Cantico spirituale Manoscritto B |
Pastori, voi che andate
di stazzo in stazzo fino all'alto monte,
se per caso incontrate
chi più d'ogni altro bramo,
ditegli che languisco, soffro e muoio.
In questa strofa l'anima afferma di volersi servire di intermediari presso l'Amato e chiede loro che gli facciano nota la sua dolorosa pena.
Infatti è proprio dell'amante, impossibilitato a farlo da sè per la lontananza dell'Amato, di ricorrere ai mezzi migliori possibili per comunicare con Lui.
Perciò l'anima ora si serve come messaggeri dei suoi affetti, dei suoi desideri e dei suoi gemiti, che sanno esprimere molto bene all'Amato i segreti del cuore.
Pertanto li prega che vadano, dicendo:
Pastori, voi che andate.
2 - Chiama pastori i suoi desideri, i suoi affetti e i suoi gemiti perché pascono l'anima di beni spirituali ( infatti « pastore » è colui che conduce al pascolo ) e perché per loro mezzo Dio si comunica a lei e le porge un pascolo divino, mentre lo fa ben poco senza di loro.
E soggiunge: voi che andate, voi che provenite dall'amor puro, giacché tra gli affetti e desideri vanno a Dio soltanto quelli che provengono da vero amore.
Di stazzo in stazzo fino all'alto monte.
3 - Dà il nome di stazzi ai cori degli Angeli, attraverso i quali le nostre orazioni e i nostri gemiti salgono al Signore, il quale è chiamato monte perché è la somma altezza e perché da Lui, come da una cima, si esplorano tutte le cose e tutti gli stazzi superiori e inferiori.
A Lui vanno le nostre preghiere offerte dagli Angeli, secondo quanto uno di essi dice a Tobia: Quando pregavi spargendo lacrime e seppellivi i morti, io offrivo le tue preghiere al Signore ( Tb 12,12 ).
Per pastori dell'anima possiamo intendere anche gli Angeli, i quali non solo recano le nostre suppliche al Signore, ma portano anche i suoi messaggi alle anime e quindi, come pastori buoni, le pascono con soavi ispirazioni e comunicazioni divine, perché Iddio si serve anche di loro.
Inoltre essi ci proteggono dai lupi, che sono i demoni.
Dunque, sia che si intendano per pastori gli appetiti o gli Angeli, l'anima desidera che le facciano da intermediari presso l'Amato.
Perciò dice loro:
se per caso incontrate.
4 - È quanto dire: se per mia buona sorte giungete alla sua presenza in modo che Egli vi veda e vi ascolti.
Se è vero che Dio sa tutto e, come afferma Mosè, ( Dt 31,21 ), scruta e nota anche i pensieri dell'anima, tuttavia diciamo che Egli vede le nostre necessità, quando vi pone rimedio soddisfacendole.
Infatti le necessità e le petizioni non sono esaudite e ascoltate da Dio finché non giunga il tempo opportuno o esse non raggiungano il numero sufficiente.
Allora si dice che Egli le nota e le ascolta, come possiamo dedurre dall'Esodo dove si legge che dopo quattrocento anni che gli Ebrei erano schiavi in Egitto, il Signore dice a Mosè: Ho veduto l'afflizione del mio popolo, ho ascoltato le sue suppliche e sono disceso per liberarlo ( Es 3,7-8 ): eppure gli era stata sempre nota!
Anche Gabriele disse a Zaccaria ( Lc 1,13 ) di non temere perché il Signore aveva ascoltato le sue orazioni, concedendogli il figlio che implorava da tanti anni: eppure anche in questo caso Dio lo aveva sempre udito!
Dunque ogni anima deve ricordare che, se Dio non viene subito incontro alle sue preghiere e alle sue necessità, lo farà al momento opportuno, purché ella non si scoraggi, poiché" Egli, come afferma David, è il soccorritore nelle necessità e nelle tribolazioni ( Sal 9,10 ).
L'anima quindi quando dice: se per caso vedete, vuoi significare: se è giunto il tempo in cui Egli crede conveniente esaudire le mie preghiere,
chi più d'ogni altro bramo.
5 - Vale a dire: chi amo più di tutti.
