Pietà popolare e Liturgia |
2. La Sacra Liturgia, che la Costituzione Sacrosanctum Concilium qualifica come il culmine della vita ecclesiale, non può mai essere ridotta a semplice realtà estetica, né può essere considerata come uno strumento con finalità meramente pedagogiche o ecumeniche.
La celebrazione dei santi misteri è innanzitutto azione di lode alla sovrana maestà di Dio, Uno e Trino, ed espressione voluta da Dio stesso.
Con essa l'uomo, in modo personale e comunitario, si presenta dinanzi a Lui per rendergli grazie, consapevole che il suo essere non può trovare la sua pienezza senza lodarlo e compiere la sua volontà, nella costante ricerca del Regno che è già presente, ma che verrà definitivamente nel giorno della Parusia del Signore Gesù.
La Liturgia e la vita sono realtà indissociabili.
Una Liturgia che non avesse un riflesso nella vita diventerebbe vuota e certamente non gradita a Dio.
3. La celebrazione liturgica è un atto della virtù di religione che, coerentemente con la sua natura, deve caratterizzarsi per un profondo senso del sacro.
In essa l'uomo e la comunità devono essere consapevoli di trovarsi in modo speciale dinanzi a Colui che è tre volte santo e trascendente.
Di conseguenza l'atteggiamento richiesto non può che essere permeato dalla riverenza e dal senso dello stupore che scaturisce dal sapersi alla presenza della maestà di Dio.
Non voleva forse esprimere questo Dio nel comandare a Mosè di togliersi i sandali dinanzi al roveto ardente?
Non nasceva forse da questa consapevolezza l'atteggiamento di Mosè e di Elia, che non osarono guardare Iddio facie ad faciem?
Il Popolo di Dio ha bisogno di vedere nei sacerdoti e nei diaconi un comportamento pieno di riverenza e di dignità, capace di aiutarlo a penetrare le cose invisibili, anche senza tante parole e spiegazioni.
Nel Messale Romano, detto di San Pio V, come in diverse Liturgie orientali, vi sono bellissime preghiere con le quali il sacerdote esprime il più profondo senso di umiltà e di riverenza di fronte ai santi misteri: esse rivelano la sostanza stessa di qualsiasi Liturgia.
La celebrazione liturgica presieduta dal sacerdote è un'assemblea orante, radunata nella fede e attenta alla Parola di Dio.
Essa ha come scopo primario quello di presentare alla divina Maestà il Sacrificio vivo, puro e santo, offerto sul Calvario una volta per sempre dal Signore Gesù, che si fa presente ogni volta che la Chiesa celebra la Santa Messa per esprimere il culto dovuto a Dio in spirito e verità.
Mi è noto l'impegno profuso da codesta Congregazione per promuovere, insieme con i Vescovi, l'approfondimento della vita liturgica nella Chiesa.
Nell'esprimere il mio apprezzamento, auspico che tale preziosa opera contribuisca a rendere le celebrazioni sempre più degne e fruttuose.
4. La vostra Plenaria, anche in vista della preparazione di un apposito Direttorio, ha scelto come tema centrale quello della religiosità popolare.
Essa costituisce un'espressione della fede che si avvale di elementi culturali di un determinato ambiente, interpretando ed interpellando la sensibilità dei partecipanti in modo vivace ed efficace.
La religiosità popolare, che si esprime in forme diversificate e diffuse, quando è genuina, ha come sorgente la fede e dev'essere, pertanto, apprezzata e favorita.
Essa, nelle sue manifestazioni più autentiche, non si contrappone alla centralità della Sacra Liturgia, ma, favorendo la fede del popolo che la considera una sua connaturale espressione religiosa, predispone alla celebrazione dei sacri misteri.
5. Il corretto rapporto tra queste due espressioni di fede deve tener presenti alcuni punti fermi e, tra questi, innanzitutto che la Liturgia è il centro della vita della Chiesa e nessun'altra espressione religiosa può sostituirla od essere considerata allo stesso livello.
È importante ribadire, inoltre, che la religiosità popolare ha il suo naturale coronamento nella celebrazione liturgica, verso la quale, pur non confluendovi abitualmente, deve idealmente orientarsi, e ciò deve essere illustrato con un'appropriata catechesi.
Le espressioni della religiosità popolare appaiono talora inquinate da elementi non coerenti con la dottrina cattolica.
In tali casi esse vanno purificate con prudenza e pazienza, attraverso contatti con i responsabili e una catechesi attenta e rispettosa, a meno che incongruenze radicali non rendano necessarie misure chiare e immediate.
Queste valutazioni competono innanzitutto al Vescovo diocesano o ai Vescovi del territorio interessati a tali forme di religiosità.
In questo caso è opportuno che i Pastori confrontino le loro esperienze per offrire orientamenti pastorali comuni, evitando contraddizioni dannose per il popolo cristiano.
Tuttavia, a meno di palesi motivi contrari, i Vescovi abbiano nei confronti della religiosità popolare un atteggiamento positivo ed incoraggiante.
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