Datis nuperrime
5 novembre 19561
Con la recentissima lettera enciclica rivolta all'episcopato cattolico, avevamo espresso la speranza che anche per il nobilissimo popolo dell'Ungheria albeggiasse finalmente una nuova aurora di pace fondata sulla giustizia e sulla libertà, poiché sembrava che in quella nazione le cose prendessero uno sviluppo favorevole.
Se non che le notizie che in un secondo tempo sono giunte hanno riempito l'animo Nostro di una penosissima amarezza: si è saputo cioè che per le città e i villaggi dell'Ungheria scorre di nuovo il sangue generoso dei cittadini che anelano dal profondo dell'animo alla giusta libertà, che le patrie istituzioni, non appena costituite, sono state rovesciate e distrutte, che i diritti umani sono stati violati e che al popolo sanguinante è stata imposta con armi straniere una nuova servitù.
Orbene, come il sentimento del Nostro dovere Ci comanda, non possiamo fare a meno di protestare deplorando questi dolorosi fatti, che non solo provocano l'amara tristezza e l'indignazione del mondo cattolico, ma anche di tutti i popoli liberi.
Coloro, sui quali ricade la responsabilità di questi luttuosi avvenimenti, dovrebbero finalmente considerare che la giusta libertà dei popoli non può essere soffocata nel sangue.
Noi, che con animo paterno guardiamo a tutti i popoli, dobbiamo asserire solennemente che ogni violenza, ogni ingiusto spargimento di sangue, da qualsiasi parte vengano, sono sempre illeciti; e dobbiamo ancora esortare tutti i popoli e le classi sociali a quella pace che deve avere i suoi fondamenti nella giustizia e nella libertà e che trova nella carità il suo alimento vitale.
Le parole che Dio rivolse a Caino: "La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra" ( Gen 4,10 ), hanno anche oggi il loro valore; e quindi il sangue del popolo ungherese grida al Signore, il quale, come giusto giudice, se punisce spesso i peccati dei privati soltanto dopo la morte, tuttavia colpisce talora i governanti e le nazioni stesse anche in questa vita, per le loro ingiustizie, come la storia ci insegna.
Voglia il misericordioso Dio toccare il cuore dei responsabili, di maniera che finalmente l'ingiustizia abbia termine, ogni violenza si calmi e tutte le nazioni, pacificate fra loro, ritrovino in un'atmosfera di serena tranquillità il retto ordine.
Frattanto Noi innalziamo al Signore le Nostre suppliche affinché, specialmente coloro che hanno trovato la morte in questi dolorosi frangenti, possano godere l'eterna luce e la pace nel Cielo; e desideriamo pure che tutti i cristiani uniscano anche per questa ragione le loro suppliche alle Nostre.
Mentre a tutti voi esprimiamo questi Nostri sentimenti, impartiamo di gran cuore a voi, venerabili fratelli, e ai vostri fedeli, e, in modo tutto particolare, al diletto popolo ungherese, l'apostolica benedizione, che sia pegno delle celesti grazie e testimonianza della Nostra paterna benevolenza.
Roma, presso San Pietro, il 5 novembre, l'anno 1956, XVIII del Nostro pontificato.
Pio XII
1 | Pius PP. XII, Litt. enc. Datis nuperrime quibus Luctuosissimi Hungariae eventus complorantur ac reprobantur, [ Ad venerabiles Fratres Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes ], 5 novembris 1956: AAS 48 ( 1956 ), pp. 748-749. - Si veda anche il radiomessaggio del 10 novembre 1956: EE 6/2022-2034 |