Soliti nos
Venerabile Fratello, salute e Apostolica Benedizione.
Poiché siamo soliti considerare con particolare compiacimento i Nostri Bergamaschi, che si distinguono in modo esemplare per la loro vita cristiana, con vero dispiacere abbiamo appreso talune voci negative relative a certi moti popolari che sarebbero avvenuti costì.
In verità non stupisce che il « nemico », invidiando già da tempo la fertilità di codesto campo del Signore, e spiando attentamente il momento opportuno per devastarlo, abbia approfittato della crisi di questi tempi sventurati per seminare la zizzania sopra un terreno tanto fruttifero.
Ma poiché la cattiva semente, una volta che abbia messo radici, può col tempo soffocare il buon grano, stimiamo Nostro strettissimo dovere - poiché il Signore ha affidato a Noi la cura di tutto il mistico campo - di adoperarCi con tutte le forze perché essa non abbia a svilupparsi.
A te pertanto Ci indirizziamo, Venerabile Fratello, con questa lettera, non perché dubitiamo del tuo zelo, del quale hai già dato in proposito valida testimonianza, ma perché riteniamo opportuno esortare i diletti figli, tuo tramite, a rimanere fedeli al proprio dovere; e confidiamo che essi faranno ciò anche con maggiore impegno quando constateranno che la Nostra autorità è a sostegno della tua.
Innanzi tutto desideriamo che tutti sappiano che Noi approviamo calorosamente quanto hai fatto, Venerabile Fratello, allorché, finita la guerra, quando tutti tornavano ai consueti lavori, venendo incontro alle nuove necessità, con la collaborazione della Giunta Diocesana, hai istituito un apposito Ufficio del Lavoro per provvedere ai bisogni delle diverse categorie di operai.
Istituzione veramente ottima ed utilissima qualora il suo funzionamento sia regolato secondo i dettami della religione; altrimenti si sa purtroppo quali e quanti disordini essa possa arrecare alla società.
È necessario pertanto che i dirigenti di tale Ufficio, il quale ha così stretta attinenza col bene comune, abbiano sempre dinanzi agli occhi e osservino scrupolosamente i princìpi di scienza sociale inculcati dalla Santa Sede nella memorabile Enciclica « Rerum novarum » e in altri documenti.
Si ricordino specialmente di questi punti fondamentali: in questa breve vita mortale, soggetta a tutti i mali, a nessuno è dato di essere veramente felice, poiché la vera, perfetta, eterna felicità ci attende solo in cielo, come premio a chi ha vissuto bene;
a lassù dunque, qualunque cosa facciamo, deve tendere ogni nostra azione;
pertanto, più che essere gelosi dei nostri diritti dobbiamo essere premurosi di compiere i nostri doveri;
d'altra parte ci è bensì concesso di migliorare in questa vita mortale la nostra condizione e procurarci un maggiore benessere, ma per il bene comune nessuna cosa è più giovevole dell'armonia e della concordia fra tutte le classi sociali: di ciò è fautrice massima la carità cristiana.
Vedano quindi come farebbero male gl'interessi dell'operaio coloro che, avendo in programma di migliorarne le condizioni, si prestassero unicamente ad aiutarlo nell'acquisto di questi beni caduchi, e non solo trascurassero di temperare le sue aspirazioni col richiamo ai doveri cristiani, ma si adoperassero ad aizzarlo sempre più contro i ricchi con quell'acrimonia di linguaggio che solitamente è usata dai nostri avversari per eccitare le folle alla rivoluzione sociale.
Ad ovviare ad un così grave pericolo, sarà tua cura, Venerabile Fratello, far presente, come già fai, a quanti si dedicano a patrocinare la causa dei lavoratori che essi, guardandosi bene dall'adoperare l'intemperanza di linguaggio propria dei « socialisti », devono spiegare un'azione e una propaganda tutta pervasa di spirito cristiano; senza questo potranno nuocere molto, certo non giovare.
