Menti nostrae |
Secondo l'insegnamento del Divino Maestro, la perfezione della vita cristiana consiste nell'amore verso Dio e verso il prossimo ( Mt 22,37.38.39 ), amore che sia però veramente fervido, premuroso, attivo.
Se esso ha queste doti, può dirsi veramente che abbraccia tutte le virtù ( 1 Cor 13,4s ), ed a ragione può chiamarsi "vincolo di perfezione" ( Col 3,14 ).
In qualunque stato pertanto l'uomo si trovi, a questo fine deve dirigere le sue intenzioni e le sue azioni.
A questo dovere tuttavia è tenuto in modo particolare il Sacerdote.
Ogni sua azione sacerdotale infatti, per sua stessa natura - in quanto proprio a tal fine il Sacerdote è stato per divina vocazione chiamato, e destinato ad un divino officio ed insignito di un divino carisma - tende a questo; egli infatti deve prestare la sua cooperazione a Cristo, unico ed eterno Sacerdote; è necessario pertanto che segua ed imiti Colui il quale, durante la sua vita terrena, non ebbe altro scopo che dimostrare il suo ardentissimo amore verso il Padre e partecipare agli uomini gli infiniti tesori del suo Cuore.
Il primo impulso, dal quale deve esser mosso lo spirito sacerdotale, deve esser quello di unirsi strettamente al Divin Redentore, per accettare docilmente ed in tutta la loro integrità i divini insegnamenti, e per applicarli diligentemente in tutti i momenti della sua esistenza, di modo che la fede sia costantemente la luce della sua condotta e la sua condotta sia il riflesso della sua fede.
Seguendo la luce di questa virtù, egli terrà fisso lo sguardo in Cristo, ne seguirà gli insegnamenti e gli esempi, intimamente persuaso che non è sufficiente per lui limitarsi a compiere i doveri cui sono tenuti i semplici fedeli, ma deve tendere con sempre maggior lena a quella santità che esige la dignità sacerdotale, secondo l'avvertimento della Chiesa: "I chierici devono condurre vita più santa dei laici, ed essere a questi di esempio nella virtù e nel retto operare" .
La vita sacerdotale, come deriva da Cristo, così tutta e sempre deve dirigersi a lui.
Cristo è il Verbo di Dio, che non sdegnò di assumere la natura umana; che visse la sua vita terrena per compiere la volontà dell'Eterno Padre; che diffonde intorno a sé il profumo del giglio; che visse nella povertà; "che passò facendo del bene e sanando tutti" ( At 10,38 ); che infine si immolò ostia per la salvezza dei fratelli.
Ecco, diletti figli, la sintesi di quella mirabile vita; studiatevi di riprodurla in voi, memori dell'esortazione: "Vi ho dato l'esempio, affinché, come io ho fatto, così facciate anche voi" ( Gv 13,15 ).
L'inizio della perfezione cristiana è nell'umiltà.
"Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore" ( Mt 11,29 ).
Di fronte all'altezza della dignità alla quale siamo stati elevati con il Battesimo e l'Ordine Sacro, la consapevolezza della nostra miseria spirituale deve indurci a meditare la divina sentenza di Gesù Cristo: "Senza di me non potete far nulla" ( Gv 15,5 ).
Il Sacerdote non confidi nelle proprie forze, non si compiaccia delle proprie doti, non cerchi la stima e la lode degli uomini, non aspiri a posti elevati, ma imiti Cristo, il quale non venne "per essere servito, ma a servire" ( Mt 20,28 ); e rinneghi se stesso secondo l'insegnamento del Vangelo ( Mt 16,24 ), distaccando l'animo dalle cose terrene per seguire più speditamente il Divino Maestro.
Tutto ciò che egli ha, tutto ciò che è, viene dalla bontà e dalla potenza di Dio: se vuole dunque gloriarsi, ricordi le parole dell'Apostolo: "Quanto a me, di niente mi glorierò, se non delle mie debolezze" ( 2 Cor 12,5 ).
Lo spirito di umiltà, illuminato dalla fede, dispone l'anima alla immolazione della volontà attraverso l'obbedienza.
