Antitrinitari

Dizionario

1) rel. eretici che non accettano il dogma trinitario o, secondo la Chiesa cattolica, introducono errori in esso


Seguaci di un indirizzo di pensiero dei seco. XVI e XVII che respinge la concezione trinitaria di Dio ( v. Trinità ).

Espressione, ai suoi inizi, di circoli elitari umanistici, il movimento conobbe dapprima in Italia, con i senesi Lelio e Fausto Sozzini ( Socini ) e poi in Francia, con Michele Serveto, forme caratterizzate da alcuni elementi comuni: un'interpretazione che si voleva rigidamente razionale dei postulati della fede; l'enfatizzazione dell'elemento di decisione cosciente nell'appartenenza alla Chiesa.

F. Sozzini dal 1579 fino alla morte, avvenuta nel 1604, svolse la sua attività propagandistico-formativa in Polonia, incontrandovi un discreto successo, specie a Racow ( oggi Kielce ), dove sorse un importante centro intellettuale, formato da eruditi e umanisti.

Espulsi dalla Polonia nel 1658, essi si trasferirono in Olanda, Inghilterra, Transilvania e America del nord, dove si diffusero con il nome di unitariani.

Tali correnti esercitarono un influsso notevole sul deismo inglese del sec. XVIII.

Sono esistiti ed esistono tutt'oggi gruppi cristiani non trinitari, come ad esempio i mormoni ed i Testimoni di Geova, che rigettano la dottrina della Trinità e unicità di Dio come definita dal primo concilio di Nicea ( 325 ) e dal concilio di Costantinopoli (381), in relazione alla controversia ariana.

Gli antitrinitari sottolineano che biblicamente non esiste alcun concetto di Trinità ( dottrina dedotta dagli uomini ) ma semplicemente un solo Dio Padre il quale è Spirito, un Figlio poi manifestatosi in carne ( Gesù Cristo ) e lo Spirito Santo quale forza di cui si serve Dio per operare.

La critica alla dottrina include l'argomento che il suo mistero, un evidente paradosso, in cui viene detto che le persone di Dio condividono completamente una singola sostanza divina, l'Essere di Dio e tuttavia non partecipano dell'identità di ciascuno. I critici mettono in discussione la dottrina perché essi ritengono che questo insegnamento, definito fondamentale, mancherebbe di un supporto scritturale diretto.

Chi invece professa la dottrina ortodossa riconosce la mancanza di un supporto diretto o formale nell'antico testamento, ma non nel Nuovo, poiché la dottrina trinitaria sarebbe stata rivelata con la venuta di Gesù.

Il dibattito sulla base biblica della dottrina tende a ruotare principalmente sulla questione della divinità di Gesù.

Controversie sulla Scrittura

Antico Testamento

Alcuni esegeti trovano pluralità in termini del Vecchio Testamento come Elohim

Altri negano che elhoim denoti pluralità, facendo notare che, questo nome, in quasi tutte le circostanze richiede un verbo singolare e argomentando che dove sembra suggerisca pluralità viene smentita dalla grammatica Ebraica.

La New Catholic Encyclopedia riporta che "La dottrina della Santa Trinità non è insegnata nel Vecchio Testamento", e "Nel Vecchio testamento non si trova alcuna indicazione chiara di una Terza persona.

Spesso è menzionato lo Spirito di Dio, ma nulla dimostra che lo Spirito è distinto da Jhwh stesso.

Il termine viene usato sempre in relazione all'operare di Dio".

In realtà l'enciclopedia afferma anche che "i primi Padri della Chiesa erano convinti dell'esistenza di riferimenti alla dottrina della Trinità anche nell'Antico Testamento e hanno trovato questi riferimenti in non pochi brani della Bibbia.

Molti di loro ritenevano non solo che i profeti avessero dato testimonianza della dottrina, ma ritenevano pure che essa si fosse fatta conoscere perfino ai patriarchi."

Questa convinzione ha un fondamento biblico nella disputa tra Gesù e i Sadducei sulla Risurrezione e sull'unicità di Dio, poi conclusa con l'interpretazione messianica del Salmo 110.

Nella pericope in questione ( riportata dai tre vangeli sinottici: Mt 22,23ss, Mc 12,18ss e Lc 20,27 ) Gesù risolve la questione della risurrezione richiamandosi alla Torah, i primi cinque libri della Bibbia, gli unici che i sadducei riconoscono, pronunciando con autorità il nome di Dio ( 'Io Sono' ) che solo Dio può pronunciare.

È questo pronunciamento 'blasfemo' di Gesù che implica l'essere Dio di Gesù come il Padre che scandalizza uno scriba, che richiede a Gesù la sintesi della fede ebraica del tempo, lo Shemà.

'Shema Israel, Ascolta Israele il Signore è nostro Dio, il Signore è Uno'.

L'anonimo Scriba dopo avere risentito da Gesù la perfetta recitazione dello 'Shemà conclude ( Mc 12,32 ) 'Bene Rabbì, con verità hai detto che Uno è e non c'è Altro eccetto Lui'.

