assiduamente quanta sapienza, santità, bontà abbia dimostrato il Signore verso il genere umano, sia con l'istituzione del matrimonio, sia presidiandolo di sante leggi, e più ancora elevandolo alla mirabile dignità di Sacramento, per cui si apre agli sposi cristiani una sì copiosa fonte di grazie da poter corrispondere, in castità e fedeltà, agli alti fini del matrimonio, al bene e alla salute propria e dei figli, di tutta la società civile e dell'umanità intera.
E certo se i moderni distruttori del matrimonio si danno tanto da fare con discorsi, con libri ed opuscoli e con infiniti altri mezzi, a pervertire le menti, a corrompere i cuori, a mettere in derisione la castità matrimoniale, e ad esaltare i vizi più vergognosi, molto più Voi, Venerabili Fratelli, che « lo Spirito Santo ha costituiti Vescovi per reggere la Chiesa di Dio da Lui conquistata col Sangue suo », ( At 20,28 ) non dovrete lasciare alcun mezzo intentato, o per Voi stessi, o per mezzo dei sacerdoti a Voi soggetti, come pure mediante i laici opportunamente scelti fra gli iscritti all'« Azione Cattolica » tanto da Noi bramata e raccomandata in aiuto dell'apostolato gerarchico, in modo da contrapporre la verità all'errore, alla turpitudine del vizio lo splendore della castità, alla servitù delle passioni la libertà dei figli di Dio, ( Gv 8,32s; Gal 5,13 ) alla iniqua facilità dei divorzi la perenne stabilità del vero amore coniugale e dell'inviolabilità fino alla morte del prestato giuramento di fedeltà.
In tal modo i cristiani ringrazieranno Dio, di tutto cuore, di essere vincolati dal precetto e di essere con soave violenza costretti a tenersi lontani il più possibile da ogni idolatria della carne e dall'ignobile schiavitù della libidine.
E sentiranno profondo orrore, e fuggiranno con ogni diligenza quelle nefande opinioni che oggi appunto, a disonore della verace dignità umana, si vanno diffondendo a voce e in iscritto, col nome di « perfetto matrimonio » e che fanno di tal perfetto matrimonio un « matrimonio depravato », come giustamente e meritamente è stato detto.
Ma questa sana istruzione ed educazione religiosa circa il matrimonio cristiano starà ben lontana da quella esagerata educazione fisiologica, con la quale ai dì nostri certi riformatori della vita coniugale presumono di venire in aiuto agli sposi, spendendo moltissime parole su tali questioni fisiologiche, dalle quali tuttavia più che la virtù di una vita casta si apprende l'arte di peccare abilmente.
Perciò ben di cuore facciamo nostre, Venerabili Fratelli, le parole che il Nostro predecessore di f. m. Leone XIII rivolgeva ai Vescovi di tutto il mondo nell'Enciclica sul matrimonio cristiano: « Per quanto si possono estendere i vostri sforzi è l'autorità vostra, fate opera perché presso i popoli affidati alla vostra tutela si mantenga intera e incorrotta la dottrina che Cristo Signore e gli Apostoli, interpreti dei voleri del Cielo, insegnarono, e che la Chiesa cattolica conservò gelosamente e comandò che fosse dai cristiani per tutte le età custodita ».84
Ma anche la migliore educazione impartita per mezzo della Chiesa, da sola non basta ad ottenere la conformità del matrimonio alla legge di Dio: all'istruzione della mente, negli sposi deve andar congiunta la ferma volontà di osservare le sante leggi di Dio e della natura intorno al matrimonio.
Qualunque teoria altri voglia, o con discorsi o con scritti, affermare e diffondere, i coniugi stabiliscano e propongano con fermezza e costanza di volere, senza alcuna esitazione, attenersi ai comandamenti di Dio in tutto ciò che riguarda il matrimonio: nel prestarsi cioè mutuamente l'aiuto della carità, nel serbare la fedeltà della castità, nel non attentare mai alla stabilità del vincolo, nell'usare dei diritti matrimoniali sempre conforme alla moderazione e pietà cristiana, specialmente nel primo periodo dell'unione, in modo che se, in appresso, le circostanze imponessero la continenza, ad ambedue per l'abitudine contratta riesca più facile osservarla.
