Carlo
BorromeoArcivescovo di Milano, santo ( Arona 1538 - Milano 1584 ); festa: 4 novembre. Della nobile famiglia dei Borromeo e nipote di papa Pio IV, percorse, nell'adolescenza e nella prima giovinezza, un curriculum allora scontato per gli esponenti di famiglie nobili che abbracciavano, per convinzione o convenienza, la condizione sacerdotale. A dodici anni già abate commendatario con cospicue rendite, ottenne in seguito varie mansioni presso la curia di Roma dove si era trasferito. Il mutamento di vita, una vera "conversione", paragonabile a quella di altri grandi esponenti del cristianesimo del suo secolo, avvenne alla morte del fratello maggiore, nel 1562. Carlo rinunciò alla successione ereditaria, divenne prima sacerdote e poi vescovo, dedicandosi con appassionato impegno a una vita austera, proiettata verso la cura delle anime. Arcivescovo di MilanoAssunse direttamente il governo dell'arcidiocesi di Milano nel settembre 1565, a 27 anni, traducendo, nella scelta preferenziale per un'attività apostolica condotta attraverso le strutture della Chiesa particolare, l'ispirazione del concilio di Trento per la riforma della Chiesa. L'attività svolta nei 24 anni del suo ministero milanese raggiunse, segnandole di un'impronta originale che si sarebbe mantenuta nel tempo, le molteplici nervature della vita ecclesiale. Per acquisire una conoscenza diretta delle popolazioni a lui affidate eseguì capillari visite nella sua vastissima arcidiocesi, che comprendeva località nei cantoni svizzeri, o soggette a Venezia e a Genova. Convinto del ruolo insostituibile del clero, ne curò la formazione fondando seminari; il più importante, quello diocesano, lo affidò in un primo tempo ai gesuiti. Volle comunque disporre di un gruppo di sacerdoti affiliati in una struttura duttile, in grado di soddisfare facilmente e rapidamente le necessità pastorali da lui individuate. Sul modello dei Preti dell'Oratorio di s. Filippo Neri, sorse così, nel maggio 1578, la Congregazione degli Oblati di s. Ambrogio, i quali, obbligandosi a obbedire con immediatezza ai comandi dell'arcivescovo, si rendevano disponibili per svariati compiti apostolici. Nel 1579 Carlo affidò loro la direziono del seminario. La riforma degli istituti religiosi lo portò, anche suscitando reazioni di sorprendente gravita, tra cui risaltò un attentato alla sua vita, a sopprimere antichi sodalizi e ordini, come quello degli umiliati, e a favorire le nuove famiglie religiose, sorte nel clima della riforma cattolica, in particolare i barnabiti ( v. ). I suoi legami con personalità e ambienti di molte aree della cattolicità, l'attrattiva del suo esempio, la chiarezza delle sue direttive, ne resero trainanti gli indirizzi nella conduzione della Chiesa locale e nella spiritualità del popolo cristiano. |
MagnoRe dei franchi, dei longobardi e imperatore del Sacro Romano Impero ( n. 742 - Aquisgrana 814 ). Nel 754 papa Stefano II lo consacrò re dei franchi, insieme al padre Pipino il Breve e al fratello Carlomanno, conferendogli anche il titolo di patricius romanorum ( patrizio dei romani ). L'accresciuto prestigio di Carlo ( divenuto unico re dei franchi nel 771, alla morte del fratello Carlomanno ), i successi della sua politica espansionista, specie dopo il vittorioso intervento, sollecitato dallo stesso Stefano II, contro i longobardi ( 773 ), infine la proclamazione a re d'Italia ( 774 ), gli conferirono il primato politico nel centro d'Europa e nella penisola. Nei riguardi del pontefice confermò i patti stipulati dal padre Pipino, che concedevano al papa una notevole porzione dell'Italia centrale, giungendo così a configurare il nucleo di uno "Stato Pontificio". Le conquiste di Carlo dei territori sassoni sulla destra del Reno, del ducato di Baviera fino alle zone presto chiamate Marca Orientale, corrispondenti all'attuale Austria, così come la penetrazione nella penisola iberica ampliarono una costellazione di domini ormai "europea". La festa di Natale dell'800, nella chiesa di S. Pietro a Roma, il pontefice Leone III incoronò Carlo imperatore romano. Un impero cristianoCarlo riuscì a operare la fusione delle forze germaniche con le istituzioni romane, ponendole sotto l'egida degli ideali cristiani, modellando un amalgama destinato a consolidarsi, sia nei meccanismi delle relazioni sociali come nelle prospettive mentali. Sviluppò l'organizzazione ecclesiastica, distribuendo con criteri razionali sedi metropolitane, vescovili, parrocchiali, e consolidandone le basi economiche. Stabilì scuole accanto alle cattedrali e alle abbazie, destinate dapprima al clero, ma presto aperte anche ai laici; volle che presso le parrocchie si impartisse una istruzione di base ai fanciulli. Diede impulso alla scienza ecclesiastica, chiamando a corte studiosi e letterati, specie dall'Italia e dall'Inghilterra; favorì l'arte sacra, soprattutto l'architettura che, rielaborando nello spirito germanico l'eredità paleocristiana e quella bizantina, generò il cosiddetto stile romanico primitivo. L'intreccio di questi molteplici e tenaci fili compose il disegno di una "cristianità" ( v. ) destinata a svilupparsi nei secoli successivi, caratterizzata dalla mancanza di confini precisi tra poteri imperiali da un lato e papali-ecclesiastici dall'altro. |