Giornata Missionaria mondiale 1987
Carissimi fratelli e sorelle!
« Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato, perché proclami le opere meravigliose di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce » ( 1 Pt 2,9 ).
Di questo popolo privilegiato, descritto dal principe degli apostoli, sono membri a tutti gli effetti i laici, dei quali si occuperà l'assemblea generale del Sinodo dei Vescovi nel prossimo ottobre, proprio nel mese in cui la Chiesa è impegnata nella preghiera, nella riflessione e nell'aiuto alle sue missioni nel mondo.
In vista di tale felice coincidenza, desidero dedicare il presente messaggio a quella porzione vasta ed eletta del Popolo di Dio, i fedeli laici - uomini e donne di ogni età e condizione - al fine di ravvivare in loro la coscienza di essere componenti di un popolo che è per sua natura missionario.
La Chiesa, infatti, « esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio … », come affermai nel 1982, ricordando Papa Paolo VI e citando le sue stesse parole ( Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 14; cfr. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 3 [1982] 569 ).
L'evangelizzazione e la missione, dunque, non sono qualcosa di facoltativo o di supplementare e marginale: la Chiesa è nata missionaria e l'evangelizzare è per lei legge di vita ( cfr. Ad Gentes, 2-5 ).
Partendo da questa premessa irrinunciabile, sorge una domanda: a chi spetta, in concreto, assumere la missione?
Il Concilio Vaticano II risponde così: « Tutti i fedeli, come membra del Cristo vivente …, hanno lo stretto obbligo di cooperare all'espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza.
Pertanto, tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo » ( Ad Gentes, 36 ).
L'evangelizzazione non è riservata alla sola gerarchia, ma « ad ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di diffondere, secondo quanto gli spetta, la fede » ( Lumen Gentium, 17 ).
E la radice di questo dovere è nel primo dei sacramenti della fede.
Così tutti i cristiani laici, proprio in virtù del battesimo, sono chiamati dal Signore ad un effettivo apostolato: « La vocazione cristiana è per sua natura anche vocazione all'apostolato » ( Apostolicam Actuositatem, 2 ).
È vocazione che si fonda sulla stessa grazia battesimale: incorporati a Cristo mediante il battesimo, i cristiani diventano partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo.
La cresima li fortifica con la virtù dello Spirito Santo, mentre l'Eucaristia comunica e alimenta in loro quella carità verso Dio e gli uomini, ch'è l'anima di tutto l'apostolato ( cfr. Lumen Gentium, 33; Apostolicam Actuositatem, 3 ).
Di qui scaturisce l'invito che rinnovo a tutti i laici, perché, riscoprendo la loro originaria dignità di discepoli del Signore, approfondiscano il senso della responsabilità apostolica e diano un generoso contributo all'opera di evangelizzazione.
Ma, se tutti nella Chiesa sono responsabili della missione, se tutti ne sono ad un tempo « soggetti » e « destinatari », ciò non avviene allo stesso titolo e allo stesso modo, ma secondo la peculiarità della posizione e funzione all'interno della Chiesa stessa, come anche del ministero e carisma ricevuti.
Diversi sono i doni di Dio, ma sempre abbondanti, non esclusivi, ma complementari, tutti finalizzati all'unica comunione e missione.
E noi siamo chiamati a discernerli e a valorizzarli con saggezza evangelica secondo le esigenze oggettive e le emergenze stesse che si possono presentare ai nostri giorni.
In prossimità del Sinodo dei Vescovi, volentieri io incoraggio i laici, soprattutto i giovani, a riconoscere la realtà di questi doni divini e ad assumersi con personale responsabilità il compito della evangelizzazione mediante la parola, la testimonianza, la seminagione di quella sapienza e di quella speranza, alle quali l'umanità anela, spesso inconsapevolmente.
Le vocazioni laicali, chiamate a dare uno specifico contributo alla comunità ecclesiale, costituiscono ancor oggi in mezzo al Popolo di Dio una espressione forte e significativa della donazione missionaria.
