Aeterna Dei sapientia

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II.3

Prerogative del magistero di Pietro e dei successori

Ma il santo pontefice non dimentica l'altro essenziale vincolo dell'unità visibile della chiesa, cioè il supremo e infallibile magistero, dal Signore riservato personalmente a Pietro e ai suoi successori:

« Il Signore si prende cura in modo speciale di Pietro, e prega in particolare per la fede di Pietro, quasi che la perseveranza degli altri sarebbe stata maggiormente garantita, se l'animo del capo non fosse stato vinto.

In Pietro perciò la fortezza di tutti viene protetta, e l'aiuto della grazia divina segue quest'ordine: la fermezza che, per mezzo di Cristo, viene data a Pietro, viene conferita agli apostoli attraverso Pietro ».

Quanto san Leone afferma con tanta chiarezza e insistenza dell'apostolo Pietro, lo asserisce anche di se stesso, non per umana ambizione, ma per l'intima persuasione che ha di essere, non meno del principe degli apostoli, il vicario di Gesù Cristo stesso, come si ricava da questo brano dei suoi sermoni:

« Non è per noi motivo di orgoglio la solennità con cui, pieni di riconoscenza a Dio per il suo dono, festeggiamo l'anniversario del nostro sacerdozio; poiché con tutta sincerità confessiamo, che tutto il bene da noi compiuto nello svolgimento del nostro ministero è opera di Cristo; e non di noi, che non possiamo nulla senza di lui, ma di lui ci gloriamo, da cui deriva tutta l'efficacia del nostro operare ».35

Con ciò san Leone, lungi dal pensare che san Pietro sia ormai estraneo al governo della chiesa,36 ama invece associare alla fiducia nella perenne assistenza del suo divin Fondatore la fiducia nella protezione di san Pietro, di cui si professa erede e successore, e « ne fa le veci ».37

Perciò ai meriti dell'apostolo, più che ai propri, egli attribuisce i frutti del suo universale ministero.

Il che, fra l'altro, è chiaramente provato dalla seguente espressione:

« Se pertanto qualcosa di buono operiamo o vediamo, se qualcosa otteniamo dalla misericordia di Dio con le quotidiane preghiere, ciò si deve alle opere e ai meriti di lui; nella sua sede perdura ancora il suo potere, domina la sua autorità ».38

In realtà san Leone non insegna nulla di nuovo.

Al pari dei suoi predecessori sant'Innocenzo I39 e san Bonifacio I,40 e in perfetta armonia con i ben noti testi evangelici, da lui stesso commentati ( Mt 16,17-18; Lc 22,31-32; Gv 21,15-17 ), egli è persuaso di aver ricevuto da Cristo stesso il mandato del supremo ministero pastorale.

Afferma infatti: « La sollecitudine che dobbiamo avere verso tutte le chiese ha origine principalmente da un divino mandato ».41

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35 Serm. 4, 3: PL 54, 151-152; cf. Serm. 83, 2: PL 54, 451
36 Serm. 5, de natali ipsius, 4: PL 54, 154
37 Serm. 3, de natali ipsius, 4: PL 54, 147
38 Serm. 3, de natali ipsius, 3: PL 54, 146;
Serm. 83, in natali s. Petri Apost. , 3: PL 54 432
39 Ep. 30, ad Concil. Milev.: PL 20, 590
40 Ep. 13, ad Rufum episc. Thessaliae, 11 mart. 422:
C. Silva-Tarouca S.L, Epistolarum Romanorum Pontificum collect. Thessal., Romae 1937, p. 27
41 Ep. 14, ad Anastasium episc. Thessal. , 1: PL 54, 668