Filotea |
Mt 22,39; Mc 6,31; Rm 12,15; Fil 4,4-5
Ricercare le conversazioni e fuggirle sono due estremi ugualmente riprovevoli in una devozione civile quale è quella che vado proponendoti.
La fuga dalla conversazione tradisce un senso di superiorità e disprezzo nei confronti del prossimo; la ricerca, per contro, tradisce tendenza all'ozio e alla professione di perditempo.
Bisogna amare il prossimo come se stessi e, per dimostrargli amore, non bisogna evitare di incontrarlo; ma per dimostrare che vogliamo bene anche a noi stessi, occorre rimanere con… noi quando ne abbiamo l'opportunità.
E questa l'abbiamo quando siamo soli: Pensa a te stesso, dice S. Bernardo, e poi agli altri.
Se dunque nulla ti impone di far visite o riceverne a casa tua, rimani in te stessa e conversa con il tuo cuore.
Ma se ti capita di trovarti in compagnia o, per qualche giusto motivo devi andare a cercarla tu stessa, vacci con Dio, Filotea, e guarda il prossimo con cuore contento e occhio felice.
Vengono chiamate cattive conversazioni quelle che si tengono con intenzione perversa, o anche se quelli che vi partecipano sono viziosi, scriteriati, dissoluti; da quelle bisogna stare lontano, come fanno le api che si tengono lontane dai gruppi di tafani e di calabroni.
Allo stesso modo che quelli i quali sono stati morsi da cani arrabbiati, sudano, hanno il fiato e la saliva pericolose, soprattutto per i bambini e le persone di costituzione delicata, quei viziosi depravati costituiscono sempre un pericolo e un rischio per coloro che li frequentano, soprattutto se si tratta di persone dalla devozione ancora tenera e delicata.
Ci sono conversazioni che hanno il solo scopo di divertire, servono per distrarsi un po' dalle occupazioni serie; a quelle è chiaro che non dobbiamo consacrarci; lasciamo loro soltanto il tempo libero destinato a riposarci.
Altre conversazioni hanno per fine la buona educazione, come, ad esempio, lo scambio di visite e certe riunioni che si fanno per onorare il prossimo: direi che per quelle non bisogna farsi scrupolo nel disertarle.
Però nemmeno essere troppo incivili dimostrando per esse disprezzo.
Facciamo con moderazione il nostro dovere, evitando in ugual misura di essere rozzi e leggeri.
Rimangono le conversazioni utili, quali quelle delle persone devote e virtuose: Filotea, ritieni una grande grazia incontrarne spesso.
La vigna piantata tra gli olivi da un'uva grassa che sa di oliva; un'anima che si trovi a frequentare spesso gente di virtù partecipa necessariamente delle loro qualità.
I fuchi da soli non fanno miele, ma in compagnia delle api qualche cosa riescono a fare.
La conversazione con le anime devote ci aiuta molto nell'esercizio della devozione.
In ogni conversazione occorre dare sempre la preferenza alla spontaneità, alla semplicità, alla dolcezza, alla misura.
C'è gente che si comporta e si muove con tanto studio che tutti ne sono annoiati.
Uno che non volesse mai spostarsi senza cadenzare il passo, che non volesse parlare senza cantare, sarebbe davvero un peso per tutti; non è diverso per quelli che hanno sempre un contegno studiato e agiscono soltanto con mosse calcolate; rendono impossibile la conversazione; la gente di questo tipo è ammalata di presunzione.
In via ordinaria la nostra conversazione deve essere dominata da una gioia moderata.
S. Romualdo e S. Antonio vengono molto lodati perché, nonostante tutte le austerità, avevano sempre il volto e le parole illuminate di gioia, allegria e civiltà.
Sta allegra con chi è contento, ti ripeto con l'Apostolo; sii sempre contenta, ma in Nostro Signore, e la tua moderazione sia nota a tutti gli uomini.
Per gioire in Nostro Signore, è necessario che il motivo della tua gioia, non solo sia lecito, ma anche onesto.
Dico questo perché ci sono cose lecite che poi risultano disoneste; per mettere in evidenza, per esempio, la tua modestia, sta attenta a non diventare insolente, il che è sempre da riprovare.
Fare lo sgambetto a uno, mettere in ombra un altro, pungere un terzo, fare del male a un menomato, sono scherni e soddisfazioni stupide, insolenti e anche cattive.
Ma oltre alla solitudine mentale, nella quale ti è sempre possibile rifugiarti anche in mezzo alle più rumorose compagnie, e di cui ti ho già parlato, (P. II, e. XII), devi amare anche la solitudine locale e reale; non voglio spedirti nel deserto, come S. Maria Egiziaca, S. Paolo, S. Antonio, Arsenio e gli altri padri eremiti, ma penso che ogni tanto ti farebbe bene rimanere sola in camera tua, nel tuo giardino o altrove, dove ti sia possibile raccogliere il tuo spirito nel tuo cuore e ritemprare la tua anima con buoni propositi e santi pensieri, o con qualche buona lettura, come faceva quel santo vescovo di Nazianzo che parlando di se stesso diceva: Passeggiavo con me stesso al tramonto del sole e trascorrevo il tempo in riva al mare; ho questa abitudine per riposarmi e liberarmi un po' dalle preoccupazioni quotidiane.
Abbiamo anche l'esempio di S. Ambrogio riferito da S. Agostino: ci racconta che spesso entrava in camera sua ( non chiudeva mai la porta a nessuno ), e lo guardava leggere.
Aspettava un po', poi se ne andava per non disturbarlo e, senza dir parola, pensando che il tempo che rimaneva a quel grande pastore per ritemprare e distendere il proprio spirito, dopo il carico di una giornata di lavoro, non doveva essergli tolto.
Anche Nostro Signore agì allo stesso modo con gli Apostoli dopo che gli avevano raccontato le loro fatiche nella predicazione e nel ministero: Venite in disparte, disse loro, e riposatevi un po'.
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