Sermoni sul Cantico dei Cantici |
1. Cominciamo il sermone con le parole del Maestro: Chi non ama il Signore Gesù, sia anatema ( 1 Cor 16,22 ).
Devo veramente amare molto colui per il quale esisto, vivo e ragiono.
Se sono ingrato, sono anche indegno.
È veramente degno di morte, o Signore Gesù, chi ricusa di vivere per te, ed è morto; e chi non piace a te è un insensato, e chi cerca di essere senza di te, non è per niente ed è niente.
Infine, che cosa è l’uomo, se non perché ti sei manifestato a lui?
Per te stesso, o Dio, hai fatto tutte le cose, e chi vuol essere per sé e non per te, comincia a essere nulla tra tutte le cose.
Temi Dio e osserva i suoi comandamenti; questo è tutto l’uomo ( Pr 16,4 ).
Se dunque questo è tutto l’uomo, senza di questo non c’è uomo.
Orienta verso di te, o Dio, quel poco che ti sei degnato concedermi di essere.
E da questa misera vita ricevi, ti prego, il resto dei miei anni; per quelli che, vivendo, ho sprecato, perché ho vissuto da uomo perduto, non disprezzare un cuore contrito e umiliato, o Dio.
I miei giorni sono passati come ombra e sono trascorsi senza frutto.
Mi è impossibile richiamarli indietro; ti piaccia che io li ripensi davanti a te nell’amarezza dell’anima mia.
In quanto poi alla sapienza, – davanti a te è ogni mio desiderio e proposito del mio cuore – se ve ne fosse in me, la riserverei per te.
Ma, o Dio, tu conosci la mia insipienza, a meno che sia sapienza questo stesso riconoscere la mia insipienza, sia pure per grazia tua.
Aumenta questa grazia in me, che non sono affatto ingrato per il piccolo dono, ma sollecito per quello che manca ancora.
Per queste cose, dunque, io amo te quanto posso.
2. Ma c’è qualche cosa che mi spinge maggiormente, che mi sprona di più, che di più mi accende.
Sopra ogni cosa, dico, ti rende amabile a me, o Gesù buono, il calice che hai bevuto, l’opera della nostra redenzione.
Questo richiede facilmente il nostro amore per te.
Questo, dico, è quello che è più adatto a eccitare la, nostra devozione, che esige con più giustizia e sprona più fortemente, che spinge più efficacemente.
Molto, infatti, in essa ha penato il Salvatore, né ha faticato tanto nel costruire tutto il mondo.
Per creare le cose gli fu sufficiente proferire una parola, un comando, e furono fatte.
Ma nella redenzione dovette sopportare nei detti la contraddizione, nei fatti quelli che lo spiavano per accusano, nei tormenti coloro che lo beffeggiavano e nella morte coloro che lo disprezzavano.
Ecco come ha amato. Aggiungi che questo amore non fu una risposta al nostro amore, ma un’aggiunta agli altri benefici.
Poiché, chi per primo ha dato a lui, sicché i doni di Dio fossero da ritenere un ricambio?
Ma l’evangelista san Giovanni dice: Non che noi abbiamo amato lui, ma egli per primo ha amato noi ( 1 Gv 4,10 ).
Infine, ci ha amati quando ancora non esistevamo; è giunto anche al punto di amare chi gli resisteva, secondo la testimonianza di Paolo che dice: Quando eravamo ancora nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante il sangue del Figlio suo ( Rm 5,10 ).
Diversamente, se non ci avesse amato da nemici, non ci avrebbe avuti come amici, come non amerebbe coloro che sono, se non li avesse amati quando ancora non erano.
3. Amò con dolcezza, con sapienza, con fortezza.
Dolce direi il suo amore, perché si rivestì di carne; accorto, perché evitò la colpa; forte, perché sostenne la morte.
Poiché non amò affatto carnalmente coloro che visitò nella carne, ma nella prudenza dello spirito.
Spirito, infatti, è davanti a noi Cristo Signore ( Lam 4,20 ), geloso di noi della gelosia di Dio, non di un uomo, e certamente più sana che non quella di Adamo per la sua Eva.
Ci ha pertanto cercati nella carne e ci ha amati nello spirito, redimendoci con la sua forza.
È cosa dolcissima e soavissima considerare il Creatore dell’uomo fatto uomo.
E come con prudenza, prendendo la natura umana, ne evitò la colpa, con potenza allontanò pure la morte dalla natura.
