Di fronte ai seguaci di altre Religioni |
Il Concilio Vaticano II ha segnato una tappa nuova nelle relazioni della Chiesa con i seguaci delle altre religioni.
Molti documenti conciliari fanno esplicito riferimento ad essi, ed uno in particolare, la dichiarazione « Nostra aetate », è interamente dedicato al « rapporto della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane ».
I rapidi cambiamenti nel mondo e l'approfondimento del mistero della Chiesa « sacramento universale di salvezza » ( LG 48 ), hanno favorito questo atteggiamento verso le religioni non cristiane.
« Per l'apertura fatta dal Concilio, la Chiesa e tutti i cristiani hanno potuto raggiungere una coscienza più completa del mistero di Cristo » ( RH 11 ).
Questo nuovo atteggiamento ha preso il nome di dialogo.
Questo vocabolo, che è norma e ideale, è stato valorizzato nella Chiesa da Paolo VI con l'enciclica « Ecclesiam suam » ( 6 agosto 1964 ).
Da allora è diventato frequente nel Concilio e nel linguaggio ecclesiale.
Indica non solo il colloquio, ma anche l'insieme dei rapporti interreligiosi, positivi e costruttivi, con persone e comunità di altre fedi per una mutua conoscenza e un reciproco arricchimento.
Come segno istituzionale di questa volontà di colloquio e di incontro con i seguaci delle altre tradizioni religiose del mondo, lo stesso Paolo VI istituì nel clima del Concilio Vaticano Il, il giorno della Pentecoste 1964, il « Secretariatus pro non christianis » distinto dalla S. Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli.
I suoi compiti vennero così definiti dalla Costituzione « Regimini Ecclesiae »: « Cercare il metodo e le vie per aprire un dialogo adatto con i non cristiani.
Esso opera quindi perché i non cristiani vengano rettamente conosciuti e giustamente stimati dai cristiani e che a loro volta i non cristiani possano adeguatamente conoscere e stimare la dottrina e la vita cristiana »
A 20 anni dalla pubblicazione dell'Ecclesiam suam e dalla sua fondazione, il Segretariato, riunito in Assemblea Plenaria, ha valutato le esperienze di dialogo avvenute ovunque nella Chiesa ed ha riflettuto sugli atteggiamenti ecclesiali verso gli altri credenti e in particolare sul rapporto esistente tra dialogo e missione.
La visione teologica di questo documento si ispira al Concilio Vaticano Il e al magistero successivo.
Un ulteriore approfondimento da parte dei teologi rimane pur sempre auspicabile e necessario.
Sollecitata e arricchita dall'esperienza, questa riflessione ha carattere prevalentemente pastorale; intende favorire un comportamento evangelico nei confronti degli altri credenti con i quali i cristiani convivono nella città, nel lavoro e nella famiglia.
Con questo documento ci si propone di aiutare le comunità cristiane e in particolare i loro responsabili a vivere secondo le indicazioni del Concilio offrendo elementi di soluzione alle difficoltà che possono nascere dalla compresenza nella missione dei compiti di evangelizzazione e dialogo.
I membri delle altre religioni potranno anche comprendere meglio come la Chiesa li vede e come intende comportarsi con loro.
Molte chiese cristiane hanno fatto esperienze simili nei confronti degli altri credenti.
Il Consiglio ecumenico delle Chiese è provvisto di un organismo per il « Dialogo con i popoli di altre Fedi e ideologie » nell'ambito del dipartimento « Fede e Testimonianza ».
Con tale organismo il Segretariato per i non cristiani intrattiene rapporti stabili e fraterni di consultazione e di collaborazione.
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