Varietates legitimae |
9. Le questioni che si pongono attualmente per l'inculturazione del Rito romano possono trovare luce nella storia della salvezza: in forme diverse fu operante in essa il processo d'inculturazione.
In tutta la sua lunga storia, Israele ha conservato la certezza di essere il popolo scelto da Dio, testimone della sua azione e del suo amore in mezzo alle nazioni.
Se dai popoli vicini ha ripreso certe forme di culto, la fede nel Dio di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe vi ha tuttavia impresso dei cambiamenti profondi, primariamente di senso e spesso di forma, al fine di celebrare il memoriale delle grandi opere di Dio nella sua storia, incorporando tali elementi nella propria pratica religiosa.
L'incontro del mondo giudaico con la sapienza greca diede luogo a una nuova forma d'inculturazione: la traduzione della Bibbia in greco ha introdotto la parola di Dio in un mondo che le era chiuso e ha suscitato, sotto l'ispirazione divina, un arricchimento delle Scritture.
10. La legge di Mosè, i profeti e i salmi ( Cfr. Lc 24,27.44 ) avevano il senso di preparare la venuta del Figlio di Dio fra gli uomini.
L'Antico Testamento, in quanto comprende la vita e la cultura del popolo di Israele, è così storia di salvezza.
Venendo sulla terra, il Figlio di Dio « nato da donna, nato sotto la legge » ( Cfr. Gal 4,4 ), si è legato alle condizioni sociali e culturali degli uomini con cui ha vissuto e pregato.22
Facendosi uomo, ha assunto un popolo, un paese e un'epoca, ma in virtù della comune natura umana, « in certo modo, si è così unito ad ogni uomo ».23
Infatti, « noi siamo tutti in Cristo e la comune nostra natura umana rivive in lui.
Per ciò egli è chiamato il nuovo Adamo ».
11. Cristo, che ha voluto condividere la nostra condizione umana ( Cfr. Eb 2,14 ), è morto per tutti, per raccogliere nell'unità i figli di Dio dispersi ( Cfr. Gv 11,52 ).
Per mezzo della sua morte, egli ha voluto far cadere il muro di separazione tra gli uomini, facendo di Israele e delle nazioni un solo popolo.
Per la potenza della sua risurrezione, egli attrae a sé tutti gli uomini e crea in se stesso un solo uomo nuovo ( Cfr. Ef 2,14-16; Gv 12,32 ).
In lui è già nato un mondo nuovo ( Cfr. 2 Cor 5,16-17 ) e ciascuno può divenire creatura nuova.
In lui, l'ombra cede il posto alla luce, la promessa diviene realtà e tutte le aspirazioni religiose dell'uomo trovano il loro compimento.
Per mezzo dell'offerta del suo corpo, fatta una volta per tutte ( Cfr. Eb 10,10 ), Cristo Gesù stabilisce la pienezza del culto in Spirito e verità, nella novità che egli desiderava per i suoi discepoli ( Cfr. Gv 4,23-24 ).
12. « In Cristo ( … ) ci fu data la pienezza del culto divino ».25
In lui abbiamo il sommo sacerdote per eccellenza, scelto tra gli uomini ( Cfr. Eb 5,1-5; Eb 10,19-21 ), « messo a morte nella carne ma reso vivo nello spirito » ( 1 Pt 3,18 ).
Cristo e Signore, ha fatto del nuovo popolo « un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre » ( Ap 1,6; Cfr. Ap 5,9-10 ).26
Ma prima di inaugurare nel suo sangue il mistero pasquale,27 che costituisce l'essenziale del culto cristiano,28 ha voluto istituire l'eucaristia, memoriale della sua morte e della sua risurrezione, finché egli venga.
Qui si trovano il principio della liturgia cristiana e il nucleo della sua forma rituale.
13. Al momento di salire al Padre, Cristo risorto assicura ai discepoli la sua presenza e li invia per annunciare il Vangelo a ogni creatura e fare di tutte le genti dei suoi discepoli mediante il battesimo ( Cfr. Mt 28,19; Mc 16,15; At 1,8 ).