Servirà loro di grande aiuto a concepire, mantenere ed attuare una sì ferma volontà, il considerare spesso lo stato loro, e la memoria attiva del Sacramento ricevuto.
Si ricordino assiduamente che sono stati santificati e fortificati nei doveri e nella dignità dello stato loro per mezzo di uno speciale Sacramento, la cui efficace virtù, sebbene non imprima carattere, è tuttavia permanente.
Riflettano perciò a queste parole, veramente feconde di soda consolazione, del santo Cardinale Roberto Bellarmino, il quale, con altri autorevoli teologi, così piamente sente e scrive: « Il Sacramento del matrimonio si può riguardare in due modi; il primo mentre si celebra; il secondo mentre perdura dopo che è stato celebrato.
Infatti è un sacramento simile all'Eucarestia, la quale è Sacramento non solo mentre si fa, ma anche mentre perdura: perché, fin quando vivono i coniugi, la loro unione è sempre il Sacramento di Cristo e della Chiesa ».85
Ma perché la grazia di questo Sacramento eserciti tutta la sua efficacia, si richiede altresì, come abbiamo già accennato, il concorso dei coniugi: e questo consiste in ciò che con l'opera ed industria propria si sforzino seriamente di compiere per quanto dipende da loro nell'adempimento dei doveri.
Come nell'ordine naturale, perché le forze date da Dio manifestino tutto il loro vigore, bisogna che siano applicate dall'opera e dall'industria umana, e ove questa si trascuri non se ne può trarre alcun profitto, così anche nell'ordine della grazia, le forze che nel ricevere il Sacramento vengono depositate nell'anima, debbono essere esercitate dagli uomini con la propria opera ed industria.
Badino dunque gli sposi di non trascurare la grazia propria del Sacramento che sta in loro, ( 1 Tm 4,14 ) ma dandosi alla diligente osservanza dei propri doveri, siano pure difficili, di giorno in giorno sperimenteranno in sé più efficace la virtù della grazia.
Se talora si sentiranno alquanto più oppressi dai travagli dello stato e della vita loro, non si lascino abbattere, ma stimino come dette a sé le parole che, circa il sacramento dell'Ordine, San Paolo scriveva al suo dilettissimo discepolo Timoteo, per sollevarlo dalle fatiche e dagli strapazzi ond'era quasi oppresso: « Ti raccomando di ravvivare in te la grazia di Dio che è in te mediante l'imposizione delle mie mani, poiché Iddio non ci ha dato spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza ». ( 2 Tm 1,6-7 )
Ma quanto detto finora, Venerabili Fratelli, in gran parte dipende dall'accurata preparazione, sia remota, sia prossima, degli sposi al matrimonio.
Non si può infatti negare che tanto il saldo fondamento dell'unione felice, come le rovine delle unioni disgraziate, si vanno preparando e disponendo nel cuore dei fanciulli e delle fanciulle sin dalla loro puerizia e giovinezza.
È da temere che coloro che nel tempo precedente alle nozze, dappertutto non cercavano che se stessi e le proprie comodità, e solevano accondiscendere ai propri desideri, anche se turpi, giunti poi al matrimonio, siano poi tali quali erano prima, e che abbiano poi a mietere ciò che hanno seminato: ( Gal 6,9 ) vale a dire che abbiano a ritrovare tra le mura domestiche tristezza, pianto, disprezzo scambievole, litigi, avversione di animo, noia della vita coniugale, e, ciò che è peggio, abbiano a trovare se stessi con le proprie sfrenate passioni.
