Filotea |
Per dare maggior credito a quanto ho detto, voglio presentarti un brano molto eloquente della storia di S. Bernardo; te lo trascrivo prendendolo da un dotto e giudizioso scrittore.
Ecco cosa dice: È cosa ordinaria per quasi tutti quelli che si pongono al servizio di Dio e non sono ancora esperti nell'affrontare le privazioni della grazia e le alternanze della vita spirituale, quando viene loro a mancare il gusto della devozione sensibile, e quella gradita luce che invita a sollecitare il cammino verso Dio, perdere d'un colpo il respiro, e cadere nella paura e nella tristezza del cuore.
La gente saggia da questa spiegazione: la natura ragionevole non può rimanere a lungo affamata e senza qualche soddisfazione, sia essa celeste o terrestre.
Le anime innalzate al di sopra di se stesse in virtù di piaceri superiori, dimenticano facilmente tutte le cose sensibili; la stessa cosa avviene quando per disposizione divina viene loro tolta la gioia spirituale: trovandosi senza consolazioni sensibili, e non essendo ancora abituate a saper attendere con pazienza il ritorno del vero sole, provano l'impressione di non essere più in cielo né sulla terra, ma sepolte in una notte senza fine: di modo che, come lattanti che vengono svezzati, piagnucolano e si lamentano perché non hanno più le mammelle da succhiare e diventano noiosi e insopportabili, soprattutto a se stessi.
Ecco cosa capitò, lungo il cammino di cui stiamo parlando, a uno dei monaci di nome Goffredo di Péronne, da poco entrato al servizio di Dio.
Trovandosi improvvisamente arido, privo di consolazioni e preso dalle tenebre interiori, gli ritornarono alla mente gli amici del mondo, i parenti, le ricchezze lasciate da poco, e fu assalito da una forte tentazione che non riuscì a nascondere; uno di quelli, con cui era maggiormente in confidenza, se ne accorse e, avendolo avvicinato con molta discrezione e parole gentili, gli chiese a tu per tu: « Che cosa ti succede, Goffredo? Come mai, contrariamente al tuo solito, sei così pensoso e afflitto? »
Rispose Goffredo accompagnando le parole con un profondo sospiro: « Fratello caro, nella mia vita non sarò mai felice ».
L'altro, mosso a pietà da tali parole, spinto da zelo fraterno, corse subito a raccontare tutto al padre comune S. Bernardo, che, sentendo il pericolo, entrò in chiesa e pregò Dio per lui.
Nel frattempo Goffredo, oppresso da tristezza, poggiata la testa su una pietra, si addormentò.
Dopo un po' entrambi si alzarono: l'uno dall'orazione con la grazia impetrata, l'altro dal sonno, così contento e sereno, che l'amico si meravigliò molto di un cambiamento così radicale e improvviso, e non poté trattenersi dal muovergli amichevolmente un rimprovero per quello che gli aveva risposto prima.
Goffredo allora disse: « Se prima ti ho detto che mai sarei stato felice, ora ti garantisco che non sarò mai triste! »
Questa è stata la conclusione della tentazione di quel devoto monaco, Filotea; ma voglio farti notare alcune cose in questo racconto:
1. Ordinariamente a chi entra al suo servizio, Dio da un saggio delle gioie celesti, per far uscire dai piaceri terreni e incoraggiare a cercare l'amore divino, come una mamma che per invogliare e attirare il bambino a succhiare la mammella ci mette sopra un po' di miele.
2. È sempre lo stesso buon Dio che qualche volta, secondo i suoi saggi disegni, ci toglie il latte e il miele delle consolazioni, per farci divezzare, e insegnarci a mangiare il pane secco e più solido di una devozione forte, esercitata alle prove del disgusto e delle tentazioni.
3. Qualche volta, mentre siamo afflitti da aridità e sterilità, scoppiano terribili burrasche; in tal caso dobbiamo combattere con costanza le tentazioni, perché quelle non vengono da Dio, ma dobbiamo sopportare pazientemente le aridità, perché quelle Dio le ha permesse per esercitarci.
4. Non dobbiamo mai perderci di coraggio quando siamo afflitti da guai interiori, e non dire come il buon Goffredo: Non sarò mai felice, perché nella notte dobbiamo aspettare la luce; viceversa anche nel mezzo del più bei tempo spirituale che possa capitarci, non bisogna dire: Io non avrò più guai! Dice infatti il Saggio che nei giorni felici bisogna ricordarsi della sventura.
Bisogna sperare nelle difficoltà e temere nella prosperità, e sia nell'un caso che nell'altro, umiliarsi.
5. Confidare il proprio male a qualche amico spirituale che possa aiutarci è un ottimo rimedio.
Infine, a conclusione di questa raccomandazione così necessaria, ti faccio notare che, in questo come del resto in tutte le cose, il buon Dio e il maligno vogliono esattamente l'opposto: Dio vuole condurci con le aridità a una grande purezza di cuore, alla totale rinuncia al nostro interesse personale in tutto ciò che riguarda il suo servizio, a una perfetta spogliazione di noi stessi; il maligno cerca di servirsi delle stesse difficoltà per scoraggiarci, farci ritornare ai piaceri sensuali, e infine renderci tediosi a noi stessi e agli altri, per denigrare e screditare la santa devozione.
Ma se rifletti agli insegnamenti che ti ho dato, aumenterai di molto la tua perfezione continuando l'esercizio della devozione anche in mezzo alle afflizioni interiori, sulle quali non voglio chiudere il discorso senza dire ancora una parola.
Qualche volta, la nausea, la sterilità e l'aridità provengono da indisposizioni fisiche; il che può capitare per le veglie eccessive, per le fatiche e i digiuni; che ci ammazzano di stanchezza, ci intontiscono, ci fiaccano e ci gravano anche di altre infermità.
È vero che dipendono dal corpo, ma coinvolgono anche lo spirito, per lo stretto legame che li unisce.
In tali circostanze, bisogna ricordarsi di fare sempre molti atti di virtù con la punta dello spirito e la volontà superiore; anche se tutta la nostra anima sembra dormire ed essere presa dal sopore e dalla stanchezza, non è per questo che gli atti del nostro spirito saranno meno graditi a Dio; in quei momenti possiamo dire come la Sposa: Dormo, ma il mio cuore veglia; e, come ho già detto, se è indubitabile che in tali circostanze c'è meno soddisfazione, è sicuro però che c'è più merito e virtù.
In tali situazioni il rimedio è di rinvigorire il corpo con qualche opportuno trattamento e qualche distrazione; è per questo che Francesco comandava ai suoi frati di essere moderati nel lavoro, in modo da non fiaccare il fervore dello spirito.
E a proposito di questo glorioso Padre, una volta fu preso e agitato da una malinconia di spirito così profonda tanto che non poteva impedirsi di tradirlo nel comportamento.
Non riusciva più a conversare con i suoi religiosi e, se se ne allontanava, era peggio.
L'astinenza e la macerazione della carne lo opprimevano, l'orazione non gli dava più alcun sollievo.
Rimase in quello stato due anni, tanto che sembrava che Dio lo avesse completamente abbandonato.
Alla fine, dopo aver umilmente sopportato quella rude tempesta, il Salvatore gli ridiede in un attimo tutta la sua beata serenità.
Questo per dirti che i più grandi servi di Dio sono soggetti a queste burrasche; e noi piccoli tra tutti, non dobbiamo meravigliarci se qualche cosetta capita anche a noi.
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