Laborem exercens |
Poiché si sono compiuti, il 15 maggio dell'anno corrente, novant'anni dalla pubblicazione - ad opera del grande Pontefice della « questione sociale », Leone XIII - di quell'Enciclica di importanza decisiva, che inizia con le parole Rerum Novarum, desidero dedicare il presente documento proprio al lavoro umano, e ancora di più desidero dedicarlo all'uomo nel vasto contesto di questa realtà che è il lavoro.
Se, infatti, come mi sono espresso nell'Enciclica Redemptor Hominis, pubblicata all'inizio del mio servizio nella Sede romana di San Pietro, l'uomo « è la prima e fondamentale via della Chiesa »4, e ciò proprio in base all'inscrutabile mistero della Redenzione in Cristo, allora occorre ritornare incessantemente su questa via e proseguirla sempre di nuovo secondo i vari aspetti, nei quali essa ci svela tutta la ricchezza e al tempo stesso tutta la fatica dell'esistenza umana sulla terra.
Il lavoro è uno di questi aspetti, perenne e fondamentale, sempre attuale e tale da esigere costantemente una rinnovata attenzione e una decisa testimonianza.
Perché sorgono sempre nuovi interrogativi e problemi, nascono sempre nuove speranze, ma anche timori e minacce connesse con questa fondamentale dimensione dell'umano esistere, con la quale la vita dell'uomo è costruita ogni giorno, dalla quale essa attinge la propria specifica dignità, ma nella quale è contemporaneamente contenuta la costante misura dell'umana fatica, della sofferenza e anche del danno e dell'ingiustizia che penetrano profondamente la vita sociale, all'interno delle singole Nazioni e sul piano internazionale.
Se è vero che l'uomo si nutre col pane del lavoro delle sue mani ( Sal 127,2, e cioè non solo di quel pane quotidiano col quale si mantiene vivo il suo corpo, ma anche del pane della scienza e del progresso, della civiltà e della cultura, allora è pure una verità perenne che egli si nutre di questo pane col sudore del volto ( Gen 3,19 ), cioè non solo con lo sforzo e la fatica personali, ma anche in mezzo a tante tensioni, conflitti e crisi che, in rapporto con la realtà del lavoro, sconvolgono la vita delle singole società ed anche di tutta l'umanità.
Celebriamo il 90° anniversario dell'Enciclica Rerum Novarum alla vigilia di nuovi sviluppi nelle condizioni tecnologiche, economiche e politiche che, secondo molti esperti, influiranno sul mondo del lavoro e della produzione non meno di quanto fece la rivoluzione industriale del secolo scorso.
Molteplici sono i fattori di portata generale:
l'introduzione generalizzata dell'automazione in molti campi della produzione;
l'aumento del prezzo dell'energia e delle materie di base;
la crescente presa di coscienza della limitatezza del patrimonio naturale e del suo insopportabile inquinamento;
l'emergere sulla scena politica dei popoli che, dopo secoli di soggezione, richiedono il loro legittimo posto tra le nazioni e nelle decisioni internazionali.
Queste nuove condizioni ed esigenze richiederanno un riordinamento e un ridimensionamento delle strutture dell'economia odierna, nonché della distribuzione del lavoro.
Tali cambiamenti potranno forse significare, purtroppo, per milioni di lavoratori qualificati, la disoccupazione, almeno temporanea, o la necessità di un riaddestramento; comporteranno con molta probabilità una diminuzione o una crescita meno rapida del benessere materiale per i Paesi più sviluppati; ma potranno anche dare sollievo e speranza ai milioni di uomini che oggi vivono in condizioni di vergognosa e indegna miseria.
Non spetta alla Chiesa analizzare scientificamente le possibili conseguenze di tali cambiamenti sulla convivenza umana.
La Chiesa però ritiene suo compito di richiamare sempre la dignità e i diritti degli uomini del lavoro e di stigmatizzare le situazioni, in cui essi vengono violati, e di contribuire ad orientare questi cambiamenti perché si avveri un autentico progresso dell'uomo e della società.
Indice |
4 | Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptor Hominis, 14 |