Redemptor hominis |
Il Concilio Vaticano II ha compiuto un lavoro immenso per formare quella piena ed universale coscienza della Chiesa, di cui scriveva Papa Paolo VI nella sua prima Enciclica.
Tale coscienza - o piuttosto autocoscienza della Chiesa - si forma « nel dialogo », il quale, prima di diventare colloquio, deve rivolgere la propria attenzione verso « l'altro », cioè verso colui col quale vogliamo parlare.
Il Concilio ecumenico ha dato un impulso fondamentale per formare l'autocoscienza della Chiesa, offrendoci, in modo tanto adeguato e competente, la visione dell'orbe terrestre come di una « mappa » di varie religioni.
Inoltre, esso ha dimostrato come su questa mappa delle religioni del mondo si sovrapponga a strati - prima non mai conosciuti e caratteristici del nostro tempo - il fenomeno dell'ateismo nelle sue varie forme, a cominciare dall'ateismo programmato, organizzato e strutturato in un sistema politico.
Quanto alla religione, si tratta, anzitutto, della religione come fenomeno universale, unito alla storia dell'uomo fin dall'inizio; poi, delle varie religioni non cristiane e, infine, dello stesso cristianesimo.
Il documento del Concilio dedicato alle religioni non cristiane è, in particolare, pieno di profonda stima per i grandi valori spirituali, anzi, per il primato di ciò che è spirituale e trova nella vita dell'umanità la sua espressione nella religione e, inoltre, nella moralità, con diretti riflessi su tutta la cultura.
Giustamente i Padri della Chiesa vedevano nelle diverse religioni quasi altrettanti riflessi di un'unica verità come « germi del Verbo »67, i quali testimoniano che, quantunque per diverse strade, è rivolta tuttavia in una unica direzione la più profonda aspirazione dello spirito umano, quale si esprime nella ricerca di Dio ed insieme nella ricerca, mediante la tensione verso Dio, della piena dimensione dell'umanità, ossia del pieno senso della vita umana.
Il Concilio ha dedicato una particolare attenzione alla religione giudaica, ricordando il grande patrimonio spirituale, comune ai cristiani e agli ebrei, ed ha espresso la sua stima verso i credenti dell'Islam, la cui fede si riferisce anche ad Abramo68.
Per l'apertura fatta dal Concilio Vaticano II, la Chiesa e tutti i cristiani hanno potuto raggiungere una coscienza più completa del mistero di Cristo, « mistero nascosto da secoli » ( Col 1,26 ) in Dio, per esser rivelato nel tempo: nell'uomo Gesù Cristo, e per rivelarsi continuamente, in ogni tempo.
In Cristo e per Cristo, Dio si è rivelato pienamente all'umanità e si è definitivamente avvicinato ad essa e, nello stesso tempo, in Cristo e per Cristo, l'uomo ha acquistato piena coscienza della sua dignità, della sua elevazione, del valore trascendente della propria umanità, del senso della sua esistenza.
Occorre, quindi, che noi tutti - quanti siamo seguaci di Cristo - ci incontriamo e ci uniamo intorno a Lui stesso.
Questa unione, nei diversi settori della vita, della tradizione, delle strutture e discipline delle singole Chiese o Comunità ecclesiali, non può attuarsi senza un valido lavoro, che tenda alla reciproca conoscenza ed alla rimozione degli ostacoli sulla strada di una perfetta unità.
Tuttavia, possiamo e dobbiamo già fin d'ora raggiungere e manifestare al mondo la nostra unità: nell'annunciare il mistero di Cristo, nel rivelare la dimensione divina e insieme umana della Redenzione, nel lottare con instancabile perseveranza per la dignità che ogni uomo ha raggiunto e può raggiungere continuamente in Cristo.
È questa la dignità della grazia dell'adozione divina ed insieme la dignità della verità interiore dell'umanità, la quale - se nella coscienza comune del mondo contemporaneo ha raggiunto un rilievo così fondamentale - ancora di più risulta per noi alla luce di quella realtà che è Lui: Gesù Cristo.
Gesù Cristo è stabile principio e centro permanente della missione, che Dio stesso ha affidata all'uomo.
A questa missione dobbiamo partecipare tutti, in essa dobbiamo concentrare tutte le nostre forze, essendo più che mai necessaria all'umanità del nostro tempo.
E se tale missione sembra incontrare nella nostra epoca opposizioni più grandi che in qualunque altro tempo, tale circostanza dimostra pure che essa è nella nostra epoca ancor più necessaria e - nonostante le opposizioni - è più attesa che mai.
Qui tocchiamo indirettamente quel mistero dell'economia divina, che ha unito la salvezza e la grazia con la croce.
Non invano Cristo disse che « il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono » ( Mt 11,12 ); ed inoltre che « i figli di questo mondo (…) sono più scaltri dei figli della luce » ( Lc 16,8 ).
Accettiamo volentieri questo rimprovero, per essere come quei « violenti di Dio » che abbiamo tante volte visto nella storia della Chiesa e che scorgiamo ancor oggi, per unirci consapevolmente nella grande missione, e cioè: rivelare Cristo al mondo, aiutare ciascun uomo perché ritrovi se stesso in Lui, aiutare le generazioni contemporanee dei nostri fratelli e sorelle, popoli, nazioni, stati, umanità, paesi non ancora sviluppati e paesi dell'opulenza, tutti insomma, a conoscere le « imperscrutabili ricchezze di Cristo » ( Ef 3,8 ), perché queste sono per ogni uomo e costituiscono il bene di ciascuno.
Indice |
67 | S. Giustino, I Apologia, 46,1-4; S. Giustino II Apologia 7 (8), 1-4; 10,1-3; 13,3-4 Clemente Alessandrino, Stromata I, 19,91.94; Ad gentes 11; Lumen gentium 17 |
68 | Nostra Aetate 3-4 |