Per una migliore distribuzione della terra

Indice

Capitolo I - Problemi legati alla concentrazione della proprietà della terra

4. L'ipoteca del passato nella situazione attuale

La struttura agraria dei Paesi in via di sviluppo è spesso caratterizzata da una distribuzione di tipo bimodale.

Un esiguo numero di grandi proprietari terrieri possiede la maggior parte della superficie coltivabile, mentre una moltitudine di piccolissimi proprietari, di affittuari e di coloni coltivano la superficie rimanente che è spesso di qualità inferiore.

La grande proprietà caratterizza, ancor oggi, il regime fondiario di una buona parte di tali Paesi.4

Il processo di concentrazione della proprietà della terra ha origini storiche diverse, a seconda delle regioni.

Per il particolare interesse che presenta per la nostra riflessione, va segnalato che, nelle aree che furono soggette a dominazione coloniale, la concentrazione della terra in fondi di grandi dimensioni si è sviluppata soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso, attraverso la progressiva appropriazione privata della terra, favorita da leggi che hanno introdotto gravi distorsioni nel mercato fondiario.5

L'appropriazione privata della terra non ha avuto come sola conseguenza la formazione ed il consolidamento di grandi proprietà terriere, ma anche l'effetto, diametralmente opposto, della polverizzazione della piccola proprietà.

Il piccolo coltivatore,6 nella migliore delle ipotesi, poteva acquistare un'esigua superficie di terra, da lavorare con la propria famiglia.

Quando questa aumentava, egli non era in grado, però, di allargare la sua proprietà, a meno che non fosse disposto a spostarsi, con i propri familiari, su terre meno fertili e più lontane, che richiedevano un più alto impiego di lavoro per unità di prodotto.

Si determinavano, in tal modo, le condizioni per l'ulteriore frammentazione della già piccola estensione di terra posseduta e, in ogni caso, per l'aggravamento della povertà del coltivatore e della sua famiglia.

5. Negli ultimi decenni, questa situazione non è sostanzialmente mutata, anzi, in molti casi, essa è andata via via peggiorando, sebbene l'esperienza di ogni giorno confermi la negatività del suo impatto sulla crescita dell'economia e sullo sviluppo sociale.7

Alla base di tutto ciò, vi è l'interagire di un complesso di fenomeni che sono di particolare gravità e che, nonostante le specificità nazionali, presentano tratti marcatamente simili tra i vari Paesi.

Le strade dello sviluppo economico percorse dai diversi Paesi in via di sviluppo negli ultimi decenni hanno spesso incentivato il processo di concentrazione della proprietà della terra.

In genere, tale processo sembra essere conseguenza di misure di politica economica e di vincoli strutturali non mutabili nel breve periodo e causa di costi economici, sociali ed ambientali.

Una valutazione critica delle scelte di politica economica

6. L'industrializzazione a spese dell'agricoltura

Per realizzare in tempi brevi la modernizzazione dell'economia nazionale, molti Paesi in via di sviluppo si sono prevalentemente basati sulla convinzione, spesso non giustificata, che la rapida industrializzazione possa produrre un miglioramento del benessere economico generale anche se avviene a spese dell'agricoltura.

Essi hanno adottato, di conseguenza,

politiche di protezione delle produzioni industriali interne e di manipolazione dei tassi di cambio delle monete nazionali in svantaggio dell'agricoltura;

politiche di tassazione delle esportazioni di prodotti agricoli;

politiche di sostegno del potere d'acquisto delle popolazioni urbane basate sul controllo dei prezzi dei prodotti alimentari,

o altre forme di intervento che, alterando il meccanismo distributivo dei mercati, hanno spesso portato ad un peggioramento dei termini di cambio della produzione agricola rispetto a quella industriale.

La caduta dei redditi agricoli che ne è derivata ha gravemente colpito i piccoli produttori, al punto che molti di essi hanno abbandonato l'attività agricola.

Tutto ciò ha incentivato il processo di concentrazione della proprietà della terra.