Ma la disputa non finisce qui, Gesù apprezza lo scriba perché il suo essere Dio non nega l'unicità di Dio e cita Davide, il Salmo 110, in cui c'è un rapporto alla pari tra Dio e colui che Davide chiama Signore.

Gesù dunque cita la Torah e i profeti per affermare la sua Divinità dando una chiave di lettura nuova della Bibbia.

Nuovo Testamento

Per coloro che professano la divinità di Gesù questa dottrina è presente nella cristologia dell'apostolo Giovanni, quando nel prologo del suo vangelo si afferma che "In principio era il Verbo ( cioè il Logos ), ed il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio".

La Chiesa ritiene che con Logos, un termine derivato dal linguaggio filosofico greco e utilizzato da Giovanni, l'apostolo si riferisce a Gesù come inerente a Dio e perciò Dio egli stesso.

Gesù inoltre accettò l'adorazione, perdonò i peccati, dichiarò di essere unico col Padre e usò l'espressione "Io sono" come un'eco del Nome Divino ( secondo alcune traduzioni ) dato a Mosè sul Sinai.

È proprio questo pronunciamento fatto davanti al sommo sacerdote che determina la condanna di Gesù come Bestemmiatore, non c'è bisogno di alcuna prova più per condannare Gesù, avendo pronunciato il Nome Divino l'Io Sono, si era dichiarato Dio, bestemmiando agli occhi di chi non ammetteva come gli antitrinitari che potesse esserci un uomo-Dio distinto come persona ma identico nella sostanza divina.

Il quarto evangelista, narra ( Gv 18,6 ) di un cadere a terra di coloro che stavano per arrestare Gesù, quando lui proclama solennemente il suo essere 'Io Sono', e conclude tutto il ciclo della Passione e della Risurrezione con la solenne professione di fede della Chiesa, messa in bocca a Tommaso, l'apostolo scettico:'Mio Signore e mio Dio' ( Gv 20,28 ).

Non solo Signore, che sarebbe sufficiente ma anche Theos, Dio, questa la fede degli apostoli, la fede della Chiesa primitiva e di tutti i tempi in Gesù vero uomo e vero Dio.

Secondo la cristologia cattolico-ortodossa infatti Gesù è veramente uomo e veramente Dio, non esistendo infatti "altri" dei accanto a Dio, essendo ciò esplicitamente vietato dal Decalogo.

Questa dualità della natura divina di Gesù è presente in diverse parti del Nuovo Testamento e come uomo Gesù è inferiore al padre, anzi impara l'ubbidienza e prova l'abbassamento totale, sebbene affermi in seguito che egli dovrà "ascendere al Padre mio e Padre vostro, Iddio mio e Iddio vostro", distinguendo così fra l'essere figli di Dio in senso figurato ( caratteristico degli uomini ) e in senso proprio ( caratteristico di Gesù ), come descritto nel primo capitolo della lettera agli Ebrei 1,1-14 e anche in diversi passi di San Paolo.

Eresie Trinitarie

Numerose sono le eresie trinitarie che vengono risolutamente censurate dal Tomus Damasi.

La loro identificazione e comprensione consente di ribadire ulteriormente i capisaldi della dottrina cattolica sulla Santissima Trinità, che è il primo mistero della nostra fede e il fondamento di tutto l'edificio dottrinale della santa Chiesa, il dogma su cui tutti gli altri reggono e da cui dipendono.

La prima grande eresia trinitaria che flagellò per numerosi lustri la Chiesa, coinvolgendo - sciaguratamente - anche numerosi esponenti del clero nei suoi errori fu l'Arianesimo, che, nonostante i Concili di Nicea e Costantinopoli ( convocati appunto per sconfiggerla e neutralizzarla ) e l'opera infaticabile del grande sant'Atanasio, continuò ad imperversare nell'Impero romano raccogliendo proseliti anche tra qualche imperatore e, appunto, anche tra non pochi membri perfino dell'episcopato.

Ario diceva sostanzialmente che il termine "Dio", in senso proprio, vero e pieno, può essere attribuito solo al Padre, mentre il Figlio, pur essendo largamente al di sopra delle creature umane ed angeliche, sarebbe comunque al di sotto del Padre, non vero Dio in senso stretto, non coeterno con Lui e, soprattutto, non della stessa sostanza del Padre: una sorta di "demiurgo" di platonica memoria, ma non vero Dio.

In tal caso, ammesso - e ovviamente non concesso - che ciò fosse vero, la Trinità resterebbe una mera formula, in quanto in realtà si tornerebbe ad un monoteismo non molto dissimile da quello dell'Antico Testamento.

Ecco perché la prima affermazione perentoria del Tomus è che vengono scomunicati "coloro i quali non proclamano, con tutta franchezza, che Egli [ lo Spirito Santo ] possiede con il Padre e il Figlio un'identica potenza e sostanza", per poi aggiungere la scomunica ad Ario in persona per il suo asserire la creaturalità del Figlio e dello Spirito Santo.

Sabellio, invece, fu latore di un'altra grave eresia trinitaria, tecnicamente nota come "modalismo".

In base a questo pensiero, la distinzione tra le tre persone divine ( pur identiche nella sostanza ), non sarebbe reale, ma solo di ragione, dipendente cioè semplicemente dal