Cristo stesso, nella società da lui fondata, ha stabilito un'autorità legittima, che è una continuazione della sua.
Perciò, chi obbedisce ai Superiori, obbedisce allo stesso Redentore.
In un'età come la nostra, in cui il principio d'autorità è gravemente scosso, è assolutamente necessario che il Sacerdote, saldo nei principi della fede, consideri e accetti l'autorità non solo come baluardo dell'ordine sociale e religioso, ma anche come fondamento della sua stessa santificazione personale.
Mentre i nemici di Dio, con criminosa astuzia, si sforzano di sobillare e solleticare le smoderate bramosie di qualcuno, per indurlo ad erigersi contro la Santa Madre Chiesa, Noi desideriamo dare la dovuta lode e sostenere con paterno animo quella larga schiera di Ministri di Dio, che per dimostrare apertamente la loro cristiana obbedienza e conservare intatta la propria fedeltà a Gesù ed alla legittima autorità da lui stabilita, "sono stati trovati degni di soffrire contumelie per il nome di Cristo" ( At 5,41 ), e non solo contumelie, ma persecuzioni e carceri e morte.
Il Sacerdote ha come campo della propria attività tutto ciò che si riferisce alla vita soprannaturale, ed è organo di comunicazione e di incremento della stessa vita nel Corpo Mistico di Cristo.
Perciò è necessario che egli rinunci a "tutto ciò che è del mondo", per curare solamente ciò "che è del Signore" ( 1 Cor 7,32.33 ).
Ed è appunto perché egli deve essere libero dalle preoccupazioni del mondo per dedicarsi tutto al divino servizio, che la Chiesa ha stabilito la legge del celibato, affinché fosse sempre più manifesto a tutti che il Sacerdote è Ministro di Dio e padre delle anime.
Con la legge del celibato, il Sacerdote, piuttosto che perdere il dono e l'ufficio della paternità, lo accresce all'infinito, giacché se non genera una figliolanza a questa vita terrena e caduca, la genera a quella celeste ed eterna.
Quanto più rifulge la castità sacerdotale, tanto più il Sacerdote diventa insieme con Cristo "ostia pura, ostia santa, ostia immacolata" .
Per custodire integerrima, quale tesoro inestimabile, la purezza sacerdotale, è necessario attenersi fedelmente a quella esortazione del Principe degli Apostoli, che ogni giorno ripetiamo nel divino officio: "Siate sobrii, e vigilate" ( 1 Pt 5,8 ).
Sì, vigilate, diletti figli, poiché la castità sacerdotale è esposta a molti pericoli, sia per la dissolutezza dei costumi, sia per gli allettamenti del vizio che sono così frequenti ed insidiosi, sia infine per quella eccessiva libertà che s'introduce sempre più nei rapporti tra i due sessi e che tenta di penetrare anche nell'esercizio del sacro ministero.
"Vigilate e pregate" ( Mc 14,38 ), memori che le vostre mani toccano le cose più sante, e che voi siete consacrati a Dio ed a lui solo dovete servire.
L'abito stesso che portate vi ammonisce che non dovete vivere al mondo, ma a Dio.
Adoperatevi dunque con ardore e con alacrità, confidando nella protezione della Vergine Madre di Dio, per conservarvi sempre "nitidi, mondi, puri, casti, come si conviene a Ministri di Cristo ed a dispensatori dei misteri di Dio" .
A tal proposito vi rivolgiamo una particolare esortazione perché nel dirigere le associazioni ed i sodalizi femminili, vi mostriate come si addice a Sacerdoti; evitate ogni familiarità; quando è necessario che diate la vostra opera, datela come sacri Ministri.
Nel dirigere poi queste associazioni, la vostra parte si limiti a quanto richiesto dal sacro ministero.
Al distacco dalla vostra volontà e da voi stessi con la generosa obbedienza ai Superiori ed alla rinuncia ai piaceri terreni con la castità, dovete unire il distacco dell'animo dalle ricchezze e dalle cose terrene.
Vi esortiamo ardentemente, o fratelli, a non attaccarvi con l'affetto alle cose di questa terra, transitorie e periture.