7. Le esperienze fallimentari di riforma agraria

In molti Paesi in via di sviluppo, in questi ultimi decenni, sono state attuate delle riforme agrarie tese ad assicurare una più equa ripartizione della proprietà e dell'uso della terra.

Solo in alcuni casi queste riforme hanno raggiunto gli obiettivi prefissati.

In buona parte di tali Paesi, invece, esse hanno profondamente disilluso le aspettative.

Uno degli errori principali è stato ritenere che la riforma agraria consista essenzialmente nella semplice ripartizione ed assegnazione della terra.

Gli insuccessi possono essere imputati, in parte, ad una impropria interpretazione delle esigenze del settore agricolo in transizione da una fase di sussistenza ad una di integrazione con i mercati domestici ed internazionali, in parte a scarsa professionalità nella progettazione, nell'organizzazione e nella gestione della riforma.8

In sintesi, gli interventi di riforma agraria hanno fallito i loro obiettivi:

di ridurre la concentrazione della terra nel latifondo,

di dare vita a imprese capaci di crescita autonoma,

di impedire l'espulsione dalla terra delle grandi masse contadine e la loro emigrazione verso i centri urbani o verso le terre ancora libere o marginali e povere di infrastrutture sociali.

8. In molti casi i governi non si sono sufficientemente preoccupati

di dotare le zone di riforma delle infrastrutture e dei servizi sociali necessari;

di realizzare una efficiente organizzazione di assistenza tecnica;

di assicurare un accesso equo al credito a costi sostenibili;

di limitare le distorsioni a favore delle grandi proprietà terriere;

di richiedere agli assegnatari prezzi e forme di pagamento delle terre ricevute compatibili con le esigenze di sviluppo delle loro imprese e con le esigenze di vita delle loro famiglie.

I piccoli coltivatori, costretti a indebitarsi, spesso devono vendere i loro diritti e abbandonare l'attività agricola.

Una seconda importante causa di insuccesso delle riforme agrarie è derivata dalla mancata considerazione della storia e delle tradizioni culturali delle società agricole, che ha spesso portato a favorire delle strutture fondiarie in contrasto con le forme tradizionali di proprietà della terra.

Altre due realtà, infine, hanno concorso a destabilizzare sensibilmente il processo di riforma:

una deplorevole serie di forme di corruzione, servilismo politico e collusione che ha portato a concederne estensioni amplissime ai membri dei gruppi dirigenti, e

la presenza di importanti interessi stranieri, preoccupati delle conseguenze di una riforma per le loro attività economiche.

9. La gestione delle esportazioni agricole

In molti Paesi in via di sviluppo, anche le modalità con cui le politiche agrarie hanno gestito l'esportazione delle produzioni agricole hanno spesso favorito il processo di concentrazione della proprietà della terra in poche mani.

Per alcuni prodotti sono state adottate politiche di controllo dei prezzi, favorevoli alle grandi imprese agroindustriali e ai coltivatori di prodotti per l'esportazione, che hanno però penalizzato i piccoli coltivatori di prodotti agricoli tradizionali.9

Altre politiche hanno indirizzato l'intero sistema delle infrastrutture e dei servizi prevalentemente secondo gli interessi dei grandi agricoltori.

In altri casi ancora, le politiche fiscali riguardanti l'agricoltura hanno agevolato i profitti di certi gruppi di proprietari ( singole persone fisiche o società di capitale ) e hanno permesso di ammortizzare, in tempi relativamente brevi, gli investimenti fissi, senza prevedere imposte progressive o comunque permettendo una facile evasione fiscale.

Vi sono state, infine, politiche di agevolazione del credito all'agricoltura che hanno distorto i rapporti di prezzo tra capitale fondiario e lavoro.

Si è incoraggiato, in tal modo, un processo di accumulazione basato sull'investimento in terra.

Da questo processo sono stati esclusi i piccoli coltivatori, spesso ai margini del mercato della terra.

L'aumento dei prezzi della terra e la diminuzione della domanda di lavoro, dovuta alla meccanizzazione delle operazioni colturali agricole, rendono difficile ai piccoli coltivatori, quando non sono consociati, l'accesso al credito di lungo periodo e quindi l'acquisto di terra.

