Mater et magistra |
232 Però sarebbe errato dedurre da quanto abbiamo brevemente sopra esposto che i nostri figli, soprattutto del laicato, debbano considerare prudente attenuare il proprio impegno cristiano nel mondo; lo devono invece rinnovare e accentuare.
Il Signore nella preghiera sublime per l'unità della sua Chiesa non prega il Padre perché sottragga i suoi dal mondo, ma perché li preservi dal male: "Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno " ( Gv 17,15 ).
Non si deve creare un'artificiosa opposizione là dove non esiste, e cioè tra il perfezionamento del proprio essere e la propria presenza attiva nel modo, quasi che non si possa perfezionare se stessi che cessando di svolgere attività temporali, o che qualora si svolgano siffatte attività si sia frontalmente portata a compromettere la propria dignità di esseri umani e di credenti.
233 Risponde invece perfettamente ai piani della Provvidenza che ognuno perfezioni se stesso attraverso il suo lavoro quotidiano, che per la quasi totalità degli esseri umani è un lavoro a contenuto e finalità temporali.
La Chiesa oggi si trova di fronte al compito immane di portare un accento umano e cristiano alla civiltà moderna: accento che la stessa civiltà domanda e quasi invoca per i suoi sviluppi positivi e per la sua stessa esistenza.
234 Come abbiamo accennato, la Chiesa viene attuando questo compito soprattutto attraverso i suoi figli laici, che a tale scopo devono sentirsi impegnati a svolgere le proprie attività professionali come adempimento di un dovere, come prestazione di un servizio, in comunione interiore con Dio e nel Cristo e a sua glorificazione, come indica l'apostolo san Paolo:
"Sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio ( 1 Cor 10,31 ).
"Tutto quello che fate in parole e opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre " ( Col 3,17 ).
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