Prendete ad esempio i grandi Santi degli antichi e nostri tempi, i quali, unendo il necessario distacco dai beni materiali ad una grandissima fiducia nella Provvidenza e ad un ardentissimo zelo sacerdotale, hanno compiuto opere mirabili, confidando unicamente in Dio, il quale non fa mai mancare il necessario.
Anche il Sacerdote, che non fa professione di povertà con particolare voto, deve essere sempre guidato dallo spirito e dall'amore di questa virtù; amore che deve dimostrare con la semplicità e la modestia del tenore di vita, dell'abitazione e nella generosità verso i poveri.
In modo particolarissimo poi aborrisca dall'immischiarsi in imprese economiche, imprese che gli impedirebbero di compiere i suoi doveri pastorali e gli diminuirebbero la dovuta considerazione dei fedeli.
Il Sacerdote, poiché deve attendere con ogni impegno a procurare la salvezza delle anime, deve sempre poter applicare a se stesso il detto di San Paolo: "Non cerco le cose vostre ma voi" ( 2 Cor 12,14 ).
Molto avremmo ancora da dire su tutte le virtù con le quali il Sacerdote deve riprodurre in se stesso, nel miglior modo possibile, l'esemplare divino che è Gesù Cristo.
Abbiamo tuttavia preferito fermare la vostra attenzione su ciò che Ci sembra più necessario ai nostri tempi.
Vi ricordiamo peraltro le parole dell'aureo libro dell'Imitazione di Cristo: "Il Sacerdote deve essere adorno di tutte le virtù, e dare agli altri esempio di retta vita.
La sua conversazione non sia secondo le volgari e comuni vie degli uomini, ma con gli Angeli e gli uomini perfetti" .
Nessuno ignora, diletti figli, come non sia possibile ad alcun cristiano, ed in special modo ai Sacerdoti, di imitare i mirabili esempi del Divino Maestro, senza l'aiuto della grazia, e senza l'uso di quegli strumenti della grazia che egli stesso ha messo a nostra disposizione: uso che è tanto più necessario, quanto più alto è il grado di perfezione che noi dobbiamo conseguire e quanto più gravi sono le difficoltà, che derivano dalla nostra natura incline al male.
Per questa ragione, giudichiamo opportuno passare alla considerazione di altre verità, quanto mai sublimi e consolanti, dalle quali ancor più chiaramente appare quanto profonda debba essere la santità sacerdotale e quanto efficaci siano gli aiuti datici dal Signore perché possiamo compiere in noi i disegni della divina misericordia.
Come tutta la vita del Salvatore fu ordinata al sacrificio di se stesso, così anche la vita del Sacerdote, che deve riprodurre in sé l'immagine di Cristo, deve essere con Lui, per Lui, ed in Lui, un accettevole sacrificio.
Difatti, l'offerta che il Signore fece sul Calvario, non fu soltanto l'immolazione del suo Corpo; Egli offrì se stesso, ostia di espiazione, come Capo dell'umanità, e perciò "mentre raccomanda il suo spirito nelle mani del Padre, raccomanda se stesso a Dio come uomo, per raccomandargli tutti gli uomini" .
La stessa cosa avviene nel Sacrificio Eucaristico, che è rinnovazione incruenta del sacrificio della Croce: Cristo offre se stesso al Padre per la sua gloria e per la nostra salute.
Ed in quanto egli, sacerdote e vittima, agisce come Capo della Chiesa, offre ed immola non soltanto se stesso, ma tutti i fedeli, ed in certo qual modo tutti gli uomini.
Ora, se questo vale per tutti i fedeli, a maggior titolo vale per i Sacerdoti, i quali sono Ministri di Cristo, principalmente per la celebrazione del Sacrificio Eucaristico.
Ed appunto nel Sacrificio Eucaristico, quando "in persona di Cristo", consacra il pane ed il vino che diventano Corpo e Sangue di Cristo, il Sacerdote può attingere dalla stessa sorgente della vita soprannaturale gli inesauribili tesori della salvezza e tutti quegli aiuti che sono necessari a lui personalmente ed al compimento della sua missione.
