L'interpretazione dei dogmi |
Il problema dell'interpretazione fa parte dei problemi originari dell'uomo, poiché, in quanto uomini, noi cerchiamo di comprendere il mondo e noi stessi.
Ora, quando ci troviamo alle prese con il problema della verità del reale, non partiamo mai da zero.
Il reale che si tratta di comprendere lo incontriamo concretamente nell'interpretazione attraverso il sistema dei simboli di una data cultura, che si manifesta specialmente nel linguaggio.
La comprensione umana è dunque in relazione con la storia della comunità.
Così, per interpretare, occorre anche appropriarsi e comprendere le testimonianze che la tradizione ha già dato.
Il nesso tra interpretazione e tradizione dimostra chiaramente che occorre svincolarsi da un realismo ingenuo.
Nella nostra conoscenza, non abbiamo mai a che fare con il reale nella sua astrattezza, ma sempre con un reale nel contesto culturale dell'uomo, con la sua interpretazione attraverso la tradizione e la sua attuale appropriazione.
Di conseguenza, il problema fondamentale dell'interpretazione può essere formulato così: come possiamo prendere sul serio il circolo ermeneutico tra soggetto e oggetto senza cadere in un relativismo che conosce unicamente interpretazioni di interpretazioni, le quali, a loro volta, conducono senza interruzione a nuove interpretazioni?
Non esiste non al di fuori, ma all'interno del processo storico stesso d'interpretazione - una verità che esista per se stessa?
Si dà dunque una pretesa assoluta della verità?
Vi sono affermazioni che devono essere ammesse o negate in ogni cultura e in ogni situazione storica?
Il problema dell'interpretazione si pone oggi in maniera più acuta.
A causa delle fratture culturali, si è accentuata la distanza tra le testimonianze della tradizione e la nostra situazione culturale attuale.
Nel mondo occidentale in particolare, ciò ha condotto a un cambiamento di atteggiamenti nei confronti delle verità, dei valori e delle concezioni tradizionali, come purea una rivalutazione unilaterale del presente rispetto a ciò che viene dal passato, e a una stima unilaterale di ciò che è nuovo come criterio del pensare e dell'agire.
Nella filosofia odierna, dobbiamo soprattutto a Marx, Nietzsche e Freud se è diventata imperante un'ermeneutica del sospetto, che considera la tradizione non più come mediatrice tra la realtà originaria e il presente, ma la sente come un'alienazione e un'oppressione.
Rifiutando però la memoria creativa della tradizione, l'uomo si espone al nichilismo.
La crisi odierna, generale e mondiale, della tradizione è diventata una delle sfide spirituali più radicali della nostra epoca.
A questa crisi della tradizione si aggiunge oggi il fenomeno dell'incontro generalizzato delle culture e delle loro differenti tradizioni.
Il problema dell'interpretazione si pone non soltanto come quello di una mediazione tra il passato e il presente, ma anche come l'impegno di trovare la mediazione tra le diverse tradizioni culturali.
Oggi, una tale ermeneutica transculturale è diventata una condizione per la sopravvivenza dell'umanità nella pace e nella libertà.
Possiamo distinguere diversi tipi di ermeneutica.
L'ermeneutica di orientamento positivista mette il polo oggettivo in primo piano.
Notevole è stato il suo contributo per una migliore conoscenza del reale; ma essa considera la conoscenza umana unilateralmente come una funzione dei fattori naturali, biologici, psicologici, storici e socioeconomici, e perciò sottovaluta il significato della soggettività umana nel processo della conoscenza.
L'ermeneutica di orientamento antropocentrico rimedia a tale insufficienza.
Per essa, però, è il polo soggettivo che è, in maniera unilaterale, decisivo.
Così, essa riduce la conoscenza del reale alla conoscenza del suo significato per la soggettività umana; il problema della verità del reale è ridotto a quello del suo senso per l'uomo.
L'ermeneutica culturale comprende il reale attraverso la mediazione delle sue realizzazioni culturali oggettive nelle istituzioni umane, negli usi e nei costumi, specie nel linguaggio, a causa della comprensione soggettiva di se stessi e del mondo che è insita in ogni cultura e nel suo sistema di valori.
