Dei Filius |
La Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana crede e confessa che uno solo è il Dio vivo e vero, Creatore e Signore del cielo e della terra, onnipotente, eterno, immenso, incomprensibile, infinito per intelletto, volontà e per ogni perfezione, il quale essendo unica singolare, assolutamente semplice ed immutabile sostanza spirituale deve essere predicato realmente e per essenza, distinto dal mondo, in sé e per sé beatissimo, ineffabilmente eccelso sopra tutte le cose che sono e che si possono concepire fuori di Lui.
Questo solo vero Dio, per la Sua bontà e per la Sua onnipotente virtù, non già per accrescere od acquistare la Sua beatitudine, ma per manifestare la Sua perfezione attraverso i beni che dona alle Sue creature, con liberissima decisione fin dal principio del tempo produsse dal nulla l'una e l'altra creatura contemporaneamente, la spirituale e la corporale, cioè l'angelica e la terrena, e quindi l'umana, costituita in comune di spirito e di corpo.1
Iddio, con la Sua provvidenza, conserva e governa tutte le cose che Egli ha creato, estendendosi da un confine all'altro con forza, e disponendo soavemente ogni cosa ( Sap 8,1 ).
Infatti, tutte le cose sono nude e scoperte ai Suoi occhi ( Eb 4,13 ), anche quelle che per libera scelta delle creature saranno in avvenire.
La medesima Santa Madre Chiesa professa ed insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza al lume naturale della ragione umana attraverso le cose create; infatti, le cose invisibili di Lui vengono conosciute dall'intelligenza della creatura umana attraverso le cose che furono fatte ( Rm 1,20 ).
Tuttavia piacque alla Sua bontà e alla Sua sapienza rivelare se stesso e i decreti della Sua volontà al genere umano attraverso un'altra via, la soprannaturale, secondo il detto dell'Apostolo: "Dio, che molte volte e in vari modi parlò un tempo ai padri attraverso i Profeti, recentemente, in codesti giorni, ha parlato a noi attraverso il Figlio" ( Eb 1,1-2 ).
Si deve a questa divina Rivelazione se tutto ciò che delle cose divine è di per sé assolutamente inaccessibile alla ragione umana, anche nella presente condizione del genere umano può facilmente essere conosciuto da tutti con certezza e senza alcun pericolo di errore.
Tuttavia non per questo motivo deve dirsi assolutamente necessaria la Rivelazione, ma perché nella Sua infinita bontà Dio destinò l'uomo ad un fine soprannaturale, cioè alla partecipazione dei beni divini, che superano totalmente l'intelligenza della mente umana; infatti Dio ha preparato per coloro che Lo amano quelle cose che nessun occhio vide, nessun orecchio mai udì, nessun cuore umano conobbe ( 1 Cor 2,9 ).
Questa Rivelazione soprannaturale, secondo la fede della Chiesa universale, proclamata anche dal santo Concilio Tridentino, è contenuta nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte ricevute dagli Apostoli dalla stessa bocca di Cristo o dagli Apostoli ispirati dallo Spirito Santo, tramandate di generazione in generazione fino a noi.2
Ora questi libri, sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, integri in tutte le loro parti, come sono numerati nel decreto del medesimo Concilio e come si trovano tradotti nell'antica edizione latina, devono ritenersi per sacri e canonici.
La Chiesa li considera sacri e canonici non perché, composti da opera umana, siano poi stati approvati dalla sua autorità, e neppure perché contengono la Rivelazione divina senza errore, ma perché, essendo stati scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio come autore e come tali sono stati affidati alla Chiesa.
Poiché quelle cose che il santo Concilio Tridentino decretò per porre conveniente freno alle menti presuntuose sono state interpretate in modo malvagio da taluni, Noi rinnoviamo il medesimo decreto e dichiariamo che questo è il suo significato: nelle cose della fede e dei costumi appartenenti alla edificazione della dottrina Cristiana deve essere tenuto per vero quel senso della sacra Scrittura che ha sempre tenuto e tiene la Santa Madre Chiesa, alla cui autorità spetta giudicare del vero pensiero e della vera interpretazione delle sante Scritture; perciò a nessuno deve essere lecito interpretare tale Scrittura contro questo intendimento o anche contro l'unanime giudizio dei Padri.
Essendo l'uomo, in tutto il suo essere, dipendente da Dio, suo Creatore e Signore, ed essendo la ragione creata completamente soggetta alla Verità increata, noi siamo tenuti a prestare con la fede il nostro pieno ossequio di mente e di volontà a Dio rivelante.
La Chiesa cattolica professa che questa fede, che è l'inizio della salvezza dell'uomo, è una virtù soprannaturale, con la quale, sotto l'ispirazione e la grazia di Dio, crediamo che le cose da Lui rivelate sono vere, non per la loro intrinseca verità individuata col lume naturale della ragione, ma per l'autorità dello stesso Dio rivelante, il quale né può ingannarsi, né può ingannare.