Il Sacerdote, mentre è a così stretto contatto dei divini misteri, non può non aver fame e sete di giustizia ( Mt 5,6 ), o non sentire lo stimolo ad adeguare la sua vita alla sua eccelsa dignità e ad orientarla verso il sacrificio, dovendo offrire ed immolare se stesso con Cristo.
Quindi egli non soltanto celebrerà la Santa Messa, ma la vivrà intimamente; così soltanto potrà attingere quella forza soprannaturale che lo trasformerà e lo farà partecipe della vita di sacrificio del Redentore.
San Paolo pone come principio fondamentale della perfezione cristiana il precetto: "Rivestitevi del Signore Nostro Gesù Cristo" ( Rm 13,14 ).
Questo precetto, se vale per tutti i cristiani, vale in modo speciale per i Sacerdoti.
Ma rivestirsi di Cristo non è soltanto ispirare il proprio pensiero alla sua dottrina, sibbene entrare in una nuova vita, la quale, per risplendere dei fulgori del Tabor, deve anche conformarsi alle sofferenze del Calvario.
Ciò comporta un lavoro lungo ed arduo che trasformi l'anima allo stato di vittima, perché partecipi intimamente al sacrificio di Cristo.
Questo arduo ed assiduo lavoro, non si compie con vane velleità, né si esaurisce in desideri e promesse, ma deve essere un esercizio indefesso e continuo, che porti al rinnovamento dello spirito; deve essere un esercizio di pietà, che riferisca tutto alla gloria di Dio; deve essere esercizio di penitenza, che freni e governi i moti dell'animo; deve essere atto di carità, che infiammi l'animo di amore verso Dio e verso il prossimo e stimoli ad opere di misericordia; deve essere infine volontà operosa di lotta e di fatica per fare tutto ciò che è bene.
Il Sacerdote deve dunque studiarsi di riprodurre nella sua anima tutto ciò che avviene sull'Altare.
Come Gesù Cristo immola se stesso, così il suo Ministro deve immolarsi con Lui; come Gesù espia i peccati degli uomini, così egli, seguendo l'arduo cammino dell'ascetica cristiana, deve pervenire alla propria ed altrui purificazione.
Così ammonisce San Pier Crisologo: "Sii sacrificio e Sacerdote di Dio; non perdere quel che ti diede la Divina Autorità.
Rivestiti della stola della santità; cingiti della cintura della castità; sia Cristo, velo sulla tua testa; stia la Croce a baluardo sulla tua fronte; apponi al tuo petto il sacramento della scienza divina; brucia sempre il profumo della orazione; afferra la spada dello spirito; fa' del tuo cuore come un altare ed offri così sicuro il tuo corpo vittima a Dio…
Offri la fede, in modo che sia punita la perfidia; immola il digiuno, perché cessi la voracità; offri in sacrificio la castità, perché muoia la libidine; poni sull'Altare la pietà, perché sia deposta l'empietà; invita la misericordia, perché sia distrutta l'avarizia; e perché scompaia la stoltezza, conviene immolare la santità: così il tuo corpo sarà la sua ostia, se non sarà ferito da alcun dardo del peccato" .
Vogliamo qui ripetere in modo particolare ai Sacerdoti quanto abbiamo già proposto alla meditazione di tutti i fedeli nella Enciclica Mediator Dei: "È ben vero che Gesù Cristo è Sacerdote, ma non per se stesso, bensì per noi, presentando all'eterno Padre i voti ed i religiosi sensi di tutto il genere umano; Gesù è vittima, ma per noi, sostituendosi all'uomo peccatore; ora il detto dell'Apostolo: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Gesù Cristo", esige da tutti i cristiani di riprodurre in sé, per quanto è in potere dell'uomo, lo stesso stato d'animo che aveva il Divin Redentore quando faceva il sacrificio di sé: l'umile sottomissione dello spirito cioè, l'adorazione, l'onore, la lode ed il ringraziamento alla somma Maestà di Dio; richiede inoltre di riprodurre in se stessi le condizioni della vittima; l'abnegazione di sé secondo i precetti del Vangelo, il volontario e spontaneo esercizio della penitenza, il dolore e l'espiazione dei propri peccati.