I futuri sposi dunque si presentino al matrimonio ben disposti e ben preparati, perché possano a vicenda porgersi il dovuto conforto nelle vicende tristi e liete della vita, e molto più nel procurarsi la salute eterna e nel formare l'uomo interiore nella misura dell'età piena di Cristo. ( Ef 4,13 )
Ciò servirà loro di aiuto a dimostrarsi veramente tali verso la loro diletta prole, quali Iddio vuole che siano i genitori verso i loro figli: cioè un padre che sia veramente padre, una madre che sia veramente madre; sicché, grazie al loro pio amore e alle loro cure assidue, la casa paterna diventi per i figli, anche nella povertà più dura, in questa valle di lacrime, quasi un'immagine di quel paradiso di letizia, dove il Creatore dell'uman genere aveva collocato i nostri progenitori.
Anche per questo avverrà che dei figli sapranno fare degli uomini perfetti e dei perfetti cristiani, imbevuti dello schietto sentimento della Chiesa cattolica, e infonderanno loro quel nobile amore e sentimento di patria ch'è richiesto dalla pietà e dalla riconoscenza.
Pertanto, sia coloro che pensano di contrarre un giorno questo santo connubio, sia coloro che hanno cura dell'educazione della cristiana gioventù, facciano grandissimo conto di questo avvenire, lo preparino lieto e impediscano che sia triste, tenendo in mente gli ammonimenti da Noi dati nell'Enciclica sopra l'educazione: « Sono dunque da correggere le inclinazioni disordinate, da promuovere e ordinare le buone sin dalla più tenera infanzia, e soprattutto si deve illuminare l'intelletto e fortificare la volontà con le verità soprannaturali e i mezzi della grazia, senza i quali non si può né dominare le perverse inclinazioni né raggiungere la debita perfezione educativa della Chiesa, compiutamente dotata da Cristo della dottrina divina e dei Sacramenti, mezzi efficaci della grazia ».90
Rispetto poi alla preparazione prossima di un buon matrimonio è di somma importanza la diligenza nella scelta del coniuge; da essa infatti dipende molto la felicità o l'infelicità futura del matrimonio, potendo l'un coniuge essere all'altro di grande aiuto a condurre nello stato coniugale una vita cristiana, oppure di grande pericolo ed impedimento.
Affinché dunque non abbia per tutta la loro vita da scontare la pena di una scelta inconsiderata, chi desidera sposarsi sottoponga a matura deliberazione la scelta della persona con la quale dovrà poi sempre vivere; ed in siffatta decisione abbia anzitutto riguardo a Dio ed alla vera religione di Cristo, indi a se medesimo, al coniuge, alla futura prole, come pure alla umana e civile società, la quale dal matrimonio nasce come da propria fonte.
Implori con fervore il divino aiuto, perché possa scegliere secondo la cristiana prudenza, e non già spinto dal cieco e indomito impeto della passione, o dal mero desiderio di lucro, o da altro men nobile impulso, bensì da vero e ordinato amore, e da sincero affetto verso il futuro coniuge, cercando nel matrimonio quei fini appunto per i quali esso fu da Dio istituito.
Non tralasci infine di richiedere il prudente consiglio dei genitori sulla scelta da fare; anzi, di questo faccia gran conto, affinché mediante le loro maggiore esperienza e matura conoscenza delle cose umane, abbia ad evitare dannosi errori, e ottenga pure più copiosamente, nel contrarre il matrimonio, la divina benedizione del quarto comandamento: « Onora il padre e la madre tua ( che è il primo comandamento della promessa ): affinché tu sia felice e viva lungamente sopra la terra ». ( Ef 6,2-3; Es 20,12 )
E poiché non di rado l'esatta osservanza della legge divina e l'onestà del matrimonio sono esposte a gravi difficoltà, quando i conıugi sono oppressi dalla scarsezza dei mezzi e dalla grande penuria di beni temporali, bisognerà certamente, nel miglior modo possibile, venire in aiuto delle loro necessità.
