Filotea |
Gen 24,44; 1 Sam 9,10; Rt 2-4; Pr 3,5; 1 Cor 9,22
Molto bene dice S. Agostino quando afferma che coloro i quali iniziano il cammino della devozione commettono certi errori che, stando al rigore dei canoni sulla perfezione, sono biasimevoli; ma per un altro verso sono lodevoli perché sono segni della grande pietà che seguirà; ne sono in un certo modo, l'avvio.
Il timore servile, frutto d'ignoranza, che genera scrupoli eccessivi nelle anime di coloro che escono dall'abitudine al peccato, all'inizio può essere una virtù raccomandabile; fa prevedere con sicurezza una retta coscienza in futuro.
Se lo stesso timore dovesse persistere in coloro che hanno già fatto un certo progresso, sarebbe un segno negativo; perché nel cuore di costoro deve dominare l'amore che, per gradi, elimina il timore servile.
Agli inizi, S. Bernardo era rigido e rude con coloro che si ponevano sotto la sua direzione: diceva loro, per prima cosa, che era necessario abbandonare il corpo per continuare verso di Lui solo con lo spirito.
Quando ascoltava le loro confessioni, aggrediva con tale severità ogni loro difetto, per piccolo che fosse, e faceva pressioni con tanta forza su quei poveri principianti, che volendo spingerli con troppa forza verso la perfezione, finiva per farli rinunciare e tornare indietro.
Sotto quelle pressioni ininterrotte si scoraggiavano e si sentivano incapaci di affrontare una salita così ripida e così lunga.
Se rifletti un po', Filotea, giungi alla conclusione che si trattava di uno zelo molto bruciante di un'anima perfetta che consigliava a quel grande santo quel tipo di metodo.
Quello zelo era senz'altro una grande virtù in sé, ma una virtù che pur essendo tale, nel caso specifico era da riprovare.
Dio stesso gli apparve e lo corresse e colmò la sua anima di uno spirito dolce, soave, amabile e tenero, che lo resero totalmente un altro.
Si accusò di essere troppo rigido e severo e si trasformò in un uomo tanto cordiale e arrendevole con tutti, da potergli applicare il detto: Tutto a tutti, per conquistare tutti.
S. Girolamo racconta che la sua cara figlia spirituale S. Paola, non solo era portata all'esagerazione, ma era testarda nella pratica delle mortificazioni corporali, fino a non volersi arrendere al parere contrario che il suo Vescovo, S. Epifanie, le aveva espresso al riguardo.
Oltre a ciò, si era lasciata andare talmente al pianto per la morte dei suoi, che aveva rischiato di morire.
S. Girolamo conclude: Mi direte che anziché tessere le lodi di questa santa, sto scrivendone critiche e rimproveri.
Ma, davanti a Gesù, che ella ha servito e che io voglio servire, affermo che non mento né prò né contro, come cristiano di una cristiana; voglio dire che io ne sto scrivendo la storia e non un panegirico; i suoi vizi sono virtù per gli altri.
Intende dire che gli scarti e i difetti di S. Paola sarebbero state virtù in un'anima meno perfetta; se consideriamo seriamente le cose troveremo degli atti che vengono considerati difetti in coloro che sono perfetti, che potrebbero essere considerate grandi perfezioni in coloro che sono imperfetti.
In uno che esce dalla malattia è buon segno avere le gambe gonfie, perché dimostra che la natura ha già ripreso vigore e si sbarazza degli umori superflui; ma lo stesso sintomo sarebbe cattivo indizio in una persona non malata, perché starebbe ad indicare che la natura non ha sufficiente vigore per eliminare e assorbire gli umori.
Filotea, bisogna avere una buona opinione di quelli che vediamo impegnati nella pratica delle virtù, anche se frammiste a imperfezioni; anche i Santi le hanno praticate in tal modo.
Per quello che ci riguarda personalmente, dobbiamo impegnarci ad esercitarle molto seriamente, non soltanto con fedeltà, ma anche con prudenza.
A tal fine facciamo nostro il consiglio del Saggio: Non fare affidamento sulla tua prudenza, ma su quella di coloro che Dio ti ha dato per guidarti.
Ci sono alcune cose che molti considerano virtù, e invece non lo sono affatto!
Bisogna che te ne parli un po'.
Sono le estasi, i rapimenti, l'insensibilità, l'impassibilità, l'unione deificante, le elevazioni, le trasformazioni e simili perfezioni su cui si dilungano alcuni libri, che promettono l'elevazione dell'anima fino alla contemplazione puramente intellettuale, all'adesione essenziale dello spirito e alla vita superiore.
Vedi, Filotea, queste perfezioni non sono virtù; sono piuttosto ricompense che Dio concede come premio alle virtù o, meglio ancora, saggi della felicità della vita futura, che, qualche volta, il Signore fa intravedere agli uomini per far loro desiderare il tutto lassù in Paradiso.
Questa non è una ragione per esigere tali grazie, anche perché non sono in nessun modo necessario per servire e amare Dio, che deve essere la nostra unica aspirazione.
Non sono grazie che possono essere conquistate con lavoro e impegno perché, più che di azioni si tratta di passioni, che siamo in grado di ricevere, ma non di procurare.
Aggiungo che noi abbiamo iniziato un cammino per diventare persone oneste, gente devota, uomini pii, donne pie; ecco perché dobbiamo impegnarci seriamente.
Se poi Dio ha deciso di innalzarci fino a quelle perfezioni angeliche, sapremo essere anche dei buoni angeli; in attesa, con molta semplicità, umiltà e devozione, esercitiamoci alle piccole virtù, messe da Nostro Signore alla portata del nostro impegno e del nostro lavoro: e sono, ad esempio, la pazienza, la bontà, la mortificazione del cuore, l'umiltà, l'obbedienza, la povertà, la castità, la dolcezza nei confronti del prossimo, la sopportazione delle sue imperfezioni, la diligenza e il fervore nelle cose sante.
Lasciamo volentieri le altezze alle anime grandi: non siamo capaci di un ruolo così elevato nel servizio di Dio.
Saremo già contenti di poterlo servire in cucina o come fornai, di essere suoi servi, suoi facchini, magari suoi camerieri; è Lui soltanto che può decidere di chiamarci a far parte degli intimi e del consiglio privato.
È così, Filotea. Perché questo Re di gloria non da ai suoi servi le ricompense secondo il livello dei compiti assegnati, ma secondo l'amore e l'umiltà che hanno messo nell'esercitarli.
Saul cercava le asine di suo padre e trovò il regno di Israele; Rebecca abbeverò i cammelli di Abramo e divenne sposa del figlio; Ruth, dopo aver spigolato dietro ai mietitori di Booz, si coricò ai suoi piedi, ma egli la volle al suo fianco e divenne sua sposa.
La pretesa di cose straordinarie così alte ed elevate è facilmente occasione di illusioni, inganni e falsità.
Capita qualche volta che coloro i quali pensano di essere angeli non siano nemmeno uomini come si deve; in loro, alla prova dei fatti, trovi soltanto sfoggio di parole e termini magniloquenti, ma vuoto di sentimenti e assenza di opere.
Tuttavia non è bene disprezzare e censurare in modo temerario; benediciamo Dio per la superiorità degli altri, ma rimaniamo nel nostro cammino, che corre più a valle ma è più sicuro, meno appariscente, ma più alla portata della nostra insufficienza e della nostra pochezza; e se noi ci manteniamo in quello con umiltà e fedeltà, Dio ci innalzerà a grandezze maggiori.
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