10. L'obiettivo di perseguire la riduzione del debito internazionale attraverso l'esportazione può portare ad una diminuzione del livello di benessere dei piccoli agricoltori che spesso non coltivano prodotti da esportare.

Le carenze del servizio pubblico di formazione agricola non consentono a questi coltivatori, che si dedicano per necessità ad un'agricoltura prevalentemente di sussistenza ricorrendo a pratiche tradizionali, di acquisire la preparazione tecnica necessaria per compiere correttamente le operazioni colturali richieste dai nuovi prodotti.

Le difficoltà che i piccoli agricoltori, scarsamente integrati con il mercato, incontrano nell'accesso al credito limitano le loro possibilità di acquistare i fattori di produzione che le nuove tecniche esigono.

La scarsa conoscenza del mercato non permette loro di essere informati sull'andamento dei prezzi dei prodotti e di ottenere la qualità che l'esportazione esige.

Nelle piccole proprietà, la coltivazione dei prodotti per l'esportazione, incentivata dal mercato, avviene spesso a spese delle produzioni destinate in gran parte all'autoconsumo e, pertanto, espone la famiglia agricola a forti rischi.

Se l'andamento stagionale o le condizioni di mercato sono sfavorevoli, la famiglia del piccolo coltivatore può entrare nella spirale della fame e accumulare debiti che la costringono a perdere la proprietà della sua terra.

11. L'espropriazione delle terre delle popolazioni indigene

In questi ultimi decenni si è registrata un'intensa e continua espansione delle varie forme di attività economica basate sull'uso delle risorse naturali verso le terre tradizionalmente occupate dai popoli indigeni.

Nella maggioranza dei casi, la diffusione delle grandi imprese agricole, la realizzazione di impianti idroelettrici, lo sfruttamento delle risorse minerarie, del petrolio e delle masse legnose delle foreste nelle aree di espansione della frontiera agricola sono stati decisi, pianificati ed attuati ignorando i diritti degli abitanti indigeni.10

Tutto ciò avviene nel rispetto della legalità, ma il diritto di proprietà sancito dalla legge è in conflitto con il diritto all'uso del suolo derivante da un'occupazione e da una appartenenza le cui origini si perdono nel tempo.

Le popolazioni indigene, che nella loro cultura e nella loro spiritualità considerano la terra la base di ogni valore ed il fattore che le unisce e alimenta la loro identità, hanno perduto il diritto legale alla proprietà delle terre sulle quali vivono da secoli già al momento della costituzione dei primi grandi latifondi.

Pertanto, possono essere private improvvisamente di queste terre qualora i detentori vecchi o nuovi del titolo legale di proprietà vogliano prenderne concretamente possesso, anche se per decenni se ne sono disinteressati.

Può anche accadere che gli indigeni corrano il rischio, tanto assurdo quanto concreto, di essere considerati invasori delle loro terre.

La sola alternativa alla possibilità di essere espulsi dalle proprie terre è la disponibilità a lavorare alle dipendenze delle grandi imprese o ad emigrare.

Questi popoli, in ogni caso, vengono spogliati della loro terra e della loro cultura.

12. Violenze e complicità

La storia di molte aree rurali è stata caratterizzata spesso da conflitti, ingiustizie sociali e forme di violenza non controllate.

L'élite fondiaria e le grandi imprese impegnate nello sfruttamento di risorse minerarie e del legname non hanno esitato, in molte occasioni, ad instaurare un clima di terrore per sedare le proteste dei lavoratori, obbligati a ritmi di lavoro disumani e rimunerati con salari che spesso non coprono le spese di viaggio, vitto e alloggio.

Lo stesso clima si è instaurato per vincere i conflitti con i piccoli agricoltori che coltivano da lungo tempo terre demaniali o altre terre o per appropriarsi delle terre occupate dai popoli indigeni.

