Concilio di Basilea

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Sessione XIII ( 30 novembre 1444 )

Bolla di unione dei Siri

Eugenio vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetua memoria.

In questi nostri tempi, la ineffabile clemenza della divina misericordia largisce alla sua santa chiesa molti e mirabili doni e molto più grandi di quanto potessimo chiedere o pensare, per cui vediamo la fede ortodossa dilatarsi e nuovi popoli tornare di giorno in giorno all'obbedienza della sede apostolica e sentiamo rinnovarsi quotidianamente i motivi di gioia e di esultanza per noi e per tutti i fedeli di Cristo.

Giustamente, quindi, siamo spinti a dire spessissimo ai popoli cristiani col profeta, nel giubilo: Venite, esultiamo nel Signore ( Sal 95,1-3 ) manifestiamo la nostra letizia a Dio, nostra salvezza, perché grande è il Signore e degno di molta lode nella città del nostro Dio, nel suo santo monte. ( Sal 48,2 )

Il Signore, il quale non ha limiti nella sua onnipotenza e sapienza, ha sempre operato cose grandi e inscrutabili nella chiesa cattolica, che è la città di Dio, fondata sul monte santo ( Mt 5,14 ) dell'autorità della sede apostolica e di Pietro, questo però, di particolarmente singolare e grande le ha concesso l'ineffabile provvidenza del suo fondatore: che la retta fede, la quale, sola, santifica e vivifica il genere umano, rimanga sempre, in quel monte santo, in una sola ed immutabile confessione della verità, e che i dissensi che nascono contro la chiesa dai vari modi terreni di sentire e che separano dalla solidità di quella pietra, tornando a quel monte siano sterminati e sradicati.

Per cui i popoli e le nazioni, confluendo al suo seno, si trovano d'accordo con essa in una sola verità.

Non è stato, certo, per i nostri meriti che l'immensità della divina bontà ci ha concesso di poter vedere questi doni di Dio, tanto grandi e eccelsi e cosi meravigliosi, ma per la sua benignità e degnazione.

Dopo l'unione dei Greci nel sacro concilio ecumenico fiorentino - che sembravano in disaccordo con la chiesa romana su alcuni punti, - e dopo il ritorno degli Armeni e dei Giacobiti - che erano trattenuti da varie opinioni, ma che, abbandonato ogni dissenso, hanno convenuto nella stessa retta via della verità -, ecco ora, di nuovo, con l'aiuto del Signore, vengono da lontano altre nazioni, che abitano la Mesopotamia, fra il Tigri e l'Eufrate: esse, che non avevano una retta dottrina sulla processione dello Spirito santo e su altri punti.

Grande, quindi, è il motivo di gioia per noi e per tutti i cristiani: poiché col favore di Dio la splendidissima professione della verità della fede della chiesa romana, che è sempre stata monda di ogni macchia di falsità, ha brillato anche in oriente, oltre i confini dell'Eufrate, con nuovi fulgori, tanto da attrarre e chiamare fino a questa alma città e alla nostra presenza e a quella di questo sacro concilio ecumenico Lateranense100 il venerabile fratello nostro Abdalam, arcivescovo di Edessa, inviato del venerabile fratello nostro Ignazio, patriarca dei Siri e di tutta la sua nazione; il quale con umile devozione ha chiesto che noi dessimo loro la regola della fede, che la sacrosanta chiesa di Roma professa.

Noi perciò, che fra tutte le preoccupazioni della santa sede apostolica abbiamo questa in cima a tutti i nostri pensieri, - come del resto sempre l'abbiamo avuta - difendere la verità del Vangelo e, sterminate le eresie diffondere e propagare il più largamente possibile la retta fede, abbiamo scelto alcuni dei nostri venerabili fratelli cardinali della santa chiesa romana, i quali, chiamati alcuni maestri in sacra scrittura da questo sacro concilio, trattassero con quell'arcivescovo delle difficoltà, dei dubbi e degli errori di quella nazione, lo esaminassero e gli esponessero l'insegnamento della verità cattolica, lo istruissero e lo informassero completamente della integrità della fede della chiesa romana.

Essi hanno trovato che egli ha idee giuste su tutto quanto riguarda la fede e i costumi, meno che su tre punti: sulla processione dello Spirito santo, sulle due nature in Gesù Cristo, nostro salvatore, e sulle due volontà e operazioni in lui.

Gli hanno spiegato la verità della fede ortodossa, chiarito l'intelligenza delle sacre scritture, adducendo le testimonianze dei santi dottori e portando anche quegli argomenti di ragione che la materia comporta.

