Fidei donum |
L’espansione della Chiesa in Africa dorante gli ultimi decenni ha da essere senza dubbio, per i cristiani, motivo di gioia e di fierezza.
Appena elevati alla Cattedra di Pietro, abbiamo solennemente affermato « di non risparmiare fatica alcuna affinché … la Croce, in cui sono la salvezza e la vita, stenda la sua ombra fino alle più remote plaghe del mondo »;6 abbiamo favorito con ogni Nostro potere il progresso del Vangelo su quel continente.
Le circoscrizioni ecclesiastiche vi si sono moltiplicate; il numero dei cattolici è considerevolmente aumentato e continua ad accrescersi a rapido ritmo.
Abbiamo avuto la gioia di istituire in molti paesi la gerarchia ecclesiastica e di elevare già numerosi sacerdoti africani alla dignità episcopale conformemente al « fine ultimo » del lavoro missionario che è di « stabilire saldamente e definitivamente la Chiesa presso nuovi popoli ».7
In tal modo, nella grande famiglia cattolica, le giovani Chiese Africane prendono oggi il posto che loro spetta, salutate con cuore fraterno dalle più antiche diocesi, che le hanno precedute nella fede.
Legioni di apostoli, sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti, collaboratori laici hanno ottenuto sì confortanti risultati mercé un lavoro di cui Dio solo conosce i sacrifici nascosti.
Con tutti e con ciascuno di essi, Ci congratuliamo di cuore ed esprimiamo in questa occasione la Nostra gratitudine, poiché la Chiesa può essere giustamente fiera dell’opera dei suoi missionari; i quali sia in Africa sia dovunque lo possano, compiono il proprio dovere.
In tal modo, nella grande famiglia cattolica, le giovani Chiese Africane prendono oggi il posto che loro spetta, salutate con cuore fraterno dalle più antiche diocesi, che le hanno precedute nella fede.
Legioni di apostoli, sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti, collaboratori laici hanno ottenuto sì confortanti risultati mercé un lavoro di cui Dio solo conosce i sacrifici nascosti. Con tutti e con ciascuno di essi, Ci congratuliamo di cuore ed esprimiamo in questa occasione la Nostra gratitudine, poiché la Chiesa può essere giustamente fiera dell’opera dei suoi missionari; i quali sia in Africa sia dovunque lo possano, compiono il proprio dovere. Eppure l’ampiezza dell’opera compiuta non induca alcuno a dimenticare che « il lavoro che resta da fare richiede uno sforzo immenso ed innumerevoli operai ».8
Al momento in cui l’instaurazione della gerarchia potrebbe erroneamente far credere che l’attività missionaria è sul punto di terminare, più che mai la sollecitudine di tutte le chiese del vasto continente africano riempie il Nostro animo di angoscia.
Come dunque non Ci si stringerebbe il cuore nel considerare, da questa Sede Apostolica, i gravi problemi ivi imposti dall’estensione e dall’approfondimento della vita cristiana, quando mettiamo a confronto l’ampiezza e l’urgenza dei compiti da un lato, e dall’altro il numero infimo di operai apostolici e la loro mancanza di mezzi?
Questa sofferenza confidiamo a voi, Venerabili Fratelli, e Ci piace pensare che la prontezza e la generosità della vostra risposta faranno di nuovo balenare la speranza nel cuore di tanti generosi apostoli.
Le condizioni generali in cui si svolge in Africa l’opera della Chiesa vi sono note.
Esse sono difficili.
La maggior parte di quei territori sta attraversando una fase di evoluzione sociale, economica e politica, che è gravida di conseguenze per il loro avvenire; bisogna pur riconoscere che le numerose incidenze della vita internazionale sulle situazioni locali non sempre permettono anche ai governanti più saggi di graduare le tappe che sarebbero necessarie per il vero bene di quei popoli.
La Chiesa che, nel corso dei secoli, ha già visto nascere e ingrandirsi tante nazioni, non può oggi non rivolgere particolare attenzione a quei popoli che operano per assicurarsi i diritti delle libertà civili.
Già più volte Noi abbiamo esortato le nazioni interessate a procedere per questa via in uno spirito di pace e di comprensione reciproca.
« Che una giusta e progressiva libertà politica non sia a quei popoli negata ed ostacolata », dicevamo agli uni; ed avvertivamo gli altri a « riconoscere all’Europa il merito del loro avanzamento; all’Europa, senza il cui influsso, esteso in tutti i campi, essi potrebbero essere trascinati da un cieco nazionalismo a precipitare nel caos o nella schiavitù ».9
Nel rinnovare qui tale duplice esortazione, formuliamo voti perché si prosegua in Africa un’opera di collaborazione costruttiva, libera da pregiudizi e offese reciproche, preservata dalle seduzioni e dalle strettoie del falso nazionalismo, e capace di estendere a quelle popolazioni, ricche di risorse e di avvenire, i veri valori della civiltà cristiana, che hanno già portato tanti buoni frutti in altri continenti.