Esige, in una parola, la nostra mistica morte in croce col Cristo, in modo da poter dire con Paolo: "Sono confitto con Cristo in croce" " .
Sacerdoti e figli diletti, abbiamo nelle nostre mani un grande tesoro, una preziosissima margherita, le ricchezze inesauribili del Sangue di Gesù Cristo; avvaliamocene con la più grande larghezza per essere, con il sacrificio totale di noi stessi offerti al Padre con Gesù Cristo, i veri mediatori di giustizia "in quelle cose che riguardano Dio" ( Eb 5,1 ), e per meritare che le nostre preghiere siano accette ed impetrino grazie sovrabbondanti per tutta la Chiesa e per tutte le anime.
Solo dopo che saremo divenuti una sola cosa con Cristo mediante la sua e nostra oblazione, ed avremo elevata la nostra voce con il coro degli abitanti della celeste Gerusalemme, "illi canentes iungimur almae Sionis aemuli" , solo allora corroborati dalla virtù del Salvatore, potremo scendere sicuri dal monte della santità che avremo conseguita, per portare a tutti gli uomini la vita e la luce di Dio attraverso il ministero sacerdotale.
La santità perfetta richiede anche una continua comunicazione con Dio; e perché questo intimo contatto che l'anima sacerdotale deve stabilire con Dio non fosse mai interrotto nella successione dei giorni e delle ore, la Chiesa ha fatto obbligo al Sacerdote di recitare l'Ufficio Divino.
Essa ha in tal modo raccolto fedelmente il precetto del Signore: "Bisogna pregare sempre e non stancarsi" ( Lc 18,1 ).
La Chiesa, come non cessa mai di pregare, così desidera ardentemente che i suoi figli facciano lo stesso, ripetendo la parola dell'Apostolo: "Per Lui adunque offriamo sempre a Dio l'ostia di lode, cioè il frutto delle labbra, che confessino il suo nome" ( Eb 13,15 ).
Ai Sacerdoti essa ha commesso il compito particolare di consacrare a Dio, pregando anche a nome del popolo, tutto il tempo e tutte le circostanze.
Conformandosi a questa disposizione, il Sacerdote continua a fare nel corso dei secoli quello che fece Cristo, il quale "nei giorni della sua carne, avendo offerto preghiere e suppliche con grande grido… fu esaudito per la sua reverenza" ( Eb 5,7 ).
Questa preghiera ha una efficacia singolare, perché è fatta in nome di Cristo "per il Signor Nostro Gesù Cristo" il quale è nostro mediatore presso il Padre, ed a Lui presenta incessantemente la sua soddisfazione, i suoi meriti, ed il prezzo sommo del suo Sangue.
Essa è veramente la "voce di Cristo", il quale "prega per noi quale nostro Sacerdote, prega in noi quale nostro Capo" .
È parimenti sempre la "voce della Chiesa" che riassume i voti ed i desideri di tutti i fedeli, i quali, associati alla voce ed alla fede del Sacerdote, lodano Gesù Cristo e, per mezzo di Lui, ringraziano l'Eterno Padre e ne impetrano gli aiuti necessari nelle vicende di ogni giorno e di ogni ora.
In tal modo si ripete per mezzo dei Sacerdoti quel che Mosè fece sul Monte Sinai, quando, levate le braccia al Cielo, parlava a Dio e ne otteneva misericordia a favore del suo popolo, che penava nella valle sottostante.
L'Ufficio Divino è anche un mezzo quanto mai efficace di santificazione.
Non è infatti soltanto una recita di formule, né di cantici da eseguirsi con arte; non si tratta soltanto del rispetto di certe norme, dette rubriche, o di cerimonie esterne del culto: ma si tratta piuttosto dell'elevazione della mente e dell'anima a Dio perché si uniscano all'armonia degli spiriti beati; elevazione che suppone quelle disposizioni interiori ricordate al principio dell'Ufficio Divino: "degnamente, attentamente, devotamente".
È perciò necessario che il Sacerdote preghi con la stessa intenzione del Redentore.