In queste lotte vengono utilizzati metodi intimidatori, si provocano arresti illegali e, in casi estremi, si assoldano gruppi armati per distruggere i beni e i raccolti, togliere potere ai leaders delle comunità, sbarazzarsi di persone, compresi coloro che prendono le difese dei deboli, tra cui vanno ricordati anche molti responsabili della Chiesa.

I rappresentanti del pubblico potere, spesso, sono direttamente complici di queste violenze.

L'impunità agli esecutori e ai mandanti dei delitti viene garantita da deficienze nell'amministrazione della giustizia e dall'indifferenza di molti Stati verso gli strumenti giuridici internazionali riguardanti il rispetto dei diritti umani.

13. Nodi istituzionali e strutturali da risolvere

I Paesi in via di sviluppo possono contrastare efficacemente l'attuale processo di concentrazione della proprietà della terra se affrontano alcune situazioni che si connotano come veri e propri nodi strutturali.

Tali sono le carenze e i ritardi a livello legislativo in tema di riconoscimento del titolo di proprietà della terra e in relazione al mercato del credito;

il disinteresse per la ricerca e la formazione in agricoltura;

la negligenza a proposito di servizi sociali e di infrastrutture nelle aree rurali.

14. Il riconoscimento legale del diritto di proprietà

Il quadro normativo e i fragili assetti delle istituzioni amministrative, come i catasti, di molti Paesi spesso aggrava le difficoltà che i piccoli coltivatori incontrano nell'ottenere il riconoscimento legale del diritto di proprietà sulla terra che coltivano da lungo tempo e della quale sono proprietari di fatto.

Accade frequentemente che essi ne siano depredati perché questa terra cade, per legge, nelle mani di coloro che, grazie ai maggiori mezzi finanziari e alle informazioni di cui dispongono, possono ottenere il riconoscimento del diritto di proprietà.

Il piccolo coltivatore risulta penalizzato in ogni caso: l'incertezza circa il titolo di possesso della terra costituisce, infatti, un forte disincentivo all'investimento, fa aumentare i rischi per il coltivatore qualora egli accresca l'estensione della propria azienda e riduce la possibilità di accedere al credito utilizzando la terra come garanzia.

Questa incertezza, inoltre, costituisce un incentivo a sfruttare in eccesso le risorse naturali del fondo senza considerare i rischi legati alla sostenibilità ambientale e senza preoccuparsi della continuità intergenerazionale della proprietà della famiglia.

15. Il mercato del credito

La tradizionale normativa riguardante il mercato del credito concorre a produrre gli effetti appena considerati.

Il piccolo coltivatore incontra grandi difficoltà nell'accedere al credito necessario per migliorare la tecnologia produttiva, per accrescere la proprietà, per fronteggiare le avversità, a causa del ruolo assegnato alla terra come strumento di garanzia e dei maggiori costi che i finanziamenti di importo limitato comportano per gli istituti di credito.11

Nelle aree rurali il mercato legale del credito è, spesso, assente.

Il piccolo coltivatore è indotto a ricorrere all'usura per i prestiti di cui ha bisogno, esponendosi a rischi che lo possono portare alla perdita parziale o anche totale della propria terra.

L'usuraio, infatti, finalizza di solito la sua attività alla speculazione fondiaria.

Avviene in tal modo un rastrellamento di piccole proprietà che accresce il numero dei senza terra e che, nello stesso tempo, accresce il patrimonio dei grandi proprietari, dei più ricchi agricoltori o dei commercianti locali.

Nelle economie povere, in sostanza, l'accesso al credito di lungo periodo tende ad essere direttamente proporzionale alla proprietà dei mezzi di produzione, in particolare della terra, e ad essere, pertanto, prerogativa esclusiva dei grandi proprietari terrieri.

16. La ricerca e la formazione agricola

Altre importanti carenze riguardano la ricerca e la formazione agricola,12 ossia le attività di studio e di sviluppo di tecniche di produzione nuove e appropriate alle diverse realtà e l'opera di informazione dei produttori agricoli circa l'esistenza di queste tecniche e le modalità d'impiego atte a trarne il massimo vantaggio.