Il giorno di Pentecoste, la venuta dello Spirito Santo crea la nuova comunità tra gli uomini, riunendoli tutti al di là del segno della loro divisione: le lingue ( Cfr. At 2,1-11 ).
Ormai le meraviglie di Dio saranno proclamate a tutti gli uomini, di ogni lingua e d'ogni cultura ( Cfr. At 10,44-48 ).
Gli uomini redenti dal sangue dell'Agnello e riuniti in comunione fraterna ( Cfr. At 2,42 ) sono chiamati da ogni tribù, lingua, popolo e nazione ( Cfr. Ap 5,9 ).
14. La fede in Cristo offre a tutte le nazioni di beneficiare della promessa e di condividere l'eredità del popolo dell'Alleanza ( Cfr. Ef 3,6 ), senza rinunciare alla loro cultura.
Sotto l'impulso dello Spirito Santo, dopo san Pietro ( Cfr. At 10 ), san Paolo ha dilatato la via della chiesa ( Cfr. Gal 2,2-10 ), non costringendo il Vangelo nei limiti della legge mosaica, ma custodendo quanto lui stesso aveva ricevuto dalla tradizione proveniente dal Signore ( Cfr. 1 Cor 11,23 ).
Così, fin dai primi tempi, la chiesa non ha esigito dai convertiti non circoncisi « nessun obbligo al di fuori del necessario », secondo la decisione dell'assemblea apostolica di Gerusalemme ( At 15,28 ).
15. Riunendosi per spezzare il pane nel primo giorno della settimana, che diventa il giorno del Signore ( Cfr. At 20,7; Ap 1,10 ), le prime comunità cristiane hanno seguito il comando di Gesù che, nel contesto del memoriale della Pasqua giudaica, istituì il memoriale della sua passione.
Nella continuità dell'unica storia della salvezza, esse hanno ripreso spontaneamente forme e testi del culto giudaico, adattandoli in modo da esprimere la novità radicale del culto cristiano.29
Sotto la guida dello Spirito Santo, si è operato un discernimento tra ciò che poteva o doveva essere custodito o meno dell'eredità cultuale giudaica.
16. La diffusione del Vangelo nel mondo ha portato al sorgere di altre forme rituali nelle chiese provenienti dal paganesimo, sotto l'influsso di diverse tradizioni culturali.
Sempre sotto la guida dello Spirito Santo, negli elementi derivanti dalle culture « pagane » si è operato un discernimento tra ciò che era incompatibile con il cristianesimo e ciò che poteva essere assunto, in armonia con la tradizione apostolica, nella fedeltà al Vangelo della salvezza.
17. La creazione e lo sviluppo delle forme di celebrazione cristiana sono avvenuti gradualmente secondo le condizioni locali, nelle grandi aree culturali in cui si è diffuso il Vangelo.
Così sono nate le diverse famiglie liturgiche dell'occidente e dell'oriente cristiano.
Il loro ricco patrimonio conserva fedelmente la pienezza della tradizione cristiana.30
La chiesa d'occidente ha talvolta attinto elementi della propria liturgia dal patrimonio delle famiglie liturgiche orientali.31
La chiesa di Roma ha adottato nella sua liturgia la lingua parlata dal popolo, il greco all'inizio, poi il latino e, come le altre chiese latine, nel culto ha assunto momenti importanti della vita sociale dell'Occidente, attribuendo ad essi un significato cristiano.
Nel corso dei secoli, il Rito romano ha mostrato, a più riprese, la propria capacità di integrare testi, canti, gesti e riti di provenienza diversa e adattarsi alle culture locali nei paesi di missione, anche se in certi periodi ha avuto il sopravvento la preoccupazione dell'uniformità liturgica.