Oggi, più che in passato, cresce il bisogno di persone che si consacrino totalmente all'attività missionaria: « Difatti sono insigniti di una vocazione speciale coloro che, forniti di naturale attitudine e capaci per qualità ed ingegno, si sentono pronti a intraprendere l'attività missionaria, siano essi autoctoni o forestieri: si tratta di sacerdoti, religiosi e laici » ( Ad Gentes, 23 e cfr. n. 6 ).
Sì, oggi la Chiesa ha bisogno di laici maturi che siano discepoli e testimoni di Cristo, costruttori di comunità cristiane, trasformatori del mondo secondo i valori del Vangelo.
A tutti i laici, già inseriti nell'azione missionaria della Chiesa, desidero rivolgere il mio ringraziamento ed incoraggiamento, confermando ciascuno di loro nel rispettivo lavoro.
A questo proposito vorrei, anzitutto, ricordare la schiera tanto benemerita dei catechisti - uomini e donne -, i quali danno un contributo insostituibile alla propagazione della fede, e sono chiamati a svolgere nel nostro tempo un compito della massima importanza ( cfr. Ad Gentes, 17; Ioannis Pauli PP. II, Catechesi Tradendae, 66 ).
Come negare che, senza questi operatori specializzati in terra di missione, tante Chiese, ora fiorenti, non sarebbero state edificate?
Essi sono stati e sono testimoni diretti della fede, talvolta anche i primi, in senso cronologico, nel portarne l'annuncio divenendo così attivi collaboratori nella missione di stabilire, sviluppare ed incrementare la vita cristiana.
Il loro servizio si innesta nella struttura portante dell'evangelizzazione, per cui la Chiesa non potrà mai farne a meno.
Ancora una volta io auspico che il loro numero e la loro qualità si accrescano sempre più per un'opera tanto necessaria, confidando che essi trovino sempre la benevolenza e l'aiuto di cui hanno bisogno.
Anch'essi, evidentemente, hanno diritto ad un congruo sostentamento e, se non possono esser mantenuti dalle loro comunità troppo povere, dovrà a loro provvedere la solidarietà degli altri cristiani.
Ricordo, poi, un'altra forma di impegno laicaile missionario, su cui la Chiesa, oggi soprattutto, fa molto assegnamento: quella del volontariato laico.
È una formula valida che porta un notevole contributo alla missione della Chiesa, facilitandone il cammino di evangelizzazione: un servizio di cristiani laici, che si impegnano ad offrire alcuni anni della loro vita per cooperare in maniera diretta alla crescita dei paesi in via di sviluppo.
Così, accanto all'opera di promozione umana che svolgono insieme con altre forze sociali, essi, come cristiani, cercano di non far mancare ai fratelli quella pienezza di sviluppo religioso e morale che si ha soltanto quando ci si apre totalmente alla grazia di Dio.
Spinti dalla fede e dalla carità evangelica, essi diventano testimoni di amore e di servizio per l'uomo nella sua totalità di essere corporeo e spirituale.
Anche a questo riguardo, mi auguro che, in occasione del Sinodo, molte Chiese particolari riscoprano tale forma di cooperazione missionaria e si sentano impegnate a discernere ed a favorire queste vocazioni laicali che molti saranno lieti di abbracciare, disponibili ad inserirsi attivamente in altre comunità di fratelli.
Alla base di queste vocazioni dovrà essere sempre un impegno equilibrato ed armonico, che non disancora mai lo sviluppo socio-culturale dalla professione della fede religiosa.
Per un servizio che si presenta difficile ed esigente, si richiedono scelte prudenti, adeguata preparazione, competenza professionale e, soprattutto, personalità matura.