Molto spesso, nei Paesi in via di sviluppo, l'impegno economico per dare vita a strutture e centri di ricerca è assai limitato e inadeguata risulta la preparazione di coloro che sono preposti alla formazione.

Si determinano, pertanto, le condizioni che rendono possibili due fenomeni, strettamente collegati, di particolare rilievo economico-sociale:

– la diffusione di tecniche frutto dell'attività di ricerca e di sviluppo di privati, i quali, per ragioni di mercato, rivolgono la loro attenzione alle imprese di grandi dimensioni;

– l'insufficiente attenzione alla compatibilità delle tecniche nuove con le caratteristiche dell'agricoltura delle diverse aree e, in particolare, con le condizioni socioeconomiche locali.

In questi casi, alto è il rischio che gli effetti della diffusione delle nuove tecniche siano negativi sul benessere dei piccoli coltivatori e sulla stessa sopravvivenza delle loro imprese.

17. La carenza di infrastrutture e di servizi sociali

Assume grande rilievo il disinteresse per le infrastrutture e i servizi sociali indispensabili nelle aree rurali.

Il sistema scolastico in queste aree, per le sue profonde insufficienze quantitative e qualitative, non fornisce ai giovani i mezzi necessari per sviluppare le loro potenzialità personali e per acquisire la consapevolezza della propria dignità di esseri umani e dei propri diritti e doveri.

In modo analogo, la scarsità e la bassa qualità dei servizi sanitari si traducono, frequentemente, in una effettiva negazione del diritto alla salute dei poveri delle aree rurali, con tutte le conseguenze che ciò comporta sulla vita delle persone.

A loro volta, le carenze dei sistemi di trasporto, oltre a rendere più difficile l'accesso agli altri servizi sociali, concorrono a ridurre sensibilmente ai piccoli coltivatori la redditività dell'esercizio dell'agricoltura.

La mancanza di strade o le loro cattive condizioni di manutenzione e la scarsità di mezzi di trasporto pubblici aumentano i costi dei fattori di produzione e riducono, pertanto, l'incentivo a migliorare le tecniche di produzione.

La conseguenza più grave delle carenze nelle infrastrutture viarie è la dipendenza obbligata dei piccoli coltivatori dal mercato locale per la commercializzazione dei loro prodotti.

Nel mercato locale le informazioni utili sono scarse e diventa perciò difficile adeguare la qualità dei prodotti alle esigenze della domanda.

In esso dominano operatori che dispongono di un potere di carattere monopolistico, cosicché gli agricoltori sono costretti ad accettare il prezzo che viene loro offerto oppure a non vendere.

Conseguenze delle politiche economiche relative alla proprietà fondiaria

18. Conseguenze economiche

Gli squilibri nella ripartizione della proprietà della terra e le politiche che li generano e li alimentano sono fonte di gravi ostacoli allo sviluppo economico.

Tali squilibri e tali politiche possono generare conseguenze economiche che ricadono sulla maggioranza della popolazione.

Se ne possono segnalare almeno cinque:

a) le distorsioni nel mercato della terra.

Le politiche di intervento sui mercati favoriscono spesso le grandi proprietà terriere, in modo implicito od esplicito, attraverso sussidi indiretti e trattamenti fiscali e creditizi privilegiati.

Tali vantaggi producono nuovi investimenti nel valore della terra e, pertanto, l'aumento del suo prezzo.

I piccoli coltivatori vedono così ridursi la loro capacità di acquistare terra e, pertanto, la loro possibilità di accrescere, attraverso le normali operazioni di compravendita, l'efficienza e l'equità del mercato fondiario;

b) la riduzione della produzione agricola complessiva del Paese.

Nei Paesi con una economia agricola poco sviluppata, esiste, di norma, una relazione inversa tra dimensione dell'impresa agricola e produttività.

La produzione per unità di superficie realizzata dai piccoli coltivatori è più elevata di quella ottenuta dai grandi proprietari terrieri.