È dunque quasi la stessa voce del Signore, il quale, tramite il suo Sacerdote, continua ad implorare dalla clemenza del Padre i benefici della Redenzione; è la voce del Signore, cui si associano le schiere degli Angeli e dei Santi in Cielo e dei fedeli tutti sulla terra, per glorificare debitamente Dio; è la voce stessa di Cristo nostro avvocato, attraverso la quale ci vengono ottenuti gli immensi tesori dei suoi meriti.
Meditate perciò attentamente quelle verità feconde che lo Spirito Santo ci elargisce nelle Sacre Scritture e che gli scritti dei Padri e dei Dottori commentano.
Mentre le vostre labbra ripetono le parole dettate dallo Spirito Santo, studiatevi di non perdere nulla di tanto tesoro e, affinché nella vostra anima sia viva l'eco della voce di Dio, allontanate con cura quanto può distrarvi e raccogliete i vostri pensieri, in modo da attendere più facilmente e con maggior frutto alla contemplazione delle verità eterne.
Nella Nostra Enciclica Mediator Dei, abbiamo diffusamente spiegato a quale scopo il ciclo liturgico rievochi e rappresenti ordinatamente, durante l'anno, i Misteri di Nostro Signor Gesù Cristo, e celebri le Feste della Beata Vergine e dei Santi.
Quegli insegnamenti, che abbiamo impartito a tutti perché a tutti utilissimi, devono essere meditati specialmente da voi, o Sacerdoti; voi, che con il Sacrificio Eucaristico e con il Divino Ufficio, avete una parte tanto importante nello svolgimento del ciclo liturgico.
Perché progrediscano sempre più speditamente nella via della santità, la Chiesa raccomanda vivamente ai Sacerdoti, oltre che la celebrazione del Sacrificio Eucaristico e la recita del Divino Ufficio, anche altri esercizi di pietà.
Intorno ad essi giova proporre qualche cosa alla vostra considerazione.
La Chiesa ci esorta innanzi tutto alla meditazione, la quale solleva l'anima alla contemplazione delle cose celesti, la guida verso Dio, e la fa vivere in quell'atmosfera soprannaturale di pensieri e di affetti che costituiscono la migliore preparazione ed il più fruttuoso ringraziamento alla Santa Messa.
La meditazione inoltre dispone l'anima a gustare e comprendere le bellezze della liturgia, e le fa contemplare le verità eterne ed i mirabili esempi ed insegnamenti del Vangelo.
Ora a questo il Sacerdote deve continuamente mirare per riprodurre in se stesso le virtù del Redentore.
Ma come il cibo materiale non alimenta la vita, non la sostenta, non la accresce, se non è convenientemente assimilato, così il Sacerdote non può acquistare il dominio di se stesso e dei suoi sensi, né purificare il suo spirito, né tendere - come deve - alla virtù, né, infine, compiere con alacre fedeltà e con frutto i doveri del suo sacro ministero, se non avrà approfondito, con meditazione assidua ed incessante, i misteri del Redentore Divino, modello supremo della vita sacerdotale e fonte inesauribile di santità.
Stimiamo pertanto essere grave Nostro obbligo di esortarvi alla pratica della meditazione quotidiana, pratica raccomandata al Clero anche dal Codice di Diritto Canonico.
Come infatti lo stimolo alla perfezione sacerdotale è alimentato e rinforzato dalla meditazione quotidiana, così dal trascurare e negligere questa pratica, trae origine la tiepidezza dello spirito, per cui la pietà diminuisce e langue, e non soltanto cessa od è ritardato l'impulso alla santificazione personale, ma tutto il ministero sacerdotale soffre non lievi danni.
Perciò si deve con fondamento asserire che nessun altro mezzo ha l'efficacia particolare della meditazione, e che la pratica quotidiana di essa è quindi insostituibile.
Dall'orazione mentale non sia poi disgiunta l'orazione vocale e le altre forme di preghiera privata che, nella particolare condizione di ciascuno, giovino ad attuare l'unione dell'anima con Dio.
Si deve però tener presente: più che le molteplici preghiere, vale la pietà ed il vero ed ardente spirito di orazione.
Questo ardente spirito di orazione, se mai in altri tempi, oggi specialmente è necessario, quando il così detto "naturalismo" ha invaso le menti e gli animi, e la virtù è esposta a pericoli di ogni genere, pericoli che talvolta s'incontrano nell'esercizio dello stesso ministero.
