Lumen gentium |
Cristo, santificato e mandato nel mondo dal Padre ( Gv 10,36 ), per mezzo degli apostoli ha reso partecipi della sua consacrazione e della sua missione i loro successori, cioè i vescovi 62 a loro volta i vescovi hanno legittimamente affidato a vari membri della Chiesa, in vario grado, l'ufficio del loro ministero.
Così il ministero ecclesiastico di istituzione divina viene esercitato in diversi ordini, da quelli che già anticamente sono chiamati vescovi, presbiteri, diaconi.63
I presbiteri, pur non possedendo l'apice del sacerdozio e dipendendo dai vescovi nell'esercizio della loro potestà, sono tuttavia a loro congiunti nella dignità sacerdotale 64 e in virtù del sacramento dell'ordine65 ad immagine di Cristo, sommo ed eterno sacerdote ( Eb 5,1-10; Eb 7,24; Eb 9,11-28 ), sono consacrati per predicare il Vangelo, essere i pastori fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti del Nuovo Testamento.66
Partecipi, nel loro grado di ministero, dell'ufficio dell'unico mediatore, che è il Cristo ( 1 Tm 2,5 ) annunziano a tutti la parola di Dio.
Esercitano il loro sacro ministero soprattutto nel culto eucaristico o sinassi, dove, agendo in persona di Cristo67 e proclamando il suo mistero, uniscono le preghiere dei fedeli al sacrificio del loro capo e nel sacrificio della messa rendono presente e applicano68 fino alla venuta del Signore ( 1 Cor 11,26 ), l'unico sacrificio del Nuovo Testamento, quello cioè di Cristo, il quale una volta per tutte offrì se stesso al Padre quale vittima immacolata ( Eb 9,11-28 ).
Esercitano inoltre il ministero della riconciliazione e del conforto a favore dei fedeli penitenti o ammalati e portano a Dio Padre le necessità e le preghiere dei fedeli ( Eb 5,1-4 ).
Esercitando, secondo la loro parte di autorità, l'ufficio di Cristo, pastore e capo,69 raccolgono la famiglia di Dio, quale insieme di fratelli animati da un solo spirito,70 per mezzo di Cristo nello Spirito li portano al Padre e in mezzo al loro gregge lo adorano in spirito e verità ( Gv 4,24 ).
Si affaticano inoltre nella predicazione e nell'insegnamento ( 1 Tm 5,17 ), credendo ciò che hanno letto e meditato nella legge del Signore, insegnando ciò che credono, vivendo ciò che insegnano.71
I sacerdoti, saggi collaboratori dell'ordine episcopale 72 e suo aiuto e strumento, chiamati a servire il popolo di Dio, costituiscono col loro vescovo un solo presbiterio73 sebbene destinato a uffici diversi.
Nelle singole comunità locali di fedeli rendono in certo modo presente il vescovo, cui sono uniti con cuore confidente e generoso, ne assumono secondo il loro grado, gli uffici e la sollecitudine e li esercitano con dedizione quotidiana.
Essi, sotto l'autorità del vescovo, santificano e governano la porzione di gregge del Signore loro affidata, nella loro sede rendono visibile la Chiesa universale e portano un grande contributo all'edificazione di tutto il corpo mistico di Cristo ( Ef 4,12 ).
Sempre intenti al bene dei figli di Dio, devono mettere il loro zelo nel contribuire al lavoro pastorale di tutta la diocesi, anzi di tutta la Chiesa.
In ragione di questa loro partecipazione nel sacerdozio e nel lavoro apostolico del vescovo, i sacerdoti riconoscano in lui il loro padre e gli obbediscano con rispettoso amore.
Il vescovo, poi, consideri i sacerdoti, i suoi cooperatori, come figli e amici così come il Cristo chiama i suoi discepoli non servi, ma amici ( Gv 15,15 ).
Per ragione quindi dell'ordine e del ministero, tutti i sacerdoti sia diocesani che religiosi, sono associati al corpo episcopale e, secondo la loro vocazione e grazia, servono al bene di tutta la Chiesa.
In virtù della comunità di ordinazione e missione tutti i sacerdoti sono fra loro legati da un'intima fraternità, che deve spontaneamente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituale e materiale, pastorale e personale, nelle riunioni e nella comunione di vita, di lavoro e di carità.
Abbiano poi cura, come padri in Cristo, dei fedeli che hanno spiritualmente generato col battesimo e l'insegnamento ( 1 Cor 4,15; 1 Pt 1,23).
Divenuti spontaneamente modelli del gregge ( 1 Pt 5,3 ) presiedano e servano la loro comunità locale, in modo che questa possa degnamente esser chiamata col nome di cui è insignito l'unico popolo di Dio nella sua totalità, cioè Chiesa di Dio ( 1 Cor 1,2; 2 Cor 1,1 ).
Si ricordino che devono, con la loro quotidiana condotta e con la loro sollecitudine, presentare ai fedeli e infedeli, cattolici e non cattolici, l'immagine di un ministero veramente sacerdotale e pastorale, e rendere a tutti la testimonianza della verità e della vita; e come buoni pastori ricercare anche quelli ( Lc 15,4-7 ) che, sebbene battezzati nella Chiesa cattolica, hanno abbandonato la pratica dei sacramenti o persino la fede.
Siccome oggigiorno l'umanità va sempre più organizzandosi in una unità civile, economica e sociale, tanto più bisogna che i sacerdoti, consociando il loro zelo e il loro lavoro sotto la guida dei vescovi e del sommo Pontefice, eliminino ogni causa di dispersione, affinché tutto il genere umano sia ricondotto all'unità della famiglia di Dio.
Indice |
62 | S. Ignazio M., Ad Ephes., 6, 1: ed. Funk. I, p. 218 |
63 | Conc. Trid. De sacr. Ordinis, cap. 2, e can. 6 |
64 | Innocenzo I, Epist. ad Decentium: PL 20, 554
A; Mansi 3, 1029; Denz. 98 (215): « Presbyteri, licet secundi sint
sacerdotes, pontificatus tamen apicem non habent ». S. Cipriano, Epist. 61, 3: ed. Hartel, p. 696 |
65 | Conc. Trid.
l. c. e in particolare can. 7; Pio XII, Cost. apost. Sacramentum Ordinis: Denz. 2301 ( 3857-3861 ) |
66 | Innocenzo I, l. c., S. Gregorio Naz., Apol. II, 22: PG 35, 432 B. Ps. Dionigi, Eccl. Hier., 1, 2: PG 3, 372 D |
67 | Conc. trid.,
Sess. 22; Pio XII, Enc. Mediator Dei, 20 nov. 1947 |
68 | Conc. trid.,
Sess. 22; Sacrosanctum Concilium, n. 7 e n. 47 |
69 | Pio XII, Enc. Mediator Dei, l. c., n. 67 |
70 | S. Cipriano, Epist. 11, 3: PL 4, 242 B; Hartel, II, 2, p. 497 |
71 | Pontificale romanum, De ordinatione Presbyterorum, all'imposizione dei paramenti |
72 | Pontificale romanum, De ordinatione Presbyterorum, nel prefazio |
73 | S. Ignazio M., Philad. 4: ed. Funk, I, p. 266. S. Cornelio I, in S. Cipriano, Epist. 48, 2: Hartel, III, 2, p. 610 |