Cronache e altre testimonianze non fancescane |
2. Francesco nei cronisti della quinta crociata
Riguardo all'episodio particolare della missione di san Francesco alla corte del Sultano d'Egitto, abbiamo anche altre testimonianze precise, che vale la pena di trascrivere in questo luogo, anche se per avere il quadro completo dobbiamo riferirci al Celanese e a san Bonaventura.
[2231] 1. Ora vi dirò di due chierici che si trovavano nell'esercito a Damiata.
Un giorno si recarono dal cardinal ( legato ), e gli manifestarono la loro intenzione di andare a predicare al Sultano; ma volevano fare questo con il suo beneplacito.
Il cardinale rispose che, per conto suo, non avrebbe mai dato né licenza né comando in tale senso, perché non voleva concedere licenza che si recassero là dove sarebbero stati senz'altro uccisi.
Lo sapeva bene lui, che se ci andavano, non ne sarebbero tornati mai più.
Ma essi risposero che, se ci andavano, lui non avrebbe avuto nessuna colpa, perché non era lui che li mandava, ma semplicemente permetteva che vi andassero.
E tanto lo pregarono che il cardinale, costatando che avevano un proposito così fermo, disse loro: « Signori miei, io non conosco quello che voi avete in cuore e quali siano i vostri pensieri, se buoni o cattivi; ma se ci andate, guardate che i vostri cuori e i vostri pensieri siano sempre rivolti al Signore Iddio ».
Risposero che non volevano andare dal Sultano, se non per compiere un grande bene, che bramavano portare a compimento.
Allora il cardinale disse che potevano pure andarci, se lo volevano, ma che non si pensasse da nessuno che era lui a inviarli.
[2232] 2. Allora i due chierici attraversarono il campo cristiano, dirigendosi verso quello dei Saraceni.
Quando le sentinelle del campo saraceno li scorsero che si avvicinavano, congetturarono che certo venivano o come portatori di qualche messaggio o perché avevano intenzione di rinnegare la loro fede.
Si fecero incontro, li presero e li condussero dal Sultano.
Introdotti alla presenza del Sultano, lo salutarono.
Il Sultano rispose al saluto e poi domandò loro se intendevano farsi saraceni oppure portavano qualche messaggio.
Essi risposero che giammai si sarebbero fatti musulmani, ma piuttosto erano venuti a lui portatori di un messaggio da parte del Signore Iddio, per la salvezza della sua anima.
E proseguirono: « Se tu, sire, vorrai credere alle nostre parole, noi consegneremo la tua anima a Dio, perché ti diciamo in verità che se tu morrai in questa legge che ora professi, sarai perduto né mai Dio avrà la tua anima.
Proprio per questo noi siamo venuti.
Ma se ci darai ascolto e vorrai comprendere, noi ti mostreremo con argomenti irrefutabili, alla presenza dei più saggi dottori del regno, se li vorrai convocare, che la vostra legge è falsa ».
Il Sultano rispose che egli aveva dignitari maggiori e minori della sua legge e gli incaricati del culto e non poteva neppure ascoltare quello che essi volevano dire, se non alla loro presenza.
« Molto bene, - risposero i due chierici -.
Mandali a chiamare, e se noi non riusciremo a dimostrare con solidi argomenti che è vero quanto asseriamo, che cioè la vostra legge è falsa, sempre che vogliano ascoltare e comprendere, ci faccia pure mozzare la testa ».
Il Sultano allora convocò nella sua tenda i dignitari e sapienti.
E così si trovarono insieme alcuni dei maggiori dignitari e dei più saggi del suo regno e i due chierici.
[2233] 3. Quando furono radunati insieme, il Sultano espose il motivo per cui li aveva convocati ed ora erano qui alla sua presenza, quello che i due chierici gli avevano proposto e la ragione della loro venuta alla sua corte.
Ma essi gli risposero: « Sire, tu sei la spada della legge: a te il dovere di custodirla e di difenderla.
Noi ti comandiamo, da parte di Dio e di Maometto, che ci ha dato questa legge, di far subito decapitare costoro.
Quanto a noi non ascolteremo mai quello che essi dicono.
Ma anche te mettiamo sull'avviso di non ascoltarli, perché la legge proibisce di prestar orecchio ai predicatori di altra religione.
Se poi c'è qualcuno che voglia predicare o parlare contro la nostra legge, questa stessa stabilisce che gli sia mozzata la testa.
Per questo ti comandiamo, da parte di Dio e della legge, che tu faccia subito tagliar loro la testa, come è prescritto ».
[2234] 4. Detto questo, presero congedo e se ne andarono senza più voler ascoltare nessuna parola.
Rimasero soli il Sultano e i due chierici.
Allora il Sultano disse loro: « Signori miei, mi hanno detto, da parte di Dio e della legge, che io devo farvi decapitare, perché così è prescritto.
Ma io, per questa volta andrò contro la legge; non sia mai che io vi condanni a morte.
Sarebbe una ricompensa malvagia fare morire voi, che avete voluto, coscientemente, affrontare la morte per salvare l'anima mia nelle mani del Signore Iddio ».
Poi il Sultano aggiunse che se essi volevano rimanere con lui, li avrebbe investiti di vaste terre e possedimenti.
Ma essi risposero che non volevano punto rimanerci, dal momento che non li si voleva né sentire né ascoltare, e perciò sarebbero tornati nell'accampamento dei cristiani, se lui lo permetteva.
Il Sultano rispose che volentieri li avrebbe fatti ricondurre sani e salvi nell'accampamento cristiano.
Ma intanto fece portare oro, argento e drappi di seta in gran quantità, e li invitò a prenderne con libertà.
Essi protestarono che non avrebbero preso nulla, dal momento che non potevano avere l'anima di lui per il Signore Iddio, poiché essi stimavano cosa assai più preziosa donare a Dio la sua anima, che il possesso di qualsiasi tesoro.
Sarebbe bastato che desse loro qualcosa da mangiare, e poi se ne sarebbero andati, poiché qui non c'era più nulla da fare per loro.
Il Sultano offri loro un abbondante pasto.
Finito essi si congedarono da lui, che li fece scortare sani e salvi fino all'accampamento dei cristiani.
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