Quella ottenuta invece dai grandi proprietari terrieri, i quali posseggono la maggior parte della terra, è inferiore con la conseguente riduzione della produzione agricola complessiva del Paese;

c) il contenimento dei salari agricoli a livelli bassi.

Tale contenimento è dovuto alla crescita dell'offerta e alla contemporanea riduzione della domanda di lavoro in agricoltura e alla mancanza delle condizioni che assicurino ai lavoratori la possibilità di negoziare, a livello collettivo e individuale, il loro lavoro;

d) la ridotta redditività delle piccole imprese.

Quando la redditività delle piccole imprese si riduce, risultano difficili gli investimenti necessari per il loro sviluppo.

Si tratta, pertanto, di un processo a spirale, di segno negativo;

e) la sottrazione dei risparmi accumulati nel settore agricolo.

Essi non sono utilizzati proficuamente per investimenti produttivi in infrastrutture e tecnologie utili all'agricoltura, ma le vengono sottratti per essere destinati al consumo o ad altri settori dell'economia.

19. Conseguenze sociali e politiche

Elevate e gravi sono le conseguenze sociali.

Il mondo agricolo è fagocitato in un processo che accresce e diffonde la povertà.13

Là dove essa domina e non esistono né sicurezza sociale né assicurazioni per la vecchiaia, i figli rappresentano per i genitori una garanzia per il proprio futuro.

I tassi di aumento della popolazione, pertanto, sono molto alti, mentre i problemi dell'educazione e di tutela della salute non trovano risposte adeguate.

Il tradizionale equilibrio nella distribuzione spaziale della popolazione è spezzato, nelle comunità rurali, da processi di destrutturazione, che sono all'origine di un movimento migratorio verso le periferie delle grandi città, sempre più megalopoli, dove più gravi diventano i contrasti sociali, la violenza e la criminalità.

I popoli indigeni, sottoposti a continue pressioni che mirano ad allontanarli dalle loro terre, devono assistere alla dissoluzione delle loro istituzioni economiche, sociali, politiche e culturali e alla distruzione dell'equilibrio ambientale dei loro territori.

20. Per molti Paesi, anche molto dotati di terreni coltivabili e di risorse naturali, sono ancora la fame e la malnutrizione a rappresentare il problema principale.14

La fame è, oggi, un fenomeno di crescenti dimensioni.

Essa non dipende soltanto dalle carestie, ma anche da scelte politiche che non migliorano la capacità delle famiglie ad accedere alle risorse.

La difesa dei privilegi di una minoranza porta spesso ad ostacolare e ad impedire di fatto, se non legalmente, lo sviluppo della produzione agricola.

La destinazione delle terre a produzioni da esportare, mentre riduce i costi dell'alimentazione nei Paesi ad economia sviluppata, può avere effetti anche molto negativi sulla maggior parte delle famiglie che vivono di agricoltura.

Questo paradosso è intollerabile per ogni intelligenza e coscienza.

L'accumulazione dei problemi economici e sociali accresce la complessità di quelli politici, provocando instabilità e conflitti che rallentano lo sviluppo democratico.

Tutto ciò penalizza l'agricoltura e rappresenta un gravissimo ostacolo per ogni programma di crescita economica.

21. Conseguenze ambientali

Le disuguaglianze nella distribuzione della proprietà della terra innescano, infine, un processo di degrado ambientale difficilmente reversibile,15 a cui concorrono la degradazione del suolo, la riduzione della sua fertilità, l'elevata esposizione al rischio di alluvioni, l'abbassamento delle falde freatiche, l'interramento dei fiumi e dei laghi, ed altri problemi ecologici.

È frequentemente incentivata, con agevolazioni fiscali e creditizie, la deforestazione di ampie aree per far posto a forme di allevamento estensive e ad attività minerarie o alla lavorazione delle masse legnose, ma non sono previsti piani di risistemazione ambientale oppure non sono attuati, qualora esistano.