L'arcivescovo, compresa la loro dottrina, ha dichiarato pienamente superati tutti i suoi dubbi.

Per quanto riguarda la processione dello Spirito santo e le due nature, volontà ed operazioni in Gesù Cristo, nostro signore, ha dimostrato di averne uni tale comprensione, da dar l'impressione di capire pienamente la verità della fede, e da promettere che a nome del patriarca, di tutta 1a nazione e suo, avrebbe accettato completamente la fede e la dottrina, che noi con l'approvazione di questo sacro concilio gli avremmo dato.

Perciò, ricolmi di gioia in Cristo, rendiamo innumerevoli grazie al nostro Dio, perché vediamo adempiuto il nostro voto per la salvezza di quella nazione.

Quindi, dopo averne trattato diligentemente coi nostri fratelli e col sacro concilio, abbiamo creduto bene trasmettere e prescrivere allo stesso arcivescovo la fede e la dottrina che professa la sacrosanta madre chiesa romana.

Ed egli l'accetta, a nome delle persone già dette.

Questa, dunque, è la fede che la sacrosanta madre chiesa romana ha sempre ritenuto, predicato, e insegnato e che al presente tiene, predica, professa e insegna.

È questa dottrina che noi prescriviamo che l'arcivescovo Abdalam debba ricevere nei tre articoli, e custodire ed osservare per sempre, in futuro, a nome e in vece del suddetto patriarca dei Siri, di tutta quella nazione e suo.

E prima di tutto, che lo Spirito santo è ab aeterno dal Padre e dal Figlio, che ha la sua essenza e l'essere sussistente dal Padre e dal Figlio insieme, e che procede eternamente dall'uno e dall'altro come da un solo principio e da un'unica spirazione.

Ritiene, inoltre, professa e insegna "un solo e medesimo Figlio: il signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [ composto ] di anima razionale e del corpo, consostanziale al Padre per la divinità e consostanziale a noi per l'umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria vergine e madre di Dio, secondo l'umanità, uno e medesimo Cristo signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuti meno la differenza delle nature a causa delle loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipostasi; Egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio, unigenito, Dio, verbo e signore Gesù Cristo".101

Crede, inoltre, professa ed insegna che nello stesso signore Gesù Cristo vi sono "due volontà naturali e due operazioni naturali, indivisibilmente, immutabilmente, inseparabilmente, inconfusamente, secondo l'insegnamento dei santi padri.

Due volontà naturali, l'una divina, l'altra umana, che non sono in contrasto fra loro, ma tali che la volontà umana sia sottoposta alla divina e onnipotente sua volontà.

Come, infatti, la sua santissima carne, immacolata e animata, sebbene deificata, non fu distrutta, ma rimase nel proprio stato e nel proprio modo d'essere, cosi la sua volontà umana, anche se deificata, non fu annullata, ma piuttosto salvata".102

Noi disponiamo, dunque, che l'arcivescovo Abdalam, a nome di quelli che sono stati accennati sopra, debba accettare questa fede, crederla col cuore e professarla con la bocca.

Ordiniamo, inoltre, e stabiliamo che, a nome degli stessi debba accettare ed abbracciare tutto quello che dalla sacrosanta chiesa romana è stato definito e stabilito lungo i secoli, specialmente i decreti dei Greci, degli Armeni e dei Giacobiti, promulgati nel sacro concilio ecumenico fiorentino, che noi, dopo che lo stesso arcivescovo Abdalam li ebbe letti accuratamente, - tradotti in arabo - e lodati, abbiamo fatto dare a lui, che li accettava a nome delle persone suddette, per una più profonda e più completa comprensione.

Quei dottori, inoltre, e quei santi padri che approva e accetta la sacrosanta chiesa romana, egli, a nome dei suddetti, dovrà accettarli e approvarli; e, sempre a nome loro, dovrà considerare come condannate e riprovate tutte quelle persone e qualsiasi altra cosa - che essa condanna e riprova, promettendo, ancora, a nome di essi, come figlio d'obbedienza, di stare, devotamente, sempre e fedelmente agli ordini e alle disposizioni della sede apostolica. Ciò, con giuramento.

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100 Il 14 ottobre 1443 Eugenio IV aveva trasferito il concilio da Firenze a Roma
101 Dalla definizione del concilio di Calcedonia
102 Dalla definizione del concilio Costantinopolitano III