Vita seconda |
La carità
[758] 172. La forza dell'amore aveva reso Francesco fratello di tutte le altre creature; non è quindi meraviglia se la carità di Cristo lo rendeva ancora più fratello di quanti sono insigniti della immagine del Creatore.
Diceva infatti che niente è più importante della salvezza delle anime, e lo provava molto spesso col fatto che l'Unigenito di Dio si è degnato di essere appeso alla croce per le anime.
Da qui derivava il suo impegno nella preghiera, il suo trasferirsi da un luogo all'altro per predicare, la sua grande preoccupazione di dare buon esempio.
Non si riteneva amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato.
Ed era appunto questo il principale motivo per cui venerava i dottori di sacra Teologia, perché come collaboratori di Cristo esercitavano con lui lo stesso ufficio.
Ma al di sopra di ogni misura, amava di un amore particolarmente intimo, con tutto l'affetto del cuore, i frati, come familiari di una fede speciale e uniti dalla partecipazione alla eredità eterna.
[759] 173. Quando gli facevano notare il rigore della sua vita, rispondeva di essere stato dato come modello all'Ordine, per incoraggiare come aquila i suoi piccoli al volo.
Perciò, quantunque la sua carne innocente, che già spontaneamente si assoggettava allo spirito, non avesse bisogno di castigo per colpe commesse, tuttavia moltiplicava le sue penitenze per dare l'esempio, e batteva vie difficili solo per incoraggiare gli altri.
E ben a ragione.
Perché si guarda più ai fatti che alle parole dei superiori.
Con i fatti, Padre, tu convincevi più soavemente, persuadevi con più facilità ed anche presentavi la prova più convincente.
Se i superiori parlassero anche la lingua degli uomini e degli angeli, ma non accompagnano le parole con esempi di carità, a me giovano poco, a se stessi niente.
In realtà, quando chi corregge non è temuto in nessun modo e il capriccio tiene luogo della ragione, bastano forse i sigilli alla salvezza?
Tuttavia si deve mettere in pratica ciò che essi dicono autorevolmente, affinché la corrente d'acqua giunga alle aiuole, anche se i canali rimangono aridi.
E di tanto in tanto si raccolga la rosa dalle spine, in modo che il maggiore serva al minore.
[760] 174. E inoltre chi possiede la stessa premura di Francesco per i sudditi?
Egli alzava sempre le mani al cielo in favore dei veri Israeliti, e a volte, dimentico di sé, provvedeva prima alla salvezza dei fratelli.
Si prostrava ai piedi della Maestà divina, offriva un sacrificio spirituale per i suoi figli, e pregava Dio a beneficarli.
Vegliava con trepido amore sul piccolo gregge, che si era condotto dietro, perché non gli capitasse che, dopo aver lasciato questo mondo, perdesse anche il cielo.
Ed era convinto che un giorno sarebbe rimasto senza gloria, se nello stesso tempo non ne avesse reso meritevoli e partecipi quanti gli erano stati affidati, e che il suo spirito dava alla luce con dolore maggiore di quello provato dalle viscere materne.
[761] 175. Dimostrava una grande compassione per gli infermi e una tenera sollecitudine per le loro necessità.
Se a volte la bontà dei secolari gli mandava qualche corroborante per la sua salute, lo regalava agli altri ammalati, mentre ne aveva bisogno più di tutti.
Faceva proprie le loro sofferenze e li consolava con parole di compassione, quando non poteva recare loro soccorso.
Mangiava perfino nei giorni di digiuno, perché gli infermi non provassero rossore, e non si vergognava nei luoghi pubblici della città di questuare carne per un frate ammalato.
Tuttavia ammoniva i sofferenti a sopportare pazientemente le privazioni e a non gridare allo scandalo, se non erano soddisfatti in tutto.
Per cui in una Regola fece scrivere così: « Prego tutti i miei frati infermi, che nelle loro infermità non si adirino né si turbino contro Dio o contro i fratelli.
Non chiedano con insistenza le medicine, né desiderino troppo di risanare il corpo, che è nemico dell'anima e destinato a morire presto.
Di ogni cosa sappiano rendere grazie a Dio, in modo da essere quali li vuole il Signore.
Perché quelli che Dio ha preordinati alla vita eterna, li ammaestra col pungolo dei flagelli e delle malattie.
Ha detto infatti: - Io correggo e castigo quelli che amo - ».
[762] 176. Una volta venne a conoscenza che un frate ammalato aveva desiderio di mangiare un po' d'uva.
Lo accompagnò in una vigna, e sedutosi sotto una vite, per infondergli coraggio, cominciò egli stesso a mangiarne per primo.
[763] 177. Amava con maggiore bontà e sopportava con pazienza quelli che sapeva turbati da tentazioni e deboli di spirito, come bambini fluttuanti.
Per cui, evitando le correzioni aspre, dove non vedeva un pericolo, risparmiava la verga per riguardo alla loro anima.
E soleva dire che è dovere del superiore, padre e non tiranno, prevenire l'occasione della colpa e non permettere che cada chi poi difficilmente potrebbe rialzarsi, una volta caduto.
Oh, quanto è degna di compassione la nostra stoltezza!
Non soltanto non rialziamo o sosteniamo i deboli, ma a volte li spingiamo a cadere.
