Mater et magistra |
17 Pio XI, nostro predecessore di s.m., a quarant'anni di distanza commemora l'enciclica Rerum novarum con un nuovo documento solenne: l'enciclica Quadragesimo anno.
Nel documento il sommo Pontefice ribadisce il diritto e il dovere della Chiesa di portare il suo insostituibile contributo alla felice soluzione degli urgenti gravissimi problemi sociali che angustiano la famiglia umana; riafferma i principi fondamentali e le direttive storiche dell'enciclica leoniana; coglie inoltre l'occasione per precisare alcuni punti di dottrina sui quali tra gli stessi cattolici erano sorti dubbi, e per enucleare il pensiero sociale cristiano in rispondenza alle mutate condizioni dei tempi.
18 I dubbi sorti concernevano, in modo speciale, la proprietà privata, il regime salariale, il comportamento dei cattolici nei confronti di una forma di socialismo moderato.
Quanto alla proprietà privata, il nostro predecessore ne riafferma il carattere di diritto naturale e ne accentua l'aspetto sociale e la rispettiva funzione.
19 In ordine al regime salariale, respinge la tesi che lo qualifica ingiusto per sua natura; ne riprova però le forme inumane ed ingiuste, secondo le quali non di rado è stato realizzato; ribadisce e sviluppa i criteri ai quali deve ispirarsi e le condizioni che devono essere soddisfatte perché in esso non sia lesa la giustizia o l'equità.
20 In questa materia, chiaramente indica il nostro predecessore, nelle presenti condizioni è opportuno temperare il contratto di lavoro con elementi desunti dal contratto di società, in maniera che "gli operai diventino cointeressati o nella proprietà o nell'amministrazione o compartecipi in certa misura dei lucri percepiti" ( n. 67 ).
21 Della più alta importanza dottrinale e pratica va pure considerata la sua affermazione che il lavoro non si può "valutare giustamente né retribuire adeguatamente, dove non si tenga conto della sua natura sociale e individuale" ( n. 70 ).
Conseguentemente nel determinare la rimunerazione, dichiara il Pontefice, la giustizia esige che si abbia riguardo oltre che ai bisogni dei singoli lavoratori e alle loro responsabilità familiari, anche alle condizioni degli organismi produttivi nei quali i lavoratori prestano la loro opera e alle esigenze del bene economico pubblico (cf. ivi, p. 201).
22 Tra comunismo e cristianesimo, il Pontefice ribadisce che l'opposizione è radicale, e precisa che non è da ammettersi in alcun modo che i cattolici aderiscano al socialismo moderato: sia perché è una concezione di vita chiusa nell'ambito del tempo, nella quale si ritiene obiettivo supremo della società il benessere, sia perché in esso si propugna una organizzazione sociale della convivenza al solo scopo della produzione, con grave pregiudizio della libertà umana, sia perché in esso manca ogni principio di vera autorità sociale.
23 Ma non sfugge a Pio XI che nei quarant'anni passati dalla promulgazione dell'enciclica leoniana la situazione storica si era profondamente mutata.
Infatti la libera concorrenza, in virtù di una dialettica ad essa intrinseca, aveva finito per distruggere se stessa o quasi; aveva portato ad una grande concentrazione della ricchezza e all'accumularsi altresì di un potere economico enorme in mano di pochi, e "questi spesso neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento" ( n. 105 ).
24 Pertanto, come osserva con perspicacia il sommo Pontefice, "alla libertà di mercato è sottentrata l'egemonia economica; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata cupidigia del predominio; tutta l'economia è cosi diventata orribilmente dura, inesorabile, crudele" ( n. 109 ) determinando l'asservimento dei poteri pubblici agli interessi di gruppo e sfociando nell'imperialismo internazionale del denaro.
25 Per porre rimedio ad una tale situazione, il supremo Pastore indica, come principi fondamentali, il reinserimento del mondo economico nell'ordine morale e il perseguimento degli interessi, individuali e di gruppo, nell'ambito del bene comune.
Ciò comporta, secondo il suo insegnamento, la ricomposizione della convivenza mediante la ricostruzione di corpi intermedi autonomi a finalità economico-professionali, creati dai rispettivi membri e non imposti dallo Stato; il ripristino dell'autorità dei poteri pubblici nello svolgimento di quei compiti che loro competono in ordine all'attuazione del bene comune; la collaborazione su piano mondiale fra le comunità politiche, anche in campo economico.
26 Ma i motivi di fondo che caratterizzano la magistrale enciclica di Pio XI possono ridursi a due.
Il primo motivo è che non si può assumere come criterio supremo delle attività e delle istituzioni del mondo economico l'interesse individuale o di gruppo, né la libera concorrenza, né il predominio economico, né il prestigio della nazione o la sua potenza o altri criteri simili.
Vanno invece considerati criteri supremi di quelle attività e di quelle istituzioni la giustizia e la carità sociali.
27 Il secondo motivo è che ci si deve adoperare per dare vita ad un ordinamento giuridico, interno e internazionale, con un complesso di stabili istituzioni, sia pubbliche che libere, ispirato alla giustizia sociale, a cui l'economia si conformi, cosi da rendere meno difficile agli operatori economici svolgere la loro attività in armonia con le esigenze della giustizia nel quadro del bene comune.
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