La fede è, per testimonianza dell'Apostolo, sostanza delle cose sperate, argomento delle non apparenti ( Eb 11,1 ).
Ma affinché l'ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Dio ha voluto che agli aiuti interiori dello Spirito Santo, si unissero gli argomenti esterni della sua Rivelazione, cioè gli interventi divini, come sono principalmente i miracoli e le profezie che dimostrano luminosamente l'onnipotenza e la scienza infinita di Dio e sono segni certissimi della divina Rivelazione e adatti all'intelligenza di tutti.
Per questo Mosè e i profeti, ma specialmente Cristo Signore fecero molti e chiari miracoli e profezie; e degli Apostoli leggiamo: "Essi poi partirono e predicarono dappertutto, cooperando il Signore e confermando la loro predicazione con prodigi che li accompagnavano" ( Mc 16,20 ).
Sta pure scritto: "Abbiamo il linguaggio profetico più sicuro, che fate bene ad osservare, come lampada che splende in un luogo oscuro" ( 2 Pt 1,19 ).
Benché, dunque, l'assenso alla fede non sia un cieco impulso dell'anima, tuttavia nessuno riesce ad aderire alla verità del Vangelo nel modo necessario per il conseguimento dell'eterna salvezza, senza l'illustrazione e l'ispirazione dello Spirito Santo, il quale dà a tutti soavità nel consentire e credere alla verità.3
Pertanto la stessa fede, anche quando non opera per la carità, è dono di Dio, e il suo atto è opera ordinata alla salvezza, con cui l'uomo presta a Dio libera obbedienza, cooperando e consentendo alla Sua grazia, alla quale però può sempre resistere.
Quindi si devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio, scritta o trasmessa per tradizione, e che vengono proposte dalla Chiesa, o con solenne definizione, o con il magistero ordinario e universale, come divinamente ispirate, e pertanto da credersi.
Poiché senza la fede è impossibile piacere a Dio e giungere all'unione con i suoi figli, così senza di essa nessuno potrà mai essere assoluto, come pure nessuno conseguirà la vita eterna senza aver perseverato in essa sino alla fine.
Affinché poi potessimo adempiere il dovere di abbracciare la vera fede e perseverare costantemente in essa, Dio, mediante il Suo Figlio Unigenito, istituì la Chiesa e la insignì di così chiare note perché potesse essere conosciuta da tutti come custode e maestra della parola rivelata.
Infatti alla sola Chiesa cattolica appartengono tutte quelle cose così ricche e così meravigliose che sono state divinamente predisposte per la credibilità della fede cristiana. Anzi, la Chiesa, per se stessa, cioè per la sua ammirevole propagazione nel mondo, per la sua esimia santità e per l'inesausta fecondità di tutti i suoi beni, per la sua unità, per l'invitta solidità è un grande e perenne motivo di credibilità, una testimonianza irrefragabile della sua istituzione divina.
Onde avviene che essa, come vessillo levato fra le genti ( Is 11,12 ), invita continuamente a sé quelli che non credono, e assicura i suoi figli che la fede da loro professata poggia su solidissimo fondamento.
A questa testimonianza proviene un efficacissimo aiuto dalla suprema virtù.
Infatti il misericordioso Signore eccita gli erranti, e li aiuta con la sua grazia affinché possano giungere a conoscere la verità; conferma con la stessa grazia coloro che trasse dalle tenebre nella sua mirabile luce, affinché perseverino nella stessa luce: non abbandona mai nessuno se non è abbandonato.
Conseguentemente, non è pari la condizione di coloro che con il celeste dono della fede aderirono alla verità cattolica e la condizione di coloro che, guidati da opinioni umane, seguono una falsa religione.
Infatti, quelli che sotto il magistero della Chiesa hanno ricevuto la fede, non possono avere alcun giusto motivo per cambiare o mettere in dubbio la loro fede.
Stando così le cose, rendendo grazie a Dio Padre, il quale ci ha fatti degni di partecipare nella luce alla sorte dei santi, non trascuriamo tanta salvezza, ma guardando all'autore e perfezionatore della fede, Gesù, manteniamo immutata la confessione della nostra speranza.
L'ininterrotto pensiero della Chiesa cattolica sostenne e sostiene che esiste un duplice ordine di cognizioni, distinto non solo quanto al principio, ma anche riguardo all'oggetto; quanto al principio, perché in uno conosciamo con la ragione naturale, nell'altro con la fede divina; quanto all'oggetto perché, oltre le cose a cui la ragione naturale potrebbe arrivare, ci viene proposto di credere misteri nascosti in Dio: misteri che non possono essere conosciuti senza la rivelazione divina.