Nell’assumere la carne fu condiscendente verso di me, evitando la colpa provvide a sé, accettando la morte sodisfece al Padre; amico dolce, consigliere prudente, aiuto forte.
A lui mi affido sicuro, perché vuole salvarmi, lo sa fare e lo può.
Quello che egli ha cercato, lo ha anche chiamato mediante la sua grazia: se questi viene, lo butterà forse fuori?
Ma io non temo che alcuna forza o inganno possa strapparmi dalla mano di lui che ha vinto la morte, vincitrice di tutte le cose, e che ha, con arte più santa, ingannato il serpente, seduttore universale, più prudente di questo, più forte di quella.
Assunse in verità la carne, ma del peccato solo la somiglianza, porgendo in essa una dolcissima consolazione all’uomo infermo e nascondendo prudentemente in essa un laccio ingannatore al diavolo.
Ora, per riconciliarci con il Padre, fortemente subisce e assoggetta la morte, spargendo il suo sangue come prezzo della nostra redenzione.
Dunque, se non mi avesse amato dolcemente, la sua maestà non sarebbe venuta a cercarmi nel carcere dove languivo; ma unì all’affetto la sapienza, onde ingannare il tiranno, vi unì la pazienza per placare con essa Dio Padre offeso.
Questi sono i modi che vi avevo promesso; ma ve li avevo promessi in Cristo perché li teniate maggiormente in considerazione.
4. Impara, o cristiano, da Cristo come tu debba amare Cristo.
Impara ad amare con dolcezza, ad amare con prudenza, ad amare con fortezza; dolcemente, affinché non allettati, con prudenza, affinché non ingannati, con fortezza, affinché non oppressi dalle cose del mondo siamo stornati dall’amore del Signore.
Per non essere trascinato dalla gloria o dai piaceri della carne, ti diventi dolce più di tutte queste cose Cristo sapienza; per non essere sedotto dallo spirito di menzogna e di errore, splenda ai tuoi occhi Cristo verità; per non venir meno nelle avversità, ti conforti Cristo, forza di Dio.
Il tuo zelo sia infiammato dalla carità, informato dalla scienza, reso stabile dalla costanza.
Sia fervido, sia circospetto, sia invitto.
Non sia tiepido, non manchi di discrezione, né sia timido.
E vedi se, per caso, queste tre cose siano già state inculcate nella legge, dove dice: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, e con tutte le forze ( Dt 6,5 ).
A me sembra, se non vi è un altro senso più conveniente, che in questa trina distinzione, l’amore del cuore stia a indicare lo zelo dell’affezione, l’amore invece dell’anima si riferisca al lavoro, ossia al giudizio della ragione, la dilezione infine con tutte le forze mi pare possa riferirsi alla costanza o al vigore; Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto e pieno l’affetto del cuore, amalo con tutta la vigilanza e circospezione della ragione, amalo anche con tutte le forze, tanto da non temere neppure di morire per amor suo, come sta scritto nelle parole seguenti: Perché come la morte è l’amore, lo zelo è tenace come l’inferno ( Ct 8,6 ).
Sia dolce e soave al tuo cuore il Signore Gesù, contro i piaceri carnali malamente dolci, e la dolcezza vinca la dolcezza, a quel modo che un chiodo scaccia un altro chiodo.
Ma tuttavia prima l’intelletto sia illuminato e guidi la ragione, non solo per evitare le sottili astuzie della frode eretica e per custodire la purità della fede contro tali astuzie, ma anche perché tu sia attento a evitare nella tua vita ogni ardore eccessivo e indiscreto.
Il tuo amore sia anche forte e costante, senza cedere alla paura, né soccombere alla fatica.
Amiamo dunque affettuosamente, con circospezione e con forza, ricordandoci che l’amore del cuore, che diciamo affettuoso, senza quello che si dice dell’anima, è certamente dolce, ma esposto a seduzione; quello dell’anima invece, senza quello che è caratterizzato dalla forza, è ragionevole, ma fragile.
5. Ed ecco dei chiari esempi che dimostrano che le cose stanno come abbiamo detto.
IDiscepoli essendo tristi per quello che avevano sentito dal Maestro, che stava per salire al cielo, circa la sua dipartita, si sentirono rispondere: Se voi mi amaste, sareste davvero contenti che io vado al Padre ( Gv 14,28 ).
Come dunque? Non amavano colui per la partenza del quale si affliggevano?
Ma amavano in un certo modo, e non amavano veramente.
Amavano dolcemente, ma meno prudentemente; amavano carnalmente, ma non ragionevolmente; amavano con tutto il cuore, ma non con tutta l’anima.
