Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone LVI

I. Qual è la parete, quale la finestra o le fessure attraverso le quali lo sposo spia

1. Eccolo, egli sta dietro il muro, guarda dalla finestra, spia attraverso i cancelli ( Ct 2,9 ).

Secondo la lettera sembra dire che colui che si scorgeva avvicinarsi saltando sia venuto fino all’abitazione della sposa, e stando dietro il muro guardi curiosamente attraverso le finestre e le fessure, non osando, per verecondia, entrare.

Secondo lo spirito, invece, si intende che egli si avvicina, ma in altro modo, cioè come era conveniente agisse il celeste Sposo, e come conveniva venisse espresso dallo Spirito Santo.

Il vero e spirituale senso non può infatti comportare nulla che sia disdicevole sia all’autore, sia al narratore.

Dunque, si accostò alla parete quando aderì alla carne.

La carne è la parete, e l’accostarsi ad essa dello Sposo è l’incarnazione del Verbo.

I cancelli e le finestre per le quali si dice che egli guarda, penso che siano i sensi corporei e i sentimenti umani, attraverso i quali fece l’esperienza di tutte le umane necessità.

Egli ha preso su di se le nostre debolezze e si e caricato dei nostri dolori ( Is 33,4 ).

Egli fece uso dei sentimenti umani e dei sensi corporei come di aperture e di finestre per conoscere per esperienza le miserie degli uomini, fattosi egli stesso uomo, per essere misericordioso.

Egli le conosceva anche prima, ma in modo diverso.

Conosceva la virtù dell’obbedienza, Lui, il Signore delle virtù, e tuttavia, secondo l’Apostolo, imparò da quelle cose che patì l’obbedienza ( Eb 2,17 ).

In questo modo imparò anche la misericordia, sebbene la misericordia di Dio sia eterna ( Sal 103,17 ).

Insegna anche lo stesso Dottore delle genti dove asserisce che Cristo è stato lui stesso provato in ogni cosa come noi, escluso il peccato ( Eb 4,15 ) perché fosse misericordioso.

Vedi come egli fu fatto ciò che era, e imparò quello che sapeva, e presso di noi cercò delle fessure e finestre per esplorare più accuratamente le nostre miserie.

E tanti fori trovò nel nostro muro cadente e pieno di fenditure quante furono le esperienze che nel suo corpo fece della nostra infermità e corruzione.

2. Così dunque lo Sposo, stando dietro il muro, guardava attraverso le finestre e i cancelli.

E dice bene « stando », perché egli solo nella carne stette, egli che non sentì il peccato della carne.

Possiamo anche giustamente intendere nel senso che stette per la potenza della divinità colui che soccombette per l’infermità della carne, come dice egli stesso: Lo Spirito in verità è pronto, ma la carne è debole ( Mt 26,41 ).

Io penso che dimostri anche questo quanto il santo Davide diceva del Signore riguardo a questo mistero, profetando come profeta del Signore, parlando di Mosè, ma intendendo il Signore.

Egli è infatti il vero Mosè che davvero è venuto con l’acqua, e non solo con l’acqua, ma con l’acqua e il Sangue ( 1 Gv 5,6 ).

Dunque il citato Profeta: Disse di sterminarli, faceva dire al Padre, se Mosè suo eletto non fosse stato sulla breccia di fronte a lui, per stornare la sua collera dallo sterminio ( Sal 106,23 ).

In quale maniera, chiedo io, Mosè poté stare sulla breccia?

Come poté stare se fu abbattuto, o non fu abbattuto se stette?

Ma io ti mostro, se vuoi, chi veramente stette sulla breccia.

Non conosco nessun altro che abbia potuto far questo se non il mio Signore Gesù, il quale certamente nella morte era vivo, il quale fu abbattuto nel corpo sulla croce, mentre per la divinità stava con il Padre, per un lato supplicando per noi, per l’altro mostrandosi propizio insieme con il Padre.

E stava dietro il muro mentre ciò che in Lui giaceva era manifesto nella carne, mentre ciò che in Lui stava, in certo qual modo si nascondeva dietro la carne; cioè un solo e medesimo, manifesto come uomo e nascosto come Dio.

