LII giornata mondiale per le vocazioni
29 marzo 2015
Cari fratelli e sorelle!
La quarta Domenica di Pasqua ci presenta l'icona del Buon Pastore che conosce le sue pecore, le chiama, le nutre e le conduce.
In questa Domenica, da oltre 50 anni, viviamo la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.
Ogni volta essa ci richiama l'importanza di pregare perché, come disse Gesù ai suoi discepoli, « il signore della messe … mandi operai nella sua messe » ( Lc 10,2 ).
Gesù esprime questo comando nel contesto di un invio missionario: ha chiamato, oltre ai dodici apostoli, altri settantadue discepoli e li invia a due a due per la missione ( Lc 10,1-16 ).
In effetti, se la Chiesa « è per sua natura missionaria » ( Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2 ), la vocazione cristiana non può che nascere all'interno di un'esperienza di missione.
Così, ascoltare e seguire la voce di Cristo Buon Pastore, lasciandosi attrarre e condurre da Lui e consacrando a Lui la propria vita, significa permettere che lo Spirito Santo ci introduca in questo dinamismo missionario, suscitando in noi il desiderio e il coraggio gioioso di offrire la nostra vita e di spenderla per la causa del Regno di Dio.
L'offerta della propria vita in questo atteggiamento missionario è possibile solo se siamo capaci di uscire da noi stessi.
Perciò, in questa 52ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, vorrei riflettere proprio su quel particolare "esodo" che è la vocazione, o, meglio, la nostra risposta alla vocazione che Dio ci dona.
Quando sentiamo la parola "esodo", il nostro pensiero va subito agli inizi della meravigliosa storia d'amore tra Dio e il popolo dei suoi figli, una storia che passa attraverso i giorni drammatici della schiavitù in Egitto, la chiamata di Mosè, la liberazione e il cammino verso la terra promessa.
Il libro dell'Esodo – il secondo libro della Bibbia –, che narra questa storia, rappresenta una parabola di tutta la storia della salvezza, e anche della dinamica fondamentale della fede cristiana.
Infatti, passare dalla schiavitù dell'uomo vecchio alla vita nuova in Cristo è l'opera redentrice che avviene in noi per mezzo della fede ( Ef 4,22-24 ).
Questo passaggio è un vero e proprio "esodo", è il cammino dell'anima cristiana e della Chiesa intera, l'orientamento decisivo dell'esistenza rivolta al Padre.
Alla radice di ogni vocazione cristiana c'è questo movimento fondamentale dell'esperienza di fede: credere vuol dire lasciare sé stessi, uscire dalla comodità e rigidità del proprio io per centrare la nostra vita in Gesù Cristo; abbandonare come Abramo la propria terra mettendosi in cammino con fiducia, sapendo che Dio indicherà la strada verso la nuova terra.
Questa "uscita" non è da intendersi come un disprezzo della propria vita, del proprio sentire, della propria umanità; al contrario, chi si mette in cammino alla sequela del Cristo trova la vita in abbondanza, mettendo tutto sé stesso a disposizione di Dio e del suo Regno.
Dice Gesù: « Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna » ( Mt 19,29 ).
Tutto ciò ha la sua radice profonda nell'amore.
Infatti, la vocazione cristiana è anzitutto una chiamata d'amore che attrae e rimanda oltre sé stessi, decentra la persona, innesca « un esodo permanente dall'io chiuso in sé stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio » ( Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus Caritas est, 6 ).
L'esperienza dell'esodo è paradigma della vita cristiana, in particolare di chi abbraccia una vocazione di speciale dedizione al servizio del Vangelo.
Consiste in un atteggiamento sempre rinnovato di conversione e trasformazione, in un restare sempre in cammino, in un passare dalla morte alla vita così come celebriamo in tutta la liturgia: è il dinamismo pasquale.