Questo loro amore era contro il loro vero interesse, e perciò aggiunse il Signore: È bene per voi che io me ne vada ( Gv 16,7 ), rimproverando non il loro affetto, ma il loro ragionamento.
Così, quando parlava della sua futura morte e interruppe con aspro rimprovero Pietro che lo amava teneramente e che era intervenuto per dissuaderlo, come ricordate che altro volle disapprovare in lui se non l’imprudenza?
Infine, che cosa vuol dire: Tu non pensi secondo Dio ( Mc 8,33 ), se non che: Tu non ami sapientemente, seguendo l’affetto umano, contro il disegno di Dio?
E lo chiamò Satana, perché, non volendo che il Salvatore morisse, anche se inconsciamente, si metteva contro la salvezza.
Perciò, corretto, quando più tardi Gesù ripeté la triste parola, non si oppose più alla sua morte, ma promise di voler morire con lui.
Non lo fece in realtà, perché non era ancora pervenuto al terzo grado, nel quale si ama con tutte le forze.
Aveva imparato ad amare con tutta l’anima, ma era ancora debole, bene istruito, ma poco sorretto, – non ignaro del mistero, ma pauroso del martirio.
Non fu davvero forte come la morte quell’amore che soccombette alla morte; ma lo fu in seguito, quando, secondo la promessa di Cristo, rivestito di forza dall’alto, cominciò finalmente ad amare con tale fortezza, da rispondere con fermezza a coloro che nel sinedrio gli vietavano di predicare il santo nome: Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini ( At 5,29 ).
Amò con tutte le forze quando, per amore non risparmiò neppure la vita.
Poiché nessuno ha maggior amore di colui che dà la vita per i suoi amici ( Gv 15,13 ); e se neanche allora diede la vita, tuttavia già si espose alla morte.
Dunque: non lasciarsi attrarre dalle lusinghe, non lasciarsi sedurre dalle cose fallaci, non lasciarsi scuotere dalle ingiurie, questo è amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze.
6. E osserva che l’amore del cuore è in qualche modo carnale, perché il cuore umano si volge maggiormente alla carne di Cristo e a quelle cose che Cristo operò e ordinò nella carne.
Chi è pieno di questo amore, facilmente si commuove a ogni discorso che si tiene su questo argomento.
Niente ascolta così volentieri, nulla medita con maggiore soavità.
Da qui, l’olocausto delle sue orazioni trae abbondante alimento come dall’adipe di un vitello grasso.
L’uomo di Dio in preghiera ha davanti a sé una sacra immagine, o della natività di Gesù, o di Gesù che viene allattato, o che insegna, o che muore, o che risorge, o che sale al cielo; é qualunque di queste cose venga presa in considerazione, necessariamente accende nell’animo l’amore per le virtù, disorienta i vizi della carne, schiaccia le turpi lusinghe, calma gli appetiti smodati.
Io penso che questa sia stata la causa per cui l’invisibile Dio volle farsi vedere nella carne e vivere uomo con gli uomini, affinché, cioè, coloro che non erano capaci di amare se non carnalmente fossero portati a dirigere tutte le loro affezioni al salutare amore della sua carne, e così a poco a poco venissero portati all’amore spirituale.
Stavano ancora in questo grado coloro che dicevano: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito ( Mt 19,27 ).
Avevano lasciato tutto solo per amore della presenza corporale, fino al punto che non riuscivano a sopportare, senza allarmarsi, nessuna parola sulla futura passione e morte, da cui pure dipendeva la salvezza, e in seguito, neppure sentire parlare, senza grande tristezza, della gloria dell’ascensione di Cristo.
Questo significano le parole che egli diceva loro: Perché vi ho detto queste cose, il vostro cuore si è riempito di tristezza ( Gv 16,6 ).
Pertanto, la sola grazia della presenza della sua carne, aveva sospeso, per il momento, ogni altro amore carnale.
7. Mostrava poi loro un grado più elevato di amore quando diceva: È lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla ( Gv 6,64 ).
Penso che fosse arrivato a quest’altezza colui che diceva: Anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora però non lo conosciamo più così ( 2 Cor 5,16 ).
Forse anche il Profeta stava a questo punto quando diceva: Spirito davanti a noi l’Unto del Signore ( Lam 4,20 ).
Poiché quello che dice in seguito: Sotto la sua ombra vivremo tra le nazioni, mi sembra lo abbia aggiunto per i principianti, perché riposino almeno all’ombra, dato che si sentono meno validi a sopportare i raggi del sole infuocato e siano nutriti con la dolcezza della carne, fino a che diventino capaci di comprendere le cose che sono dello Spirito di Dio.