Giudichiamo di nessuna importanza sottrarre al Sommo Pastore una pecorella, per la quale sulla croce gettò un forte grido con lacrime.
Ma ben diversamente tu, padre santo, preferivi emendare gli erranti e non perderli!
Sappiamo tuttavia che i mali della propria volontà sono in alcuni talmente radicati da richiedere il cauterio, non l'unguento.
Infatti è chiaro che per molti è più utile l'essere stritolati con verga di ferro, che essere accarezzati con le mani.
Ma l'olio ed il vino, la verga e il bastone, lo zelo e l'indulgenza, la bruciatura e l'unzione, il carcere ed il grembo materno, ogni cosa ha il suo tempo.
Tutto ciò richiede il Dio delle vendette e il Padre delle misericordie: però preferisce la misericordia al sacrificio.
[764] 178. Questo uomo santissimo era meravigliosamente rapito in Dio e traboccava di gioia, quando giungeva sino a lui il buon odore dei suoi figli.
Avvenne che un ecclesiastico spagnolo, persona pia, ebbe la fortuna di incontrarsi e di parlare con san Francesco.
Tra le altre cose che riferì riguardo ai frati che si trovavano in Spagna, rese felice il Santo con questa notizia: « I tuoi frati nel nostro paese vivono in un povero eremo, e si sono dati questo regime di vita: metà attendono ai lavori domestici e metà alla contemplazione.
Ogni settimana, il gruppo degli attivi passa alla contemplazione e quello dei contemplativi all'esercizio del lavoro.
« Un giorno era già stata preparata la tavola, e, dato il segnale per chiamare gli assenti, arrivano tutti, eccetto uno, del gruppo contemplativo.
Dopo un po' vanno alla sua cella per chiamarlo a tavola, ma egli già si nutriva alla mensa ben più lauta del Signore.
« Era prostrato con la faccia a terra, le braccia aperte in forma di croce e non dava segno di vita né col respiro né con altro movimento.
Due candelabri accesi, uno al capo e l'altro ai piedi, illuminavano la cella con una luce sfolgorante, in modo meraviglioso.
« Lo lasciano in pace per non turbare l'estasi e non svegliare la diletta, sino a che non voglia.
Però i frati cercano di osservare attraverso le fessure della cella, stando dietro il muro e spiando per le inferriate.
Per essere brevi, mentre ivi, gli amici sono intenti ad ascoltare colei che se ne stava nel giardino, all'improvviso scompare tutto quel bagliore ed il frate ritorna in se stesso.
Subito si alza e, recatosi a tavola, si accusa di essere giunto in ritardo.
« Ecco - concluse l'ecclesiastico spagnolo - quanto è accaduto nella nostra terra! ».
Francesco non stava in sé dalla gioia, inebriato com'era dal profumo dei suoi figli.
Subito si mise a lodare il Signore e come se il sentire parlare bene dei frati fosse l'unica sua gloria, esclamò dal più profondo del cuore: « Ti ringrazio, Signore, che santifichi e guidi i poveri, perché mi hai riempito di gioia con queste notizie!
Benedici, ti prego, con la più ampia benedizione e santifica con una grazia particolare tutti quelli che rendono odorosa di buoni esempi la loro professione religiosa! ».
[765] 179. Abbiamo conosciuto da questi fatti la carità del Santo, virtù che porta a godere dei successi delle persone care.
Però siamo convinti che nello stesso tempo siano stati rimproverati assai quelli che negli eremitori vivono in modo diverso.
Molti infatti trasformano il luogo della contemplazione in ozio e il modo di vivere eremitico, istituito per consentire alle anime la perfezione, lo riducono ad un luogo di piacere.
Questa è oggi la norma dei nostri anacoreti: vivere ciascuno secondo il proprio capriccio.
Certo questo rimprovero non è per tutti.
Sappiamo che vi sono dei santi ancora viventi nella carne, che nell'eremo seguono ottime leggi.
Sappiamo pure che i padri che li hanno preceduti sono stati fiori di rara bellezza.
Voglia il cielo che gli eremiti del nostro tempo non tralignino da quello splendore primitivo, che per la sua santità merita una lode eterna!
[766] 180. Inoltre, quando Francesco esortava tutti alla carità, li invitava a dimostrare affabilità e cortese dimestichezza.
Voglio - diceva - che i miei frati si dimostrino figli della stessa madre, e che si prestino a vicenda generosamente la tonaca, la corda o ciò che uno avrà chiesto all'altro.
Mettano in comune libri e tutto ciò che può essere gradito ed anzi, direi di più; li costringano ad accettarli ».
Ed anche a questo riguardo era il primo a darne l'esempio, per non dire cosa alcuna che prima non adempisse in lui il Cristo.
[767] 181. Capitò a due frati della Francia, uomini di grande santità, di incontrare Francesco; ne provarono una gioia incredibile, tanto più che da lungo tempo erano tormentati da questo desiderio.
Dopo tenere effusioni di affetto ed uno scambio soave di parole, furono spinti dalla loro ardente devozione a chiedere a Francesco la tonaca.
Il Santo se ne spogliò subito, rimanendo seminudo e gliela diede devotissimamente; poi indossò con pio scambio quella più povera di uno di loro.
Era pronto a dare non soltanto simili cose, ma a dare tutto se stesso, e quando gli veniva chiesto, lo donava con la massima gioia.
Indice |