Non ignoriamo, infatti, che in molte regioni dell’Africa vengono diffusi i germi di turbolenze dai seguaci del « materialismo » ateo, i quali attizzano le passioni, eccitano l’odio d’un popolo contro l’altro, sfruttano alcune tristi condizioni per sedurre gli spiriti con fallaci miraggi o per seminare la ribellione nei cuori.
Nella Nostra sollecitudine per un autentico progresso umano e cristiano delle popolazioni africane, vogliamo qui rinnovare, a loro riguardo, i gravi e solenni moniti che già più volte abbiamo rivolto su questo punto ai cattolici del mondo intero; e Ci piace congratularCi con i loro Presuli per avere già, in più di una circostanza, denunziato fermamente ai loro fedeli il pericolo cui li espongono quei falsi pastori.
Ma mentre i nemici del nome di Dio esplicano su quel continente i loro sforzi insidiosi e violenti, bisogna denunciare altri gravi ostacoli che contrastano in certe regioni i progressi dell’evangelizzazione.
Conoscete in particolare la facile attrattiva esercitata su gran numero di spiriti da una concezione religiosa della vita che, pur appellandosi con forza alla Divinità, trascina nondimeno i suoi seguaci in una via che non è quella di Gesù Cristo, unico Salvatore di tutti i popoli.
Il Nostro cuore di Padre è aperto a tutti gli uomini di buona volontà; ma, Vicario di Colui che è la Via, la Verità e la Vita, Noi non possiamo considerare un simile stato di cose senza vivo dolore.
Varie in realtà sono le cause di ciò; spesso sono cause storiche recenti, e non sempre vi è stato estraneo l’atteggiamento di nazioni che pur si onorano del loro passato cristiano.
Vi è in questo, per l’avvenire cattolico dell’Africa, causa di seria sollecitudine.
E v’è motivo perché i figli della Chiesa comprendano l’obbligo di aiutare più efficacemente ed in tempo utile i missionari del Vangelo ad annunziare la verità salvatrice ai circa 85 milioni di africani di razza nera ancora attaccati alle credenze pagane.
Quest’ordine di considerazioni diviene ancor più grave per il generale precipitare degli avvenimenti, di cui i Vescovi e gli elementi scelti fra i cattolici d’Africa hanno viva coscienza.
Nel momento in cui si cercano nuove strutture, mentre taluni popoli corrono il rischio di abbandonarsi alle più fallaci seduzioni di una civilizzazione tecnica, la Chiesa ha il dovere di offrir loro, nella massima misura possibile, le sostanziali ricchezze della sua dottrina e della sua vita, animatrici di un ordine sociale cristiano.
Qualsiasi ritardo sarebbe gravido di conseguenze.
Gli Africani, che percorrono in pochi decenni le tappe di un’evoluzione che l'Occidente ha compiuto nel corso di più secoli, sono più facilmente sconvolti e sedotti dall’insegnamento scientifico e tecnico che si dà loro, come pure dagli influssi materialisti che subiscono.
Per questo motivo possono prodursi qua o là situazioni difficilmente riparabili, sì da nuocere in seguito alla penetrazione del cattolicesimo nelle anime e nella società.
Bisogna, fin da oggi, dare ai Pastori di anime possibilità di azione in proporzione all’importanza ed all’urgenza della presente congiuntura.
Orbene, salvo rare eccezioni, queste possibilità di azione missionaria sono ancora inferiori senza paragone all’opera da compiere; e, sebbene siffatta penuria purtroppo non sia della sola Africa, qui però è più vivamente sentita a motivo delle particolarissime condizioni in cui si trova oggi questo continente.
Perciò crediamo molto opportuno, Venerabili Fratelli, parlarvi un po’ più diffusamente su siffatta materia.
Nelle missioni recenti, per esempio, fondate magari solo una decina d’anni fa, non si può sperare prima di un lungo tempo un notevole aiuto del clero locale, ed i troppo rari missionari, sparsi su territori immensi, dove lavorano inoltre altre confessioni non cattoliche, non possono più rispondere a tutte le esigenze.
In un territorio sono 40 sacerdoti per quasi un milione di anime, tra cui solo 25 mila convertiti; in un altro si contano 50 sacerdoti per una popolazione di due milioni di abitanti, mentre i 60 mila fedeli basterebbero già ad assorbire il tempo dei missionari.
A leggere queste cifre, un cuore cristiano non può rimanere insensibile.
