Lumen gentium |
L'unità collegiale appare anche nelle mutue relazioni dei singoli vescovi con Chiese particolari e con la Chiesa universale.
Il romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della massa dei fedeli.30
I singoli vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari31 queste sono formate ad immagine della Chiesa universale, 32 ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica una e unica.
Perciò i singoli vescovi rappresentano la propria Chiesa, e tutti insieme col Papa rappresentano la Chiesa universale in un vincolo di pace, di amore e di unità.
I singoli vescovi, che sono preposti a Chiese particolari, esercitano il loro pastorale governo sopra la porzione del popolo di Dio che è stata loro affidata, non sopra le altre Chiese né sopra la Chiesa universale.
Ma in quanto membri del collegio episcopale e legittimi successori degli apostoli, per istituzione e precetto di Cristo sono tenuti ad avere per tutta la Chiesa una sollecitudine33 che, sebbene non sia esercitata con atti di giurisdizione, contribuisce sommamente al bene della Chiesa universale.
Tutti i vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l'unità della fede e la disciplina comune all'insieme della Chiesa, formare i fedeli all'amore per tutto il corpo mistico di Cristo, specialmente delle membra povere, sofferenti e di quelle che sono perseguitate a causa della giustizia ( Mt 5,10 ), e infine promuovere ogni attività comune alla Chiesa, specialmente nel procurare che la fede cresca e sorga per tutti gli uomini la luce della piena verità.
Del resto è certo che, reggendo bene la propria Chiesa come una porzione della Chiesa universale, contribuiscono essi stessi efficacemente al bene di tutto il corpo mistico, che è pure il corpo delle Chiese.34
La cura di annunziare il Vangelo in ogni parte della terra appartiene al corpo dei pastori, ai quali tutti, in comune, Cristo diede il mandato, imponendo un comune dovere, come già papa Celestino ricordava ai Padri del Concilio Efesino.35
Quindi i singoli vescovi, per quanto lo permette l'esercizio del particolare loro dovere, sono tenuti a collaborare tra di loro e col successore di Pietro, al quale in modo speciale fu affidato l'altissimo ufficio di propagare il nome cristiano.36
Con tutte le forze devono fornire alle missioni non solo gli operai della messe, ma anche aiuti spirituali e materiali, sia da sé direttamente, sia suscitando la fervida cooperazione dei fedeli.
I vescovi, infine, in universale comunione di carità, offrano volentieri il loro fraterno aiuto alle altre Chiese, specialmente alle più vicine e più povere, seguendo in questo il venerando esempio dell'antica Chiesa.
Per divina Provvidenza è avvenuto che varie Chiese, in vari luoghi stabilite dagli apostoli e dai loro successori, durante i secoli si sono costituite in vari raggruppamenti, organicamente congiunti, i quali, salva restando l'unità della fede e l'unica costituzione divina della Chiesa universale, godono di una propria disciplina, di un proprio uso liturgico, di un proprio patrimonio teologico e spirituale.
Alcune fra esse, soprattutto le antiche Chiese patriarcali, quasi matrici della fede, ne hanno generate altre a modo di figlie, colle quali restano fino ai nostri tempi legate da un più stretto vincolo di carità nella vita sacramentale e nel mutuo rispetto dei diritti e dei doveri. 37
Questa varietà di Chiese locali tendenti all'unità dimostra con maggiore evidenza la cattolicità della Chiesa indivisa.
In modo simile le Conferenze episcopali possono oggi portare un molteplice e fecondo contributo acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente.
Indice |
30 | Conc. Vat. I, Cost. dogm. Pastor aeternus |
31 | S. Cipriano, Epist. 66, 8: Hartel III, 2, p. 733: « Episcopus in Ecclesia et Ecclesia in Episcopo » |
32 | S. Cipriano, Epist. 55, 24: Hartel, p. 642, lin. 13: « Una Ecclesia per totum mundum in multa membra divisa ». Epist. 36, 4: Hartel, p. 575, lin. 20-21 |
33 | Pio XII, Enc. Fidei Donum, 21 aprile 1957 |
34 | S. Ilario di Poitiers, In Ps. 14, 3: PL 9, 206; CSEL 22, p. 86. S. Gregorio M. Molar. IV, 7, 12: PL 75, 643 C. Ps. Basilio, In Is. 15,296: PG 30, 637 C |
35 | S. Celestino, Epist. 18, 1-2, al Conc. Efesino: PL 50, 505 AB; Schwarts, acta Conc. Oec. I, 1, 1, p. 22. Benedetto XV, Epist. Apost. Maximum illud: AAS 11 (1919), p. 440. Pio XI, Enc. Rerum Ecclesiae, 28 febbr. 1926 Pio XII, Enc. Fidei Donum, 1. c |
36 | Leone XII,
Enc. Grande munus, 30 settembre 1880 CIC, can. 1327; can 1350 § 2 |
37 | Sui diritti delle sedi patriarcali cfr. Conc. Niceno, can. 6 su Alessandria e Antiochia, e can. 7 su Gerusalemme: Conc. Oec. Decr., p. 8 Conc. Later. IV, anno 1215, Costit. V: De dignitate Patriarcharum: ibid. p. 212. Conc. Ferr.-Flor.: ibid. p. 504 |