Ci arride però la speranza che tutti vorranno esserti ossequenti; e se qualcuno si rifiutasse di obbedire, lo rimuoverai senz'altro dall'incarico.
Del resto è naturale che a questa cristiana elevazione degli umili debba concorrere più largamente chi dalla Provvidenza è stato fornito di maggiori mezzi.
Quindi coloro che si trovano più in alto per posizione sociale o per cultura, non ricusino di aiutare l'operaio con il consiglio, con l'autorità e con la parola, promuovendo specialmente quelle opere che sono state provvidamente istituite a suo vantaggio.
Quanti poi sono forniti di beni di fortuna, non vogliano regolare i propri interessi col proletariato secondo il rigido diritto, ma piuttosto secondo equità.
Anzi caldamente li esortiamo ad usare in ciò anche maggiore indulgenza, facendo le più larghe e liberali concessioni che possono.
Cade qui a proposito ciò che dice l'Apostolo a Timoteo: « Ai ricchi di questo mondo … raccomanda di essere pronti a dare, di essere generosi ». ( 1 Tm 6,17-18 )
In tal modo essi si guadagneranno l'animo dei poveri, che si erano inimicati con loro ritenendoli troppo attaccati al denaro.
Pertanto i meno abbienti e quanti si trovano in una posizione inferiore siano ben penetrati di questa verità, che la distinzione delle classi sociali proviene dalla natura, e perciò stesso dalla volontà di Dio, poiché « Egli stesso fece il piccolo e il grande »; ( Sap 6,7 ) e questo giova meravigliosamente al bene dei singoli individui e della società.
Si persuadano quindi che per quanto essi con la propria attività e col concorso dei buoni possano migliorare la loro condizione, rimarrà pur sempre a loro, come a tutti gli altri, non poco da soffrire.
Perciò, se vorranno operare da savî, non si sforzeranno di perseguire utopie inattuabili, e sopporteranno in pace e con fortezza i mali inevitabili di questa vita, in attesa di beni immortali.
Perciò Noi preghiamo e scongiuriamo i Bergamaschi, per la loro singolare pietà e devozione verso questa Sede Apostolica, a non lasciarsi ingannare dalle lusinghe di coloro che con fallaci promesse si sforzano di strappare loro dal cuore l'avita fede per aizzarli a brutali violenze e sconvolgimenti.
Non con la violenza, né col disordine, si difende la causa della giustizia e delle verità, poiché queste sono armi che feriscono innanzi tutto chi ne fa uso.
È pertanto dovere dei sacerdoti e specialmente dei parroci opporsi energicamente a codesti pericolosissimi nemici della fede cattolica e della società, combattendoli uniti e compatti sotto la tua guida, Venerabile Fratello.
Nessuno deve credere che ciò sia estraneo al ministero sacro, trattandosi di questione economica, mentre è appunto per questo che si profila il rischio per la salvezza eterna delle anime.
Ritengano come uno dei loro doveri dedicarsi quanto più possono alla scienza e all'azione sociale con lo studio e con l'operosità, ed aiutare insieme con ogni mezzo coloro che degnamente lavorano nelle nostre organizzazioni.
Nello stesso tempo procurino di insegnare premurosamente ai propri fedeli le norme della vita cristiana, mettendoli in guardia contro le insidie dei « socialisti », promuovendone anche il miglioramento economico, ricordando sempre quanto raccomanda la Chiesa: « Cerchiamo di passare attraverso i beni temporali, in modo da non perdere quelli eterni ».
Frattanto Noi non cesseremo d'invocare su voi tutti i doni della divina bontà in auspicio dei quali e come testimonianza della Nostra benevolenza impartiamo con tanto affetto l'Apostolica Benedizione a te, Venerabile Fratello, al clero e al tuo popolo.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 11 marzo 1920, nell'anno sesto del Nostro Pontificato.
Benedictus PP. XV