Ed in primo luogo dovrà con ogni sforzo procurarsi quanto fu già sapientissimamente decretato dal nostro predecessore Leone XIII,92 cioè che nella civile società le condizioni economiche e sociali siano così ordinate, che ogni padre di famiglia possa meritare e lucrare quanto è necessario al sostentamento proprio, della moglie e dei figli, secondo le diverse condizioni sociali e locali, « poiché è dovuta all'operaio la sua mercede », ( Lc 10,7 ) e il negarla o il non darla in equa misura è commettere una grande ingiustizia, che dalla Sacra Scrittura viene annoverata tra i massimi peccati. ( Dt 24,14.15 )
Così pure non è lecito pattuire salari tanto esigui, che non siano sufficienti per le condizioni dei tempi e le circostanze in cui si trova la famiglia da sostenere.
Occorrerà tuttavia provvedere che gli stessi coniugi, già molto tempo prima di contrarre matrimonio, rimuovano gli ostacoli materiali, o procurino almeno di diminuirli, lasciandosi istruire da persone esperte sul modo di riuscirvi efficacemente, nonché onestamente.
Se essi da soli non bastano, si provveda con l'unione degli sforzi delle persone di simili condizioni, e mediante associazioni private e pubbliche, ai modi di soccorrere alle necessità della vita.95
Allorché poi i mezzi fin qui indicati non riescano a pareggiare le spese, soprattutto se la famiglia è piuttosto numerosa o meno capace, l'amore cristiano per il prossimo richiede assolutamente che la carità cristiana supplisca a quanto manca agli indigenti, che i ricchi anzitutto assistano i più poveri, e quelli che hanno beni superflui, anziché impiegarli in vane spese o addirittura dissiparli, li impieghino per la vita e la sanità di coloro che mancano del necessario.
Quelli che nei poveri daranno a Cristo delle proprie sostanze, riceveranno dal Signore abbondantissima mercede, allorché Egli verrà a giudicare il mondo; coloro invece che faranno il contrario saranno puniti. ( Mt 25,34s )
Infatti non invano avverte l'Apostolo: « Chi avrà dei beni di questo mondo, e vedrà il suo fratello in necessità, e gli chiuderà le sue viscere, come la carità di Dio dimora in lui? ». ( 1 Gv 3,17 )
Qualora poi i privati sussidi non bastassero, compete alla pubblica autorità supplire alle forze insufficienti dei privati, specialmente in una cosa di tanta importanza per il bene comune, quanto è la condizione delle famiglie e dei coniugi che sia degna di uomini.
Se infatti alle famiglie, a quelle specialmente che hanno una numerosa figliolanza, mancano convenienti abitazioni; se l'uomo non riesce a trovare l'opportunità di procacciarsi lavoro e vitto; se le cose occorrenti agli usi quotidiani non possono comprarsi che a prezzi esagerati; se perfino le madri di famiglia, con non piccolo danno dell'economia domestica, sono gravate dalla necessità e dal peso di guadagnar denaro col proprio lavoro; se esse, negli ordinari o anche straordinari travagli della maternità, mancano del conveniente vitto, delle medicine, dell'aiuto di un medico esperto, e di altre simili cose: non è chi non vegga quanto grande pericolo ne possa nascere per la pubblica sicurezza, la salvezza e la vita stessa della società civile, se tali uomini, non avendo più nulla da temere che sia loro tolto, siano spinti a tanta disperazione, che osino ripromettersi di poter forse conseguire molto dallo sconvolgimento dello Stato e di ogni cosa.
Quanti dunque hanno cura della cosa pubblica e del bene comune, non possono trascurare queste materiali necessità dei coniugi e delle famiglie, senza arrecare grave danno alla cittadinanza ed al bene comune; ed è perciò necessario che, nel fare le leggi e nell'ordinare le pubbliche spese, tengano in massimo conto la cura di venire in aiuto alla penuria delle famiglie povere, stimando ciò tra i precipui doveri della loro carica.
Con dolore poi avvertiamo non essere oggi raro il caso in cui, contrariamente al retto ordine, molto facilmente si provvede di pronto e copioso sussidio la madre e la prole illegittima ( sebbene a questa pure si debba soccorrere, anche per impedire mali maggiori ), mentre alla legittima o è negato il soccorso, o concesso grettamente e quasi strappato a forza.