In fondo, dalla chiamata di Abramo a quella di Mosè, dal cammino peregrinante di Israele nel deserto alla conversione predicata dai profeti, fino al viaggio missionario di Gesù che culmina nella sua morte e risurrezione, la vocazione è sempre quell'azione di Dio che ci fa uscire dalla nostra situazione iniziale, ci libera da ogni forma di schiavitù, ci strappa dall'abitudine e dall'indifferenza e ci proietta verso la gioia della comunione con Dio e con i fratelli.
Rispondere alla chiamata di Dio, dunque, è lasciare che Egli ci faccia uscire dalla nostra falsa stabilità per metterci in cammino verso Gesù Cristo, termine primo e ultimo della nostra vita e della nostra felicità.
Questa dinamica dell'esodo non riguarda solo il singolo chiamato, ma l'azione missionaria ed evangelizzatrice di tutta la Chiesa.
La Chiesa è davvero fedele al suo Maestro nella misura in cui è una Chiesa "in uscita", non preoccupata di sé stessa, delle proprie strutture e delle proprie conquiste, quanto piuttosto capace di andare, di muoversi, di incontrare i figli di Dio nella loro situazione reale e di com-patire per le loro ferite.
Dio esce da sé stesso in una dinamica trinitaria di amore, ascolta la miseria del suo popolo e interviene per liberarlo ( Es 3,7 ).
A questo modo di essere e di agire è chiamata anche la Chiesa: la Chiesa che evangelizza esce incontro all'uomo, annuncia la parola liberante del Vangelo, cura con la grazia di Dio le ferite delle anime e dei corpi, solleva i poveri e i bisognosi.
Cari fratelli e sorelle, questo esodo liberante verso Cristo e verso i fratelli rappresenta anche la via per la piena comprensione dell'uomo e per la crescita umana e sociale nella storia.
Ascoltare e accogliere la chiamata del Signore non è una questione privata e intimista che possa confondersi con l'emozione del momento; è un impegno concreto, reale e totale che abbraccia la nostra esistenza e la pone al servizio della costruzione del Regno di Dio sulla terra.
Perciò la vocazione cristiana, radicata nella contemplazione del cuore del Padre, spinge al tempo stesso all'impegno solidale a favore della liberazione dei fratelli, soprattutto dei più poveri.
Il discepolo di Gesù ha il cuore aperto al suo orizzonte sconfinato, e la sua intimità con il Signore non è mai una fuga dalla vita e dal mondo ma, al contrario, « si configura essenzialmente come comunione missionaria » ( Esort. ap. Evangelii gaudium, 23 ).
Questa dinamica esodale, verso Dio e verso l'uomo, riempie la vita di gioia e di significato.
Vorrei dirlo soprattutto ai più giovani che, anche per la loro età e per la visione del futuro che si spalanca davanti ai loro occhi, sanno essere disponibili e generosi.
A volte le incognite e le preoccupazioni per il futuro e l'incertezza che intacca la quotidianità rischiano di paralizzare questi loro slanci, di frenare i loro sogni, fino al punto di pensare che non valga la pena impegnarsi e che il Dio della fede cristiana limiti la loro libertà.
Invece, cari giovani, non ci sia in voi la paura di uscire da voi stessi e di mettervi in cammino!
Il Vangelo è la Parola che libera, trasforma e rende più bella la nostra vita.
Quanto è bello lasciarsi sorprendere dalla chiamata di Dio, accogliere la sua Parola, mettere i passi della vostra esistenza sulle orme di Gesù, nell'adorazione del mistero divino e nella dedizione generosa agli altri!
La vostra vita diventerà ogni giorno più ricca e più gioiosa!
La Vergine Maria, modello di ogni vocazione, non ha temuto di pronunciare il proprio "fiat" alla chiamata del Signore.
Lei ci accompagna e ci guida.
Con il coraggio generoso della fede, Maria ha cantato la gioia di uscire da sé stessa e affidare a Dio i suoi progetti di vita.
A lei ci rivolgiamo per essere pienamente disponibili al disegno che Dio ha su ciascuno di noi; perché cresca in noi il desiderio di uscire e di andare, con sollecitudine, verso gli altri ( cfr Lc 1,39 ).
La Vergine Madre ci protegga e interceda per tutti noi.
Franciscus