II. Egli è dietro la parete di ognuno di noi; sulla sua presenza o assenza

3. E per ognuno di noi che desideriamo l’avvento di Lui, penso che egli stia dietro la parete, mentre questo nostro corpo, che è certamente corpo di peccato, ci nasconde per ora il suo volto, e ci vela la sua presenza.

Infatti, finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontani dal Signore ( 2 Cor 5,6 ).

Non perché nel corpo, ma perché in questo corpo che viene dal peccato e non è senza peccato.

E affinché tu sappia che sono impedimento non i corpi, ma i peccati, senti cosa dice la Scrittura: I nostri peccati hanno scavato un abisso tra noi e il nostro Dio ( Is 59,2 ).

E magari mi sia di ostacolo soltanto il muro del corpo, e unico impedimento per me sia il peccato che è nella carne, e non si interpongano invece molte macerie dei vizi!

Temo infatti, oltre il male che è nella natura, di avervi aggiunto per mia propria iniquità molti altri mali che costituiscono un ostacolo tra me e lo Sposo, di modo che per dire la verità dovrei dire che egli sta, non dietro il muro, ma piuttosto dietro le pareti.

4. Ma lo dico in modo più chiaro.

Lo Sposo è egualmente e indifferentemente a disposizione ovunque, mediante la presenza della divina maestà e la grandezza della sua potenza.

Per il fatto, tuttavia, dell’esibizione o del rifiuto della grazia si dice che per alcuni è lontano, per altri è vicino, questo tra gli Angeli soltanto e gli uomini, vale a dire tra le creature ragionevoli.

Lontano dagli empi è la salvezza ( Sal 119,155 ).

E tuttavia un Santo dice: Perché, Signore, stai lontano? ( Sal 10,1 ).

Del resto egli, nella pia economia della sua grazia, si fa sentire lontano dai santi per un certo tempo, e mai in modo completo, ma solo in qualche maniera.

Rispetto invece ai peccatori, dei quali è detto che Il tumulto dei tuoi avversari cresce senza fine ( Sal 74,23 ) e altrove: Le vie di lui in ogni tempo sono corrotte ( Sal 10,5 ), egli è sempre e molto lontano, e questo per effetto della sua ira e non della sua misericordia.

Per questo prega il Santo il Signore dicendo: Non allontanarti con ira dal tuo servo ( Sal 27,9 ), ben sapendo che potrebbe anche allontanarsi per effetto della sua misericordia.

È, dunque, vicino il Signore ai suoi santi ed eletti, anche quando sembra essere lontano, e non ugualmente a tutti, ma ad altri più, ad altri meno, secondo la diversità dei meriti.

Poiché, anche se il Signore è vicino a quanti lo invocano con cuore sincero ( Sal 145,18 ) ed è: vicino a chi ha il cuore ferito ( Sal 34,19 ), non lo è forse per tutti in modo tale che possano dire che egli è dietro la parete.

Quanto invece è vicino alla sposa che è divisa da lui solo da una parete!

Per questo lei brama di morire, e, rotto il muro divisorio, di essere con lui, che sa essere oltre quella parete.

5. Ma io, essendo peccatore, non desidero la mia dissoluzione, ma la temo, ben sapendo che pessima è la morte dei peccatori ( Sal 34,22 ).

Come non sarebbe pessima la morte, quando non viene incontro la Vita?

Temo di uscire e nello stesso ingresso del porto io sono preso da tremore, mentre non ho fiducia che vi sia là chi mi riceve quando uscirò.

Come potrei, infatti, uscire sicuro, se il Signore non custodisce la mia uscita?

Ahimè! Sarò lo scherno di demoni, che mi arresteranno, se non mi assiste colui che mi redime e mi salva.

Niente di ciò temeva l’anima di Paolo, che una sola parete impediva di vedere e abbracciare il diletto, vale a dire la legge del peccato che trovava nelle sue membra.

Essa è la concupiscenza della carne, dalla quale non poté essere esente fino a che fu nella carne.

