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§ 1. Per determinate pubblicazioni il codice esige o l'approvazione o la licenza:
a) In particolare si esige la previa approvazione per la pubblicazione dei libri delle Sacre Scritture e delle loro traduzioni nelle lingue correnti ( cf. can. 825 § 1 ), per i catechismi e per gli scritti di catechetica ( cf. can. 775 § 2; can. 827 § 1 ), per i testi destinati alle scuole, non soltanto elementari e medie ma anche superiori, su discipline collegate con la fede o la morale ( cf. can. 827 § 2 ).
b) È necessaria invece la previa licenza per la preparazione e la pubblicazione da parte dei fedeli, anche in collaborazione con i fratelli separati, delle traduzioni delle Sacre Scritture ( cf. can. 825 § 2 ), per i libri di preghiera ad uso sia pubblico che privato ( cf. can. 826 § 3 ), per le nuove edizioni delle collezioni di decreti o atti della autorità ecclesiastica ( cf. can. 828 ), per gli scritti dei chierici e dei religiosi nei giornali, opuscoli o riviste periodiche che sono solite attaccare apertamente la religione cattolica o i buoni costumi ( cf. can. 831 § 1 ), per gli scritti dei religiosi che trattano di questioni di religione o di costumi ( cf. can. 832 ).
§ 2. L'approvazione o licenza ecclesiastica presuppone il parere del revisore o dei revisori, se si ritiene opportuno che siano più di uno ( cf. can. 830 ), garantisce che lo scritto non contiene nulla di contrario al magistero autentico della Chiesa sulla fede e sui costumi e attesta che sono state adempiute tutte le prescrizioni della legge canonica in materia.
È opportuno pertanto che la stessa concessione contenga il riferimento esplicito al canone corrispondente.
§ 1. Il Codice raccomanda che i libri che trattano materie concernenti la Sacra Scrittura, la teologia, il diritto canonico, la storia ecclesiastica e le discipline religiose o morali, anche se non sono adoperati come testi d'insegnamento, come pure gli scritti in cui ci sono elementi che riguardano in modo peculiare la religione o l'onestà dei costumi, vengano sottoposti al giudizio dell'Ordinario del luogo ( can. 827 § 3 ).
§ 2. Il Vescovo diocesano, in forza del diritto che ha di vigilare sull'integrità della fede e dei costumi, qualora abbia particolari e specifici motivi, potrebbe anche esigere, con precetto singolare ( cf. can. 49 ), che i suddetti scritti vengano sottoposti al suo giudizio.
Di fatto il can. 823 § 1 dà diritto ai Pastori di « esigere che vengano sottoposti al proprio giudizio prima della pubblicazione gli scritti dei fedeli che toccano la fede o i costumi », senza alcuna limitazione, se non quella di ordine generale « perché sia conservata l'integrità della verità della fede e dei costumi ».
Tale precetto potrebbe essere imposto per casi particolari, sia per singole persone che per categorie di persone ( chierici, religiosi, case editrici cattoliche, ecc. ), o per determinate materie.
§ 3. Anche in questi casi la licenza ha il significato di una dichiarazione ufficiale che garantisce che lo scritto non contiene niente di contrario all'integrità della fede e dei costumi.
§ 4. Dal momento che lo scritto potrebbe contenere opinioni o questioni proprie di specialisti o attinenti determinati ambienti, e potrebbe causare scandalo o confusione in ambiti o presso persone determinate e non altrove, la licenza potrebbe essere data a certe condizioni, che possono riguardare il mezzo di pubblicazione o la lingua e che comunque evitino i pericoli indicati.
L'approvazione o la licenza per una pubblicazione vale per l'originale; non è estensibile né alle successive edizioni né alle traduzioni ( cf. can. 829).
Le semplici ristampe non si considerano nuove edizioni.
§ 1. Poiché la licenza costituisce una garanzia, sia giuridica sia morale, per gli autori, gli editori e i lettori, colui che ne fa richiesta, o perché essa è obbligatoria o perché è raccomandata, ha diritto alla risposta dell'autorità competente.
§ 2. Nell'esame previo per la licenza è necessaria la massima diligenza e serietà, tenuto conto sia dei diritti degli autori ( cf. can. 218 ) che di quelli di tutti i fedeli ( cf. can. 213; can. 217 ).
§ 3. Contro la negazione della licenza o approvazione è possibile il ricorso amministrativo a norma dei cann. 1732-1739, presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, dicastero competente in materia ( cf. Costituzione Apostolica Pastor bonus, art. 48 ).
§ 1. L'autorità competente a dare la licenza o l'approvazione, a norma del can. 824, è indistintamente l'Ordinario del luogo dell'autore o l'Ordinario del luogo di edizione del libro.
§ 2. Quando la licenza è stata negata da un Ordinario del luogo si può ricorrere ad un altro Ordinario competente, con l'obbligo però di fare menzione della negazione precedente; il secondo Ordinario a sua volta non deve concedere la licenza senza aver ottenuto dal precedente Ordinario le ragioni della negazione ( cf. can. 65 § 1 ).
§ 1. L'Ordinario, prima di dare la licenza, sottoponga lo scritto al giudizio di persone per lui sicure, scegliendole eventualmente dall'elenco preparato dalla Conferenza Episcopale o consultando la commissione di revisori, se esiste, a norma del can. 830 § 1.
Il revisore nel dare il suo giudizio si atterrà ai criteri del can. 830 § 2.
§ 2. Il revisore dia il suo parere per iscritto.
In caso di parere favorevole, l'Ordinario potrà dare la licenza, esprimendo il proprio nome, il tempo e il luogo della concessione; se invece credesse opportuno di non darla, ne comunichi le motivazioni all'autore ( cf. can. 830 § 3 ).
§ 3. I rapporti con gli autori siano sempre improntati ad uno spirito costruttivo di dialogo rispettoso e di comunione ecclesiale, che consenta di trovare le vie affinché nelle pubblicazioni non vi sia niente di contrario alla dottrina della Chiesa.
§ 4. La licenza, con le indicazioni segnalate, deve essere stampata nei libri che vengono editi; non basta quindi l'uso della formula « con approvazione ecclesiastica », o simili; si debbono stampare anche il nome dell'Ordinario che la concede, nonché il tempo e il luogo della concessione ( cf. interpretazione autentica del can. 830 § 3 ).
L'Ordinario del luogo ponderi attentamente se sia opportuno o meno, e a quali condizioni, dare il permesso ai chierici o ai religiosi di scrivere sui giornali, opuscoli o riviste periodiche che sono solite attaccare apertamente la religione cattolica o i buoni costumi ( cf. can. 831 § 1 ).
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