Riconosciuto il significato di tale approccio, rimane il problema dei valori transculturali e della verità dell'humanum , che unisce gli uomini al di là di ogni diversità culturale.
A differenza delle forme più o meno riduttive sin qui ricordate, l'ermeneutica metafisica pone il problema della stessa verità del reale.
Essa parte dal fatto che la verità si manifesta in e attraverso l'intelligenza umana, in modo che nella luce dell'intelligenza umana brilli la verità stessa della realtà.
Poiché la realtà è sempre più grande e profonda di ogni rappresentazione e di ogni concetto, condizionati dalla storia e dalla cultura, che ci formiamo di essa, s'impone la necessità di un'interpretazione critica sempre rinnovata e approfondita delle rispettive tradizioni culturali.
Il compito principale che dobbiamo assolvere è dunque il seguente: nei nostri incontri e nelle nostre discussioni con l'ermeneutica contemporanea come pure con le scienze umane moderne dobbiamo sforzarci di giungere a un rinnovamento creatore della metafisica e della sua domanda sulla verità della realtà.
Il problema fondamentale che si pone qui è quello del rapporto tra verità e storia.
Circa i rapporti tra verità e storia, è ormai chiaro che in linea di principio non c'è conoscenza umana senza presupposti; anzi, ogni sapere umano e ogni linguaggio sono determinati da una struttura di precomprensione e di pregiudizi strutturali.
Tuttavia, in tutto ciò che l'uomo conosce, dice e fa, e che è storicamente condizionato dalla storia, vi è talvolta un'anticipazione di qualcosa di ultimo, d'incondizionato e di assoluto.
In ogni domanda e ricerca della verità, noi supponiamo che esista sempre la verità, come pure certe verità fondamentali ( ad esempio il principio di contraddizione ).
Così, la luce della verità ci precede sempre; in altri termini, essa appare con un'evidenza oggettiva nella nostra intelligenza quando considera la realtà.
Questo genere di affermazioni innate, che sono date in precedenza, e questi presupposti furono designati nell'antica Stoà con il termine di dogma.
In questa misura, e in un senso ancora molto generale, possiamo parlare di una strutturazione dogmatica fondamentale dell'uomo.
Per il fatto che la nostra conoscenza, il nostro pensiero e la nostra volontà sono sempre determinati collettivamente dalle rispettive culture e specialmente dal linguaggio, questa struttura dogmatica innata concerne non solo le singole persone, ma anche la società umana.
Col tempo, nessuna società può sopravvivere senza convinzioni e senza valori fondamentali comuni, che caratterizzano e sostengono la sua cultura.
L'unità, la mutua comprensione e la coesistenza pacifica, come pure il mutuo riconoscimento di una stessa dignità umana, fanno supporre d'altronde che, nonostante le profonde differenze tra le culture, esiste un insieme di valori umani e di conseguenza una verità comune a tutti gli uomini.
Tale convinzione si manifesta oggi soprattutto nel riconoscimento dei diritti universali e inalienabili di ogni persona umana.
Simili verità, che sono universali rispetto allo spazio e al tempo e che conservano quindi sempre il loro valore, non sono riconosciute però come tali se non in situazioni o in discussioni storiche particolari e, anzitutto, nell'incontro delle culture.
Occorre tuttavia distinguere tra questo contesto di una situazione contingente, nella quale l'uomo esercita la sua conoscenza e compie le sue scoperte, e l'esistenza di un valore assoluto, che è inerente alla verità stessa che l'uomo conosce.
Per sua essenza, la verità non può essere che la verità unica, e quindi universale.
Ciò che è stato riconosciuto una volta come verità deve dunque essere riconosciuto come sempre valido e vero.
La Chiesa, con la sua predicazione dell'unico Vangelo, rivelato nel tempo ma tuttavia destinato a tutti gli uomini e a tutti i tempi, può venire incontro a questa essenza dell'intelligenza umana, che è storica e nello stesso tempo aperta all'universale.
Essa può purificarla e condurla alla perfezione più profonda.
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