Ciò si verifica allorché nell'anima non vi è alcun impedimento capace di trattenerla dal fare e dal patire qualsiasi cosa che torni al servizio di Dio.
Quando poi ella può dire con verità ciò che afferma nel verso seguente, è segno che lo ama su tutte le cose.
Ecco il verso:
ditegli che languisco, soffro e muoio.
6 - L'anima enumera tre casi di necessità, languore, sofferenza e morte, poiché chi ama veramente con amore alquanto perfetto constatando la lontananza di Dio, soffre nei tre modi suddetti secondo le potenze dell'intelletto, della memoria e della volontà.
Riguardo all'intelletto, l'anima afferma di languire perché non vede il Signore, che è la salute di quella facoltà, secondo il detto di David: Io sono la tua salute ( Sal 35,3 );
riguardo alla volontà, dice di soffrire, perché è priva del possesso di Dio, che è refrigerio e diletto della volontà, secondo quanto soggiunge il Salmista: Mi sazierò con il torrente della tua gioia ( Sal 36,9 );
riguardo alla memoria, l'anima afferma di morire perché, ricordandosi che è priva di tutti i beni dell'intelletto, cioè della visione di Dio, di tutti i diletti della volontà, cioè del suo possesso e che è molto possibile che ne rimanga priva per sempre in mezzo alle occasioni pericolose del mondo, a questo ricordo ella soffre dolori di morte, credendo, che le manchi il possesso certo e perfetto di Dio, il quale come dice Mosè, è vita dell'anima: Egli certamente è la tua vita ( Dt 30,20 ).
7 - Anche Geremia fece presenti a Dio queste tre necessità dicendo: Ricordati della mia povertà, dell'assenzio e del fiele ( Lam 3,19 ).
La povertà si riferisce all'intelletto, in quanto che ad esso appartengono le ricchezze della sapienza del Figlio di Dio, in cui, come scrive S. Paolo, sono nascosti tutti i tesori divini ( Col 2,3 ).
L'assenzio, che è un'erba amarissima, riguarda la volontà, giacché ad essa appartiene la dolcezza del possesso di Dio, mancando il quale, l'anima rimane piena di amarezza.
Che poi questa, spiritualmente parlando, si riferisca alla volontà, si può capire dalle parole che l'Angelo dice a S. Giovanni nell'Apocalisse e cioè che mangiando quel libro, gli si sarebbe amareggiato il ventre ( Ap 10,9 ), dove per ventre si intende la volontà.
Il fiele si riferisce non solo alla memoria, ma a tutte le facoltà e forze dell'anima, della cui morte il fiele è simbolo, secondo quanto fa capire Mosè nel Deuteronomio parlando dei condannati: Fiele di draghi sarà il loro vino e veleno insanabile di Aspidi ( Dt 32,33 ), espressione in cui viene adombrata la privazione di Dio, che è morte dell'anima.
8 - C'è da notare come l'anima, nel verso citato, si limita ad esporre all'Amato le proprie necessità e pene, poiché chi ama con criterio non si preoccupa di chiedere ciò che gli manca o desidera, ma espone semplicemente i propri bisogni, affinché l'Amato faccia poi quanto gli piace.
Così fece la Vergine alle nozze di Cana in Galilea quando, senza fare nessuna richiesta diretta, disse: Non hanno vino ( Gv 2,3 ) e le sorelle di Lazzaro allorché, senza chiedergli la guarigione del fratello, fecero ricordare al Cristo che colui che Egli amava era ammalato ( Gv 11,3 ).
Ciò accade per tre ragioni:
prima, perché Nostro Signore sa meglio di noi quello di cui abbiamo bisogno;
seconda, perché l'Amato è spinto a maggior compassione dalle necessità e dalla remissività dell'amante;
terza, perché l'anima diventa più sicura dall'amor proprio e dallo spirito di proprietà se espone ciò di cui difetta, che se chiede ciò di cui è priva.
Così fa l'anima nel presente verso esponendo le sue tre necessità.
È come se dicesse: dite al mio Diletto che, poiché languisco, Egli solo che è la mia salute, me la conceda; poiché soffro, Egli solo che è la mia gioia, me la dia; poiché muoio, Egli solo che è la mia vita, mi doni la vita.
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