Giovedì, 14 dicembre 2017
Proprio come una madre e come un padre, che si fa chiamare teneramente con un vezzeggiativo, Dio è lì a cantare all'uomo la ninna nanna, magari facendo la voce da bambino per essere sicuro di essere compreso e senza timore di rendersi persino « ridicolo », perché il segreto del suo amore è « il grande che si fa piccolo ».
Questa testimonianza di paternità - di un Dio che chiede a ciascuno di mostrargli le sue piaghe per poterle guarire, proprio come fa il papà con il figlio - è stata rilanciata da Papa Francesco nella messa celebrata giovedì 14 dicembre a Santa Marta.
Prendendo spunto dalla prima lettura, tratta « dal libro della consolazione di Israele del profeta Isaia » ( Is 41,13-20 ), il Pontefice ha subito fatto notare come essa sottolinei « un tratto del nostro Dio, un tratto che è la definizione propria di lui: la tenerezza ».
Del resto, ha aggiunto, « lo abbiamo detto » anche nel salmo 145,9: « La sua tenerezza si espande su tutte le creature ».
« Questo passo di Isaia - ha spiegato - incomincia con la presentazione di Dio: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti tengo per la destra e ti dico: Non temere, io ti vengo in aiuto" ».
Ma « una delle prime cose che colpisce di questo testo » è come Dio « te lo dice »: « Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva d'Israele ».
In sostanza, ha affermato il Papa, Dio « parla come il papà al bambino ».
E infatti, ha fatto presente, « quando il papà vuol parlare al bambino, rimpiccolisce la voce e, anche, cerca di farla più simile a quella del bambino ».
Di più, « quando il papà parla con il bambino sembra fare il ridicolo, perché si fa bambino: e questa è la tenerezza ».
Perciò, ha proseguito il Pontefice, « Dio ci parla così, ci carezza così: "Non temere, vermiciattolo, larva, piccolo" ».
A tal punto che « sembra che il nostro Dio voglia cantarci la ninna nanna ».
E, ha assicurato, « il nostro Dio è capace di questo, la sua tenerezza è così: è padre e madre ».
Del resto, ha affermato Francesco, « tante volte ha detto: "Se una mamma si dimentica del figlio, io non ti dimenticherò".
Ci porta nelle sue proprie viscere ».
Dunque « è il Dio che con questo dialogo si fa piccolo per farci capire, per fare che noi abbiamo fiducia in lui e possiamo dirgli con il coraggio di Paolo che cambia la parola e dice: "Papà, abbà, papà ».
E questa è la tenerezza di Dio ».
Siamo davanti, ha spiegato il Papa, a « uno dei misteri più grandi, è una delle cose più belle: il nostro Dio ha questa tenerezza che ci avvicina e ci salva con questa tenerezza ».
Certo, ha proseguito, « ci castiga delle volte, ma ci carezza ».
È sempre « la tenerezza di Dio ».
E « lui è il grande: "Non temere, io vengo in tuo aiuto, tuo redentore è il santo d'Israele" ».
E così « è il Dio grande che si fa piccolo e nella sua piccolezza non smette di essere grande e in questa dialettica grande è piccolo: c'è la tenerezza di Dio, il grande che si fa piccolo e il piccolo che è grande ».
« Il Natale ci aiuta a capire questo: in quella mangiatoia il Dio piccolo », ha ribadito Francesco, confidando: « Mi viene in mente una frase di san Tommaso, nella prima parte della Somma.
Volendo spiegare questo "cosa è divino? cosa è la cosa più divina?" dice: Non coerceri a maximo contineri tamen a minimo divinum est ».
Ovvero: ciò che è divino è l'avere ideali che non sono limitati neppure da ciò che vi è di più grande, ma ideali che siano allo stesso tempo contenuti e vissuti nelle cose più piccole della vita.
In sostanza, ha spiegato il Pontefice, è un invito a « non spaventarsi delle cose grandi, ma tenere conto delle cose piccole: questo è divino, tutti e due insieme ».
E questa frase i gesuiti la conoscono bene perché « è stata presa per fare una delle lapidi di sant'Ignazio, come per descrivere anche quella forza di sant'Ignazio e anche la sua tenerezza ».
« È Dio grande che ha la forza di tutto - ha affermato il Papa riferendosi ancora al passo di Isaia - ma si rimpiccolisce per farci vicino e lì ci aiuta, ci promette delle cose: "Ecco, ti rendo come una trebbia; tu trebbierai, trebbierai tutto.
Tu gioirai nel Signore, ti vanterai del santo d'Israele" ».
Queste sono « tutte le promesse per aiutarci ad andare avanti: "Il Signore di Israele non ti abbandonerà. Io sono con te" ».
« Ma quanto è bello - ha esclamato Francesco - fare questa contemplazione della tenerezza di Dio!
Quando noi vogliamo pensare soltanto nel Dio grande, ma dimentichiamo il mistero dell'incarnazione, quell'accondiscendenza di Dio fra noi, venire incontro: il Dio che non solo è padre ma è papà ».
A questo proposito il Papa ha suggerito alcune linee di riflessione per un esame di coscienza: « Io sono capace di parlare con il Signore così o ho paura?
Ognuno risponda.
Ma qualcuno può dire, può domandare: ma qual è il luogo teologico della tenerezza di Dio?
Dove si può trovare bene la tenerezza di Dio?
Qual è il posto dove si manifesta meglio la tenerezza di Dio? ».
La risposta, ha fatto presente Francesco, è « la piaga: le mie piaghe, le tue piaghe, quando s'incontra la mia piaga con la sua piaga.
Nelle loro piaghe siamo stati guariti ».
« Mi piace pensare - ha confidato ancora il Pontefice riproponendo i contenuti della parabola del buon samaritano - cos'è successo a quel povero uomo che era caduto nelle mani dei briganti nel cammino da Gerusalemme verso Gerico, a cosa è accaduto quando lui riprese la coscienza e si trova sul letto.
Domandò sicuramente all'ospedaliere: "cosa è successo?", Lui povero uomo lo ha raccontato: "Sei stato bastonato, hai perso la coscienza"
- "Ma perché sono qui?"
- "Perché è venuto uno che ha pulito le tue piaghe.
Ti ha guarito, ti ha portato qui, ha pagato la pensione e ha detto che tornerà per aggiustare i conti se c'è da pagare qualcosa di più" ».
Proprio « questo è il luogo teologico della tenerezza di Dio: le nostre piaghe » ha affermato il Papa.
E, dunque, « cosa ci chiede il Signore?
Ma vai, dai, dai: fammi vedere la tua piaga, fammi vedere le tue piaghe.
Io voglio toccarle, Io voglio guarirle" ».
Ed è « lì, nell'incontro della piaga nostra con la piaga del Signore che è il prezzo della nostra salvezza, lì c'è la tenerezza di Dio ».
In conclusione, Francesco ha suggerito di pensare a tutto questo « oggi, durante la giornata, e cerchiamo di sentire questo invito del Signore: "Dai, dai: fammi vedere le tue piaghe. Io voglio guarirle" ».