18. Nel nostro tempo, il concilio Vaticano II ha ricordato che la chiesa « favorisce e accoglie tutte le risorse, le ricchezze e le consuetudini dei popoli, nella misura in cui sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida e le eleva. ( … )
Con la sua attività, essa fa in modo che ogni germe di bene che si trova nel cuore e nella mente degli uomini o nei riti e nelle culture proprie dei popoli, non solo non vada perduto, ma sia purificato, elevato e perfezionato per la gloria di Dio, per la confusione del demonio e la felicità dell'uomo ».34
Così la liturgia della chiesa non dev'essere estranea a nessun paese, a nessun popolo, a nessuna persona, e nel medesimo tempo essa trascende ogni particolarismo di razza o di nazione.
Essa deve essere capace di esprimersi in ogni cultura umana, mantenendo inalterata la propria identità, fedele alla tradizione ricevuta dal Signore.
19. La liturgia, come il Vangelo, deve rispettare le culture, ma al contempo le invita a purificarsi e a santificarsi.
Aderendo a Cristo per la fede, i giudei restano fedeli all'antica alleanza che conduce a Gesù, messia di Israele, che ha compiuto l'alleanza mosaica, essendo il Mediatore dell'alleanza nuova ed eterna, sigillata nel suo sangue sparso sulla croce.
Essi sanno che, mediante il suo sacrificio unico e perfetto, egli è il vero sommo sacerdote e il tempio definitivo ( Cfr. Eb 6-10 ).
Immediatamente si relativizzano prescrizioni come la circoncisione ( Cfr. Gal 5,1-6 ), il sabato e i sacrifici del tempio ( Cfr. Eb 10 ).
In modo più radicale, i cristiani venuti dal paganesimo hanno dovuto, aderendo a Cristo, rinunciare agli idoli, alle mitologie, alle superstizioni ( Cfr. At 19,18-19; 1 Cor 10,14-22; Col 2,20-22; 1 Gv 5,21 ).
Ma, qualunque sia la loro origine etnica e culturale, i cristiani debbono riconoscere nella storia d'Israele la promessa, la profezia, la storia della loro salvezza.
Essi ricevono i libri dell'Antico Testamento al pari di quelli del Nuovo come parola di Dio.37
Essi accolgono i segni sacramentali, i quali non possono essere pienamente compresi che attraverso la sacra Scrittura e nella vita della chiesa.38
20. La sfida per i primi cristiani, avvertita in modo diverso e con ragioni differenti a seconda se provenivano dal popolo eletto o erano originari del paganesimo, fu di conciliare le rinunce imposte dalla fede in Cristo con la fedeltà alla cultura e alle tradizioni del popolo a cui appartenevano.
Tale è anche la sfida per i cristiani di ogni tempo, come attestano le parole di san Paolo: « Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani » ( 1 Cor 1,23 ).
Il discernimento, che si è effettuato nel corso della storia della chiesa, resta necessario affinché, per mezzo della liturgia, l'opera di salvezza compiuta dal Cristo si perpetui fedelmente nella chiesa, per la potenza dello Spirito, attraverso lo spazio e il tempo e nelle differenti culture umane.
Indice |
22 | Cfr. Ad gentes, 10 |
23 | Gaudium et spes, 22 |
25 | Sacrosanctum Concilium, 5 |
26 | Cfr. Lumen gentium, 10 |
27 | Cfr. Missale Romanum, Feria VI in Passione Domini, 5: oratio prima: « […] per suum cruorem instituit paschale mysterium » |
28 | Cfr. Paolo VI, let. ap. Mysterii paschalis ( 14-2-1969 ) |
29 | Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1096 |
30 | Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1200-1203 |
31 | Cfr. Unitatis redintegratio, 14-15 |
34 | Lumen gentium, 13 e n°. 17 |
37 | Cfr. Dei verbum, 14-16; Ordo Lectionum Missae, ed. typica altera, Praenotanda, n. 5: « La chiesa annunzia l'unico e identico mistero di Cristo ogni qual volta nella celebrazione liturgica proclama sia l'Antico che il Nuovo Testamento. Nell'Antico Testamento è adombrato il Nuovo, e nel Nuovo si disvela l'Antico. Di tutta la Scrittura, come di tutta la celebrazione liturgica, Cristo è il centro e la pienezza »; Catechismo della Chiesa Cattolica, 120-123, 128-130, 1093-1095 |
38 | Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1093-1096 |