Diviso da questa parete era pellegrino non molto lontano dal Signore; e perciò esprimeva il suo desiderio dicendo: Chi mi libererà da questo corpo di morte? ( Rm 7,24 ), sapendo che attraverso la morte sarebbe giunto subito alla meta.

San Paolo dunque confessava di essere impedito da una sola legge, vale a dire la concupiscenza, che tollerava suo malgrado insita radicalmente nella sua carne; per il resto, diceva, non sono consapevole di alcuna colpa ( 1 Cor 4,4 ).

III. Taluni costruiscono molte pareti per sé e lo sposo; quali sono le inferriate o le finestre secondo il senso morale

6. Ma chi può dire di essere simile a Paolo, che cioè ogni tanto non consenta a questa concupiscenza obbedendo al peccato?

Sappia, pertanto, colui che avrà consentito al peccato, di aver interposto un altro muro, cioè lo stesso colpevole consenso al male; e un tale individuo non può gloriarsi che lo sposo stia dietro la parete, quando già ve ne sono più di una.

Molto meno, poi, se al consenso sarà seguito l’effetto, perché allora vi sarà un terzo muro a tener distante e ,a impedire l’accesso dello Sposo, vale a dire l’atto stesso del peccato.

Che cosa dire poi se la consuetudine avrà reso usuale il peccato, oppure anche l’abitudine sarà degenerata in disprezzo?

Sta scritto infatti: L’empio quando viene nel profondo dei peccati, disprezza ( Pr 18,3 ).

Se uno esce in questo stato, non troverà forse migliaia di belve ruggenti pronte a divorarlo?

Il suo accesso allo Sposo è, infatti, impedito non più da uno solo, ma da un numero stragrande di muri!

Primo, la concupiscenza; secondo, il consenso; terzo, l’atto; quarto, la consuetudine cattiva; quinto, il disprezzo.

Cerca, dunque, di resistere con tutte le forze alla prima concupiscenza, perché non ti trascini al consenso, e in tal modo tutta la costruzione della malignità svanirà né vi sarà più ostacolo perché lo Sposo si avvicini a te, salvo l’unica parete del corpo, e cosa possa anche tu gloriarti dicendo di lui: Eccolo che sta dietro la parete.

7. Ma devi anche con ogni vigilanza, fare in modo che egli trovi sempre aperte le finestre e i cancelli delle tue confessioni, attraverso le quali benignamente ti guardi dentro, perché il suo sguardo equivale al tuo profitto.

Dicono che i cancelli siano finestre più piccole quali sogliono farsi fare quelli che scrivono libri per dare luce alle pagine.

E penso che per questo siano detti cancellieri coloro che sono deputati per ufficio a scrivere carte.

Ora, essendo due le specie di compunzione, una consistente nella tristezza per le nostre colpe, l’altra nell’esultanza per i doni divini, ogni volta che faccio quella confessione dei miei peccati che non si fa senza angoscia del cuore, mi vedo aprire un cancello, vale a dire una piccola finestra.

Non v’è dubbio che attraverso questa guardo volentieri colui che sta di là dal muro, pio esploratore, perché Dio non disprezza un cuore contrito e umiliato ( Sal 51,19 ).

Ed esorta egli stesso a fare questo: Esponi tu le tue iniquità, perché tu sia giustificato ( Is 43,26 ).

Che se di tanto in tanto con cuore dilatato nella carità, considerando la divina degnazione e misericordia, mi piacerà aprire l’animo alla voce di lode e al ringraziamento, penso che allora io apro allo Sposo che sta oltre la parete, non una piccola, ma una oltremodo ampia finestra, attraverso la quale, se non erro, guardo tanto più volentieri quanto più il sacrificio di lode gli rende onore.

È facile trovare nelle Scritture le testimonianze per l’una o l’altra confessione; ma parlo a persone che conoscono queste cose, e voi non dovete essere sovraccarichi di cose superflue, essendo già, troppo il peso della ricerca delle cose necessarie: tanto grandi, infatti, sono i misteri di questo epitalamio e gli inni di lode che in esso vengono cantati alla Chiesa e al suo Sposo Gesù Cristo Signore nostro, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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