Concilio di Lione II |
17 Se i canonici volessero cessare dalla celebrazione dei divini uffici, come essi per consuetudine o per altri motivi rivendicano, prima di questa cessazione, espongano in un pubblico documento le ragioni per cui cessano, e lo mandino a colui contro il quale intendono cessare.
Se essi cessassero senza questa formalità, o la causa da essi espressa non fosse legittima, saranno obbligati a restituire tutto quello che hanno percepito da quella chiesa per tutto il tempo della cessazione.
Le rendite loro dovute per quel tempo essi non le percepiranno in nessun modo, ma dovranno darle alla stessa chiesa, e, ciò nonostante, riparare anche i danni e le perdite di colui, contro il quale hanno cessato.
Se la causa sarà trovata legittima, chi ha dato occasione alla cessazione, sia condannato, a giudizio del superiore, a pagare ogni interesse ai canonici e alla chiesa, cui per sua colpa è stato sottratto il servizio, secondo una data tassa, e a destinarla ad aumento del culto divino.
Riproviamo poi assolutamente l'odioso abuso e la mancanza di ogni devozione di chi, trattando con irriverente audacia le immagini o le statue della Croce, della beata Vergine e degli altri Santi, per rendere più evidente questa loro cessazione le gettano per terra, le mettono tra le spine e le ortiche, e proibiamo assolutamente che in seguito si faccia qualche cosa di simile; stabiliamo che contro chi agisse diversamente sia portata una severa sentenza, che punisca talmente quelli che mancano, da scoraggiaregli altri.
18 I vescovi costringano severamente chi ha più dignità o chiese con annessa cura d'anime a presentare entro un tempo determinato le dispense in forza delle quali essi asseriscono di tenere canonicamente queste chiese o dignità.
Se non sarà stata presentata alcuna dispensa, nel tempo stabilito, le chiese, i benefici o le dignità, tenuti senza dispensa, e quindi per ciò stesso illecitamente, siano assegnati liberamente a persone idonee.
Se invece la dispensa presentata sembrerà sufficiente, chi la presenta non sia molestato nel possesso di questi benefici, che ha canonicamente.
Curi tuttavia, l'ordinario, che in queste chiese non venga trascurata la cura delle anime, e che gli stessi benefici non manchino dei dovuti servizi.
Se la validità della dispensa presentata fosse dubbia, si deve ricorrere alla Sede apostolica, cui spetta giudicare in materia di benefici.
Inoltre nel conferire benefici con cura d'anime, gli ordinari abbiano l'accortezza di non conferirli a chi ne abbia già uno, se prima non sia mostrata con chiara o evidenza la dovuta dispensa.
Ed anche in tal caso, vogliamo che si proceda al conferimento, solo quando appaia dalla dispensa che l'interessato può lecitamente cumulare quel beneficio con gli altri, o se egli liberamente e spontaneamente rinunzia a quelli che già ha.
Diversamente, la concessione di benefici a chi ne abbia altri non avrà assolutamente alcun valore.
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