Venti sacerdoti di più in una determinata regione permetterebbero oggi d’impiantarvi la Croce, mentre domani quella stessa terra, lavorata da altri operai che non quelli del Signore, sarà divenuta forse impenetrabile alla vera fede.
Inoltre, non basta annunciare il Vangelo: nella crisi sociale e politica che l’Africa attraversa, bisogna formare quanto prima un gruppo scelto di cristiani in mezzo a un popolo ancor neofito; ma in quale maggior proporzione dovrà moltiplicarsi il numero dei missionari per permetter loro di compiere quest’opera di formazione personale delle coscienze!
A questa penuria di uomini si aggiunge inoltre quasi sempre una mancanza di mezzi che rasenta talora la miseria.
Chi darà a queste nuove Missioni, situate in genere in regioni povere ma importanti per l’avvenire dell’evangelizzazione, l’aiuto generoso di cui hanno un si urgente bisogno?
L’apostolo soffre al vedersi talmente privo di mezzi di fronte alle moltissime opere che gl’incombono.
Non ammirazione egli domanda, bensì aiuti coi quali, dov’è ancora possibile, stabilire nuovi centri di lavoro missionario.
Nelle Missioni più antiche, in cui la proporzione già considerevole dei cattolici e il loro fervore sono per il Nostro cuore motivo d’intensa gioia, le condizioni dell’apostolato, benché diverse, non muovono meno a profonda ansietà.
Anche li, soprattutto la mancanza di sacerdoti si fa duramente sentire.
Quelle Diocesi o Vicariati Apostolici devono infatti sviluppare senza indugio le opere indispensabili all’espansione ed irradiazione del cattolicesimo: occorre fondare collegi e diffondere l’insegnamento cristiano nei suoi vari gradi; occorre dar vita ad organismi di azione sociale che animino il lavoro dei gruppi scelti di cristiani a servizio del civile consorzio; occorre moltiplicare la stampa cattolica in tutte le sue forme e preoccuparsi delle tecniche moderne di diffusione e di cultura, poiché è nota l’importanza, ai nostri giorni, di una pubblica opinione formata ed illuminata; bisogna soprattutto dare un crescente sviluppo all’Azione Cattolica e soddisfare i bisogni religiosi e culturali di una generazione che, priva di sufficiente alimento, sarebbe esposta al pericolo di andar a cercare fuori della Chiesa il suo nutrimento.
Orbene, per far fronte a queste diverse esigenze, i Pastori d’anime hanno bisogno, non solo di più grandi mezzi, ma anche e specialmente di collaboratori preparati a questi ministeri che si presentano tanto più difficili quanto più debbono adattarsi alle varie categorie sociali.
Siffatti apostoli non si possono improvvisare; sovente essi mancano, eppure l’impegno è urgente, se non si vuol perdere la fiducia di gruppi scelti in ascesa.
Perciò vogliamo dire qui tutta la nostra gratitudine alle Congregazioni Religiose, ai sacerdoti e ai militanti laici i quali, compresi della gravità dell’ora, sono andati, anche spontaneamente, incontro a tali bisogni.
Iniziative di questo genere hanno dato già frutti e, unite alla dedizione di tutti, lasciano adito a grandissime speranze; ma è Nostro debito di verità affermare che in questo campo rimane da fare un lavoro immenso.
Perfino lo stesso progresso delle Missioni pone alla Chiesa, in certi territori, una nuova difficoltà, giacché il successo dell’evangelizzazione esige un proporzionato aumento del numero degli apostoli, se non si vuol comprometterne il magnifico sviluppo.
Ora le Congregazioni Missionarie sono sollecitate da ogni parte e sempre più spesso, e l’insufficienza delle vocazioni non permette loro di venir incontro a tante richieste simultanee.
Ben sapete, Venerabili Fratelli, che il numero dei sacerdoti, a paragone di quello dei fedeli, in Africa è in diminuzione.
Il clero africano aumenta, senza dubbio; ma solamente tra molti anni esso potrà, nelle proprie Diocesi, prenderne completamente in mano il governo, pur con l’aiuto di quei missionari che vi portano la fede.
Quelle giovani cristianità di Africa non possono al presente, con le loro attuali risorse, bastare al loro compito nelle odierne gravissime circostanze.
Varranno le difficoltà di una situazione siffatta a richiamare al loro dovere missionario tanti Nostri figli, che non ringraziano abbastanza Dio del dono della fede ricevuto nella loro famiglia cristiana e dei mezzi di salvezza messi loro a disposizione?
Indice |
6 | Allocutio 1 Maii 1939: Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, I, p. 87 |
7 | Enc. Litt. Evangelii praecones |
8 | Enc. Litt. Evangelii praecones |
9 | A.A.S., XLVIII, 1956, p. 40 |