Giovedì, 12 marzo 2015
Nessun compromesso: o ci lasciamo amare « dalla misericordia di Dio » o scegliamo la via « dell'ipocrisia » e facciamo quello che vogliamo lasciando che il nostro cuore « si indurisca » sempre più.
È la storia del rapporto tra Dio e l'uomo, dai tempi di Abele ai giorni nostri, al centro della riflessione proposta da Papa Francesco durante la messa a Santa Marta di giovedì 12 marzo.
Il Pontefice è partito dalla preghiera del salmo responsoriale - « Non indurite il vostro cuore » - e si è chiesto: « Perché accade questo? ».
Per comprenderlo ha fatto riferimento anzitutto alla prima lettura tratta dal libro del profeta Geremia ( Ger 7,23-28 ) dove è, per così dire, sintetizzata la « storia di Dio ».
Ma come, ci si potrebbe chiedere, « Dio ha una storia? ».
Come è possibile visto che « Dio è eterno »?
È vero, ha spiegato Francesco, « ma dal momento che Dio è entrato in dialogo con il suo popolo, è entrato nella storia ».
E quella di Dio con il suo popolo « è una storia triste » perché « Dio ha dato tutto » e in cambio « soltanto ha ricevuto cose brutte ».
Il Signore aveva detto: « Ascoltate la mia voce: io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo.
Camminate sempre sulla strada che vi prescriverò e così sarete felici ».
Quella era la « strada » per la felicità.
« Ma essi non ascoltarono, né prestarono orecchio » e anzi: « procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio »: non volevano, cioè, « ascoltare la Parola di Dio ».
Questa scelta, ha spiegato il Papa, ha caratterizzato tutta la storia del popolo di Dio: « pensiamo all'assassinio, alla morte di Abele, ucciso da suo fratello, cuore malvagio di invidia ».
Nonostante però il popolo abbia continuamente « voltato le spalle » al Signore, egli afferma: « Io non mi sono stancato ».
E invia « con assidua premura » i profeti.
Ancora, però, gli uomini non hanno ascoltato.
Anzi, si legge nella Scrittura, « hanno reso dura la loro cervice divenendo peggiori dei loro padri ».
E così « la situazione del popolo di Dio è peggiorata, nelle generazioni ».
Il Signore dice a Geremia: « Di' tutte queste cose, ma non ti ascolteranno, non ti risponderanno.
E tu dirai: questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, né accetta la correzione ».
E poi, ha sottolineato il Papa, aggiunge una parola « terribile: "La fedeltà è sparita.
Voi non siete un popolo fedele" ».
Qui, ha commentato Francesco, sembra che Dio pianga: « Ti ho amato tanto, ti ho dato tanto e tu … tutto contro di me ».
Un pianto che ricorda quello di Gesù « guardando Gerusalemme ».
Del resto, ha spiegato il Pontefice, « nel cuore di Gesù c'era tutta questa storia, dove la fedeltà era sparita ».
Una storia di infedeltà che riguarda « la nostra storia personale », perché « noi facciamo la nostra volontà.
Ma facendo questo, nel cammino della vita seguiamo una strada di indurimento: il cuore si indurisce, si pietrifica.
La parola del Signore non entra.
Il popolo si allontana ».
Per questo, ha detto il Papa, « oggi, in questo giorno quaresimale, possiamo domandarci: Io ascolto la voce del Signore, o faccio quello che io voglio, quello che a me piace? ».
Il consiglio del salmo responsoriale - « Non indurite il vostro cuore » - si ritrova « tante volte nella Bibbia » dove, per spiegare l'« infedeltà del popolo », si usa spesso « la figura dell'adultera ».
Francesco ha ricordato, ad esempio, il brano famoso di Ezechiele 16: « Tutta una storia di adulterio, è la tua.
Tu, popolo, non sei stato fedele a me, sei un popolo adultero ».
O anche le tante volte in cui Gesù « rimprovera questo cuore indurito ai discepoli », come fece con quelli di Emmaus: « O stolti e duri di cuore! ».
Il cuore malvagio - ha spiegato il Pontefice ricordando che « tutti ne abbiamo un pezzettino » - « non ci lascia capire l'amore di Dio.
Noi vogliamo essere liberi », ma « con una libertà che alla fine ci fa schiavi, e non con quella libertà dell'amore che ci offre il Signore ».
Questo, ha sottolineato il Papa, succede anche alle « istituzioni »: ad esempio « Gesù guarisce una persona, ma il cuore di questi dottori della legge, di questi sacerdoti, di questo sistema legale era tanto duro, sempre cercavano scuse ».
E così gli dicono: « Ma tu cacci i demoni in nome del demonio.
Tu sei uno stregone demoniaco ».
Sono cioè dei legalisti « che credono che la vita della fede sia regolata soltanto dalle leggi che fanno loro ».
Per loro « Gesù usa quella parola: ipocriti, sepolcri imbiancati, tanto belli al di fuori ma dentro pieni di putredine e di ipocrisia ».
Purtroppo, ha detto Francesco, lo stesso « è accaduto nella storia della Chiesa ».
Pensiamo « alla povera Giovanna d'Arco: oggi è santa!
Poverina: questi dottori l'hanno bruciata viva, perché dicevano che era eretica ».
O ancora più vicino nel tempo, pensiamo « al beato Rosmini: tutti i suoi libri all'indice.
Non si potevano leggere, era peccato leggerli.
Oggi è beato ».
A tale riguardo il Pontefice ha sottolineato che come « nella storia di Dio con il suo popolo, il Signore mandava, per dirgli che amava il suo popolo, i profeti ».
E «nella Chiesa, il Signore manda i santi ».
Sono loro « che portano avanti la vita della Chiesa: sono i santi.
Non sono i potenti, non sono gli ipocriti ».
Sono « l'uomo santo, la donna santa, il bambino, il ragazzo santo, il prete santo, la suora santa, il vescovo santo … »: quelli cioè « che non hanno il cuore indurito », ma « sempre aperto alla parola d'amore del Signore », quelli che « non hanno paura di lasciarsi accarezzare dalla misericordia di Dio.
Per questo i santi sono uomini e donne che capiscono tante miserie, tante miserie umane, e accompagnano il popolo da vicino.
Non disprezzano il popolo ».
Con questo popolo che « ha perso la fedeltà » il Signore è chiaro: « Chi non è con me, è contro di me ».
Qualcuno potrebbe chiedere: « Ma non ci sarà una via di compromesso, un po' di qua e un po' di là? »
No, ha detto il Pontefice, « o tu sei sulla via dell'amore, o tu sei sulla via dell'ipocrisia.
O tu ti lasci amare dalla misericordia di Dio, o tu fai quello che tu vuoi, secondo il tuo cuore che si indurisce di più, ogni volta, su questa strada ».
Non c'è, ha ribadito, « una terza via di compromesso: o sei santo, o vai per l'altra via ».
E chi « non raccoglie » con il Signore, non solo « lascia le cose », ma « peggio: disperde, rovina.
È un corruttore.
È un corrotto, che corrompe ».
Per questa infedeltà « Gesù pianse su Gerusalemme » e « su ognuno di noi ».
Nel capitolo 23 di Matteo, ha ricordato in conclusione il Papa, si legge una maledizione « terribile » contro i « dirigenti che hanno il cuore indurito e vogliono indurire il cuore del popolo ».
Dice Gesù: « Verrà su di loro il sangue di tutti gli innocenti, incominciando da quello di Abele.
Saranno i colpevoli di tanto sangue innocente, versato dalla loro malvagità, dalla loro ipocrisia, dal loro cuore corrotto, indurito, pietrificato ».