Lo Spirito, che guida la Chiesa a tutta intera la verità ( cfr. Gv 16,13 ), la unifica nella comunione e nel ministero, la arricchisce dei suoi doni, la abbellisce dei suoi frutti, « distribuendo tra i fedeli di ogni ordine, grazie anche speciali, con le quali li rende atti e pronti ad assumersi varie opere ed uffici » ( Lumen Gentium, 12 ).
Ora, tutti siamo chiamati a riconoscere e ad accogliere con favore queste grazie speciali, che sono dispensate anche tra i laici in vista della loro auspicata presenza in campo missionario.
Soprattutto le Chiese giovani sono invitate ad aprirsi e a valorizzare con fiducia tali ricchezze spirituali per quegli uffici ed opere che si rivelino « utili al rinnovamento ed alla maggiore espansione della Chiesa » ( Lumen Gentium, 12 ).
Occorre, dunque, considerare e sostenere molteplici forme di partecipazione dei laici alla vita liturgica delle comunità cristiane, ai loro programmi e consigli pastorali, alla pratica della carità e alla presenza cristiana nel mondo culturale, sociale, economico.
Desidero incoraggiare anche una più larga ed attiva partecipazione del laicato femminile nell'assunzione di quei servizi, che l'immenso campo della missione attende dalla loro generosità e dal loro specifico apporto.
È auspicabile che questo laicato si dedichi sia alle occupazioni tradizionali ( ospedali, scuole, assistenza ), sia ad un'evangelizzazione diretta, come la formazione del nucleo familiare, il dialogo con i non credenti o non praticanti, la promozione della cultura cattolica, oltre ad una costante presenza nel campo della preghiera e della liturgia.
In questo giorno di Pentecoste la Chiesa, dinanzi all'urgenza della missione, si sente spinta ad aprirsi con rinnovata energia al soffio potente e all'amore vivificante dello Spirito che santifica il Popolo di Dio e lo guida e lo adorna di virtù, perché metta a frutto i carismi dell'identità cristiana.
Intendo affidare un mandato speciale alle Pontificie Opere Missionarie che, per origine, costituzione e finalità, si caratterizzano come strumenti specifici dell'universalismo missionario, affinché con la loro capillare azione animatrice tengano desta nel Popolo di Dio, soprattutto tra i laici, la coscienza missionaria e allo stesso tempo evidenzino la vocazione particolare di coloro che hanno ricevuto tale missione.
Ad esse spetta il compito di suscitare l'interesse e la partecipazione di tutti i fedeli sia sul piano spirituale che materiale in favore delle missioni, oltre che incoraggiare le vocazioni missionarie dei giovani.
In un mondo insidiato da vuote prospettive e da molte incertezze, non ci si stanchi mai di suscitare e promuovere tra i laici i nobili ideali della missione, in modo che molti rispondano all'invito del Signore: « Eccomi, manda me! » ( Is 6,8 ).
Debbo ancora ricordare - ed è un'altra felice coincidenza - la celebrazione dell'Anno Mariano.
È naturale, facile e consolante che tutti i figli e le figlie della Chiesa guardino a colei che nella missione stessa della Chiesa è presente fin dall'inizio ( cfr. Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris Mater, 28 ).
Se il cammino di questa Chiesa, ormai al termine del secondo millennio cristiano, implica un rinnovato, generoso impegno nella sua missione, sarà ancora e sempre necessario procedere con Maria.
Seguendo Cristo, la Chiesa cerca con immutata fedeltà di compiere oggi la sua stessa missione in seno alla storia degli uomini e dei popoli: nel quadro di questa collaborazione con l'opera del Figlio redentore, essa si stringe attorno a Maria, nell'attesa di una nuova Pentecoste ( cfr. At 1,14 ).
A Maria, pertanto, che precede nella fede la Chiesa, tutti i cristiani debbono guardare per comprendere e attuare il senso della propria missione: cooperare all'opera della salvezza compiuta da Cristo fino alla sua conclusione definitiva nel regno dei cieli.
Con la mia Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, il 7 giugno, Solennità di Pentecoste, dell'anno 1987, nono di Pontificato.