Che cosa vi potrà meglio premunire da queste insidie, che cosa potrà meglio elevare l'anima alle cose celesti e tenerla unita con Dio, che la assidua preghiera e la invocazione del divino aiuto?
E poiché i Sacerdoti possono essere chiamati a titolo tutto particolare figli di Maria, essi non potranno fare a meno di nutrire verso la Vergine un'ardente devozione, di invocarla con fiducia, di implorare con frequenza la sua valida protezione.
Ogni giorno perciò, come la Chiesa stessa raccomanda, reciteranno il Santo Rosario, che proponendo alla nostra meditazione anche i misteri del Redentore, ci conduce "a Gesù per mezzo di Maria".
Il Sacerdote poi, prima di chiudere la sua giornata di lavoro, si recherà presso il Tabernacolo ed ivi si tratterrà alquanto per adorare Gesù nel suo Sacramento di amore, per riparare alla ingratitudine di troppi verso così grande Sacramento, per accendersi sempre più dell'amore di Dio, e per rimanere in qualche modo anche durante il tempo del riposo notturno, che richiama alla mente il silenzio della morte, alla presenza del Cuore di Cristo.
Né ometta il quotidiano esame di coscienza, che è il mezzo più efficace sia per rendersi conto dell'andamento della vita spirituale durante il giorno, sia per rimuovere gli ostacoli che intralciano o ritardano il progresso nella virtù, sia infine per conoscere i mezzi più idonei ad assicurare al ministero sacerdotale maggiori frutti e per implorare dal Padre Celeste indulgenza sulle nostre miserie.
Questa indulgenza ed il perdono dei peccati ci sono concessi nel Sacramento della Penitenza, capolavoro della bontà di Dio, per soccorrerci nella nostra fragilità.
Non avvenga mai, diletti figli, che proprio il Ministro di questo Sacramento di riconciliazione si astenga da esso.
La Chiesa, come sapete, in questa materia dispone: "Vigilino gli Ordinari perché i chierici tutti detergano frequentemente le macchie della propria coscienza con il Sacramento della Penitenza" .
Benché Ministri di Cristo, siamo tuttavia deboli e miseri; come potremo dunque ascendere l'altare e trattare i sacri misteri, se non procureremo di purificarci il più spesso possibile?
Con la Confessione frequente "si accresce la retta conoscenza di se stesso, si sviluppa la cristiana umiltà, si sradica la perversità dei costumi; si resiste alla negligenza ed al torpore spirituale, si purifica la coscienza, si rinvigorisce la volontà, si procura la salutare direzione delle coscienze e si aumenta la grazia in forza dello stesso sacramento" .
E qui viene opportuna anche un'altra raccomandazione: che nell'affrontare e procedere nella vita spirituale non vi fidiate di voi stessi, ma con semplicità e docilità chiediate ed accettiate l'aiuto di chi con sapiente moderazione può guidare l'anima vostra, indicarvi i pericoli, suggerirvi i rimedi idonei, ed in tutte le difficoltà interne ed esterne vi può dirigere rettamente ed avviarvi a perfezione sempre maggiore, secondo l'esempio dei Santi e gli insegnamenti dell'ascetica cristiana.
Senza questa prudente guida della coscienza, in via ordinaria è assai difficile assecondare convenientemente gli impulsi dello Spirito Santo e delle grazie divine.
Desideriamo ardentemente infine raccomandare a tutti la pratica degli esercizi spirituali.
Quando noi ci segreghiamo per alcuni giorni dalle consuete occupazioni e dall'ambiente abituale e ci ritiriamo nella solitudine e nel silenzio, allora più attentamente prestiamo orecchio alla voce di Dio, e questa penetra più profondamente nell'animo nostro.
Gli Esercizi, mentre ci richiamano ad un più diligente compimento dei doveri del nostro ministero, con la contemplazione dei Misteri del Redentore rafforzano la nostra volontà affinché "serviamo a Lui in santità e giustizia in tutti i nostri giorni" ( Lc 1,74-75 ).
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