Anche la povertà si collega al degrado ambientale in un circolo vizioso quando i piccoli coltivatori, espropriati dalla grande proprietà, ed i poveri senza terra sono costretti, nella loro ricerca di nuove terre, ad occupare quelle strutturalmente fragili, come le terre in pendio, e ad erodere il patrimonio forestale per esercitarvi l'agricoltura.

Indice

4 Questa forma di organizzazione dell'agricoltura appare in declino solo laddove sono state realizzate delle riforme agrarie
5 Tra queste distorsioni meritano di essere ricordate:
a) una distribuzione delle terre operata spesso con metodi arbitrari e soltanto in favore dei membri dei gruppi dominanti o delle classi abbienti;
b) la costituzione di riserve per le popolazioni indigene, spesso in aree poco fertili o lontane dal mercato o povere di infrastrutture, al di fuori delle quali non era consentito acquistare o comunque occupare terra a nessun membro di queste popolazioni;
c) l'adozione di sistemi fiscali differenziati a beneficio dei grandi proprietari fondiari e l'imposizione di tasse discriminatorie sui prodotti dei contadini indigeni;
d) la costituzione di organizzazioni di mercato e l'adozione di sistemi di prezzi atti a privilegiare i prodotti delle grandi proprietà, giungendo, in taluni casi, al divieto di acquisto dei prodotti dei piccoli coltivatori;
e) l'imposizione di barriere all'importazione, per proteggere dalla competizione internazionale le produzioni delle grandi proprietà terriere;
f) l'offerta di credito, di servizi e di sussidi pubblici di cui, in concreto, poteva fruire solo la grande proprietà fondiaria
6 Per « piccolo coltivatore » s'intende il soggetto economico che opera ai margini della produzione agricola ed è coinvolto nel processo di polverizzazione della terra.
Tale processo è speculare e consequenziale al processo di concentrazione e appropriazione indebita dello stesso bene
7 Cfr. FAO, Landlessness: A Growing Problem, « Economic and Social Development Series », Rome 1984
8 Sui diversi fattori d'insuccesso, si veda FAO, Lessons from the Green Revolution Towards a New Green Revolution, Rome 1995, p. 8
9 Per un'analisi di queste politiche a sostegno delle esportazioni agricole e delle grandi imprese e delle loro conseguenze sulla povertà, si vedano:
World Bank, World Development Report 1990, Washington D.C., pp. 58-60;
World Bank, World Development Report 1991, Washington D.C., p. 57
10 Su questa problematica, si veda:
Conseil Pontifical Justice et Paix, Les peuples autochtones dans l'enseignement de JeanPaul II, Cité du Vatican 1993, p. 22
11 Sulla stretta correlazione che esiste nella maggior parte delle economie agrarie tradizionali tra proprietà della terra, accesso al credito e ditribuzione della ricchezza, si veda:
World Bank, World Development Report 1991, cit., pp. 65-66
12 Vi è una sostanziale unanimità di consensi circa l'impatto fortemente negativo che le carenze dei servizi di formazione professionale agricola di molti Paesi in via di sviluppo hanno sulla povertà del mondo agricolo.
Si veda, tra gli altri:
World Bank, World Development Report 1991, cit., pp. 73-75
13 Cfr. UNDP, World Human Development Report 1990, New York
14 Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Vertice mondiale sull'Alimentazione organizzato dalla FAO, 13-17 novembre 1996;
FAO, Rome Declaration on World Food Security and World Food Summit Plan of Action, Rome 1996;
Pont. Cons. Cor Unum, La fame nel mondo. Una sfida per tutti: lo sviluppo solidale, 1996;
FAO, Dimensions of Need: An Atlas of Food and Agriculture, Rome 1995, p. 16;
World Bank, Poverty and Hunger, Washington D.C. 1986
15 Sui rapporti tra concentrazione della proprietà fondiaria, povertà delle campagne e degrado dell'ambiente,
cfr. World Bank, World Development Report 1990, cit., pp. 71-73;
World Bank, World Development Report 1992, Washington D.C., pp. 134-138, 149-153;
FAO, Sustainable Development and the Environment, FAO Policies and Actions, Rome 1992