Sennonché, non soltanto per quello che spetta ai beni temporali, Venerabili Fratelli, importa moltissimo alla pubblica autorità che il matrimonio e la famiglia siano bene costituiti, ma anche per quanto concerne i beni propri delle anime: il sancire cioè giuste leggi, che riguardino la fedeltà della castità e il mutuo aiuto dei coniugi e cose simili, e la loro fedele osservanza, giacché, come insegna la storia, la salvezza dello Stato e la prosperità della vita temporale dei cittadini non possono restare salde e sicure, ove vacilli il fondamento su cui si appoggiano, che è il retto ordine morale, e ove per i vizi dei cittadini si costruisca la fonte donde nasce la comunità, cioè il matrimonio e la famiglia.
Ma alla tutela dell'ordine morale non bastano le forze esterne della comunità e le pene, e nemmeno il proporre agli uomini la bellezza stessa della virtù e la sua necessità; è necessario che vi si aggiunga l'autorità religiosa, che illumini la mente con la verità, diriga la volontà e valga a fortificare l'umana fragilità con gli aiuti della divina grazia.
Tale autorità è soltanto la Chiesa, istituita da nostro Signore Gesù Cristo.
Pertanto, vivamente esortiamo nel Signore quanti hanno la suprema potestà civile ad entrare in concorde amicizia, e sempre più rafforzarla, con questa Chiesa di Cristo, affinché mediante la collaborazione e la solerte opera della duplice potestà si allontanino i danni enormi che, per le irruenti e procaci libertà contro il matrimonio e la famiglia, minacciano non solo la Chiesa, ma la stessa civile società.
A questo gravissimo compito della Chiesa possono infatti giovare assai le leggi civili, se nei loro ordinamenti terranno conto di ciò che prescrive la legge divina ed ecclesiastica, e stabiliranno pene contro i violatori.
Non mancano infatti persone che stimano essere loro lecito, anche secondo la legge morale, quanto dalle leggi dello Stato è permesso o almeno non è punito; oppure, anche contro la voce della coscienza, compiono queste azioni poiché né temono Dio, né vedono esservi alcunché da temere dalle umane leggi; donde non di rado e a se stessi e a moltissimi altri sono causa di rovina.
Né poi è da temere alcun pericolo o menomazione dei diritti e dell'integrità della società civile da questo accordo con la Chiesa.
Sono insussistenti e del tutto vani siffatti sospetti e timori, come ebbe già a mostrare eloquentemente Leone XIII: « Non v'è dubbio - egli dice - che Gesù Cristo, fondatore della Chiesa, abbia voluto la potestà sacra distinta dalla civile, e che l'una e l'altra avessero nell'ordine proprio libero e spedito l'esercizio del proprio potere, ma con questa condizione tuttavia, che torna bene all'una ed all'altra e che è di molta importanza per tutti gli uomini, che cioè fossero tra loro unione e concordia …
Se l'autorità civile va in pieno accordo con la sacra potestà della Chiesa, non può non derivarne grande utilità ad entrambe.
Dell'una infatti si accresce la dignità, e sotto la guida della religione il suo governo non riuscirà mai ingiusto; all'altra poi si offrono aiuti di tutela e di difesa per il comune vantaggio dei fedeli ».98
E, per portare un esempio recente e illustre, così appunto è avvenuto, secondo il retto ordine e del tutto secondo la legge di Cristo, che nelle solenni convenzioni felicemente stipulate tra la Santa Sede e il Regno d'Italia, anche rispetto ai matrimoni fossero stabiliti un pacifico accordo ed una amichevole cooperazione, quali si addiceva alla gloriosa storia ed alle vetuste memorie sacre del popolo italiano.
Così infatti si legge decretato nei Patti Lateranensi: « Lo Stato italiano, volendo ridonare all'istituto del matrimonio, ch'è base della famiglia, la dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al Sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili ».99
A tale norma fondamentale sono aggiunte ulteriori determinazioni del mutuo accordo.