Penso infatti che ombra di Cristo sia la sua carne, con la quale fu adombrata anche Maria, perché temperasse in lei l’ardore folgorante dello Spirito.
Si consoli frattanto con la devozione della carne, chi non ha ancora lo Spirito vivificante, come lo hanno quelli che dicono: Spirito davanti a noi l’Unto del Signore ( Lam 4,20 ); e anche: Anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così ( 2 Cor 5,16 ).
Del resto, neanche nella carne si ama Cristo senza lo Spirito Santo, anche se non con quella pienezza.
Tuttavia, la misura di questa devozione è che quella soavità occupi tutto il cuore, nulla lasciando all’amore delle creature e ai piaceri carnali.
Questo significa amare con tutto il cuore.
Se, invece, alla carne del mio Signore io preferisco un consanguineo della mia carne o qualche altro piacere, per cui mi avvenga di adempiere meno perfettamente quelle cose che egli, vivendo nella carne, m’insegnò con la parola e con l’esempio, è chiaro che non lo amo con tutto il cuore avendolo diviso, e che ne do una parte alla carne di lui, e una parte la riservo per la mia.
Infine, egli dice: Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; e chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me ( Mt 10,37 ).
Dunque, per dirla in breve, amare con tutto il cuore vuol dire posporre tutto ciò che lusinga la propria o l’altrui carne, e in questo comprendo anche la gloria del mondo, perché la gloria del mondo è gloria della carne, e non c’è dubbio che chi in essa si compiace è uomo carnale.
8. Benché questa devozione verso la carne di Cristo sia un dono, e un dono grande dello Spirito, tuttavia io chiamerei carnale anche questo amore, rispetto a quell’altro amore con il quale si gusta, non tanto il Verbo carne, ma il Verbo sapienza, il Verbo giustizia, il Verbo verità, il Verbo santità, pietà, virtù e altro che si possa dire di questo genere.
E tutto questo è Cristo, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione ( 1 Cor 1,30 ).
Pensi tu che siano medesimi o della stessa qualità gli effetti che si manifestano in colui che compatisce Cristo sofferente, si compunge e facilmente si commuove al ricordo delle pene che ha sofferto, e dalla soavità di questa devozione si sente nutrito e confortato nel compiere tutto ciò che è salutare, onesto, pio; e in colui che è sempre acceso da zelo per la giustizia, che difende ovunque la verità, che si infervora nell’amore della sapienza, a cui è amica la santità della vita e la disciplina dei costumi, colui che, nella sua condotta, ha rossore della iattanza, aborrisce la detrazione, non conosce invidia, detesta la superbia, e non solo fugge ogni gloria umana, ma ne ha fastidio e la disprezza, ha in abominazione e combatte con grande energia in sé ogni impurità del cuore e della carne, in una parola, respinge come naturalmente ogni male, e abbraccia ciò che è buono?
9. Tuttavia è buono quest’amore carnale per il quale viene esclusa la vita carnale, si disprezza e si vince il mondo.
Si progredisce in esso quando è anche razionale, e diventa perfetto quando diventa spirituale.
Ora, è razionale allorché, in tutte le cose che bisogna credere di Cristo, la ragione della fede si mantiene così ferma, da non lasciarsi deviare da quello che insegna la Chiesa per nessuna apparenza di verità, per nessun tranello degli eretici o del diavolo.
Così pure, quando nella propria condotta si osserva quella cautela, che non si sorpassino i limiti segnati dalla discrezione per nessuna superstizione o leggerezza, o per la veemenza di uno spirito apparentemente più fervente.
E questo è, come abbiamo detto sopra, amare Dio con tutta l’anima.
Che se interviene inoltre un così grande vigore da parte dello Spirito che aiuta, da far sì che la giustizia non sia abbandonata malgrado tutte le pene e i tormenti, e lo stesso timore della morte, in questo consiste l’amare Dio con tutte le forze, ed è amore spirituale.
Penso che questo nome convenga a quest’ultima specie di amore a causa della pienezza dello spirito che in esso risalta.
E questo basti a commento delle parole della sposa: Perciò le giovinette ti amano ardentemente ( Ct 1,2 ).
Nelle cose che seguono, si degni di aprirci i tesori della sua misericordia lo stesso loro custode, Gesù Cristo nostro Signore, che vive e regna nell’unità dello Spirito Santo, Dio, per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
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