Per questo l'Apostolo, il quale asserisce che Dio è conosciuto dalle genti attraverso le cose che sono state create, trattando poi della grazia e della verità che ci sono venute da Gesù Cristo ( Gv 1,17 ), afferma: "Noi parliamo di una sapienza di Dio, misteriosa, che è nascosta: di una sapienza che Dio ha ordinato prima dei secoli per la nostra gloria, e che nessuno dei principi di questa terra ha conosciuto.
A noi è stata rivelata da Dio per mezzo del Suo Spirito: quello Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le cose profonde di Dio ( 1 Cor 2,7-9 ).
Lo stesso Figlio Unigenito ringrazia il Padre di aver tenuto nascoste queste cose ai sapienti e di averle rivelate ai pargoli" ( Mt 11,25 ).
Per la verità, la ragione, quando è illuminata dalla fede e cerca diligentemente, piamente e con amore, ottiene, con l'aiuto di Dio, una certa comprensione dei misteri, già preziosa per sé, sia per l'analogia con le cose che già conosce naturalmente, sia per la connessione degli stessi misteri fra di loro relativamente al fine ultimo dell'uomo.
Essa, però, non è mai in grado di comprendere tali misteri allo stesso modo delle verità che costituiscono l'oggetto naturale delle proprie capacità conoscitive.
Infatti, i misteri di Dio trascendono per loro natura in modo così elevato l'intelletto creato, che anche se insegnati dalla Rivelazione e accolti con fede, restano tuttavia coperti dal velo della stessa fede e quasi avvolti nell'oscurità finché in questa vita mortale noi pellegriniamo lontani dal Signore: giacché noi camminiamo per fede e non per conoscenza ( 2 Cor 5,7 ).
Ma sebbene la fede sia superiore alla ragione, pure non vi può essere nessun vero dissenso fra la fede e la ragione, poiché il Dio che rivela i misteri della fede e la infonde in noi è lo stesso che ha infuso il lume della ragione nell'animo umano; Dio non può quindi negare se stesso, né la verità contraddire la verità.
La vana apparenza di queste contraddizioni nasce soprattutto o perché i dogmi della fede non sono stati compresi ed esposti secondo la mente della Chiesa, o perché false opinioni sono state considerate verità dettate dalla ragione.
Stabiliamo pertanto che ogni asserzione contraria alla verità della fede illuminata è totalmente falsa.4
La Chiesa, poi, che insieme con l'ufficio apostolico d'insegnare ha ricevuto pure il mandato di custodire il deposito della fede, ha da Dio anche il diritto e il dovere di proscrivere la falsa scienza, affinché nessuno sia ingannato da una filosofia vana e fallace ( Col 2,8 ).
Conseguentemente non solo è vietato a tutti i fedeli cristiani di difendere come legittime conclusioni della scienza tali opinioni che sono contrarie alla dottrina della fede, specialmente quando sono state riprovate dalla Chiesa, ma gli stessi cristiani sono assolutamente tenuti a considerarle come errori che hanno ingannevole parvenza di verità.
La fede e la ragione non solo non possono essere mai in contrasto fra loro, ma anzi si aiutano vicendevolmente in modo che la retta ragione dimostri i fondamenti della fede e, illuminata da questa, coltivi la scienza delle cose divine, e la fede, dal canto suo, renda la ragione libera da errori, arricchendola di numerose cognizioni.
Pertanto, non è affatto vero che la Chiesa si opponga alla cultura delle arti e delle discipline umane; anzi, le coltiva e le favorisce in molti modi.
Essa non ignora né disprezza i vantaggi che da esse provengono alla vita umana; anzi dichiara che esse, dato che derivano da Dio, Signore delle scienze, conducono l'uomo a Dio, con l'aiuto della Sua grazia, qualora siano debitamente coltivate.
La Chiesa non vieta certamente che le diverse discipline si valgano dei propri principi e del proprio metodo, ciascuna nel proprio ambito, ma mentre riconosce questa giusta libertà, vigila attentamente che esse non accolgano nel proprio interno errori contrari alla divina dottrina, oppure che, travalicando i propri confini, non occupino né sconvolgano le materie appartenenti alla fede.
La dottrina della fede che Dio rivelò non è proposta alle menti umane come una invenzione filosofica da perfezionare, ma è stata consegnata alla Sposa di Cristo come divino deposito perché la custodisca fedelmente e la insegni con magistero infallibile.
Quindi deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza.
Crescano dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli, l'intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima affermazione.5
Indice |
1 | Conc. Later. IV, c. 1, Firmiter |
2 | Conc. Trid., Sess. IV, Decr. De Can. Script |
3 | Syn. Araus., II, can. 7 |
4 | Conc. Later. V, Bulla Apostolici regiminis |
5 | Vinc. Lir. Common., n. 28 |