Questo può a tutti essere di esempio e di argomento, onde anche nella nostra età nella quale, purtroppo, così di frequente si va predicando una assoluta separazione dell'autorità civile dalla Chiesa, anzi da qualsiasi religione, possano le due supreme potestà, senza alcuno scambievole detrimento dei propri diritti e poteri sovrani, congiungersi ed associarsi con mutua concordia e patti amichevoli, per il bene comune dell'una e dell'altra società, e possa aversi dalle due potestà una comune cura per ciò che spetta al matrimonio, in modo che siano rimossi dalle unioni coniugali cristiane pericoli perniciosi, anzi la già imminente rovina.
Tutti questi argomenti, Venerabili Fratelli, che con Voi abbiamo attentamente ponderato, mossi dalla pastorale sollecitudine, vorremmo che fossero largamente diffusi, secondo le norme della cristiana prudenza, tra tutti i Nostri diletti figli, alle vostre cure immediatamente commessi, tra quanti sono membri della grande famiglia cristiana, affinché tutti pienamente conoscano la sana dottrina intorno al matrimonio, si guardino diligentemente dai pericoli tesi dai divulgatori di errori, e soprattutto, « rinnegata l'empietà e i desideri del secolo, vivano in questo secolo, con temperanza, con giustizia e con pietà, aspettando la beata speranza, e l'apparizione della gloria del grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo ». ( Tt 2,12-13 )
Ci conceda il Padre onnipotente « da cui ogni paternità in cielo e in terra prende nome », ( Ef 3,15 ) il quale corrobora i deboli e dà coraggio ai pusillanimi e ai timidi; Ci conceda Cristo Signore e Redentore, « istitutore e perfezionatore dei venerabili Sacramenti »,102 il quale volle e fece del matrimonio una mistica immagine della sua ineffabile unione con la Chiesa; Ci conceda lo Spirito Santo, Dio Carità, lume dei cuori e vigore delle menti, che le cose da Noi esposte nella presente Nostra lettera intorno al santo sacramento del matrimonio, alla mirabile legge e volontà divina rispetto ad esso, agli errori e pericoli che sovrastano, ai rimedi con cui ad essi si può ovviare, tutti valgano a bene intenderle, ad accettarle con pronta volontà e, con l'aiuto della grazia divina, a metterle in opera; sicché rifioriscano e prosperino nei matrimoni cristiani la fecondità a Dio dedicata, la fedeltà illibata, l'inconcussa stabilità, la sublimità del sacramento e la pienezza delle grazie.
Ed affinché Iddio, che delle grazie tutte è autore e dal quale è tutto il « volere e l'eseguire », ( Fil 2,13 ) si degni di compiere e concederci tutto ciò, secondo la grandezza della sua benignità ed onnipotenza, mentre Noi con ogni umiltà alziamo fervide preghiere al Trono della sua grazia, come pegno della copiosa benedizione dello stesso Onnipotente Iddio, a voi, Venerabili Fratelli, al clero e al popolo commesso alle vostre assidue e vigilanti cure, impartiamo con ogni affetto l'Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 31 dicembre 1930, nell'anno nono del Nostro Pontificato.
PIUS PP. XI
Indice |
74 | S. Thom. Aquin., Summ. theolog., I–II, q. 91, a. 1-2 |
75 | Litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880 |
76 | S. August., Enarrat. in Ps. 144 |
80 | Conc. Vat., sess. III, cap. 2 |
81 | Conc. Vat.,
sess. III, cap. 4; Cod. iur. can., c. 1324 |
84 | Litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880 |
85 | S. Rob. Bellarmin., De controversiis, tom III, De matr., controvers. II, cap. 6 |
90 | Litt. Encycl. Divini illius Magistri, 31 Dec. 1929 |
92 | Litt. Encycl. Rerum novarum, 15 Maii 1891 |
95 | Leo XIII, Litt. Encycl. Rerum novarum, 15 Maii 1891 |
98 | Litt. Encycl. Arcanum, 10 Febr. 1880 |
99 | Concord., art. 34: Acta Apost. Sed., XXI (1929), p. 290 |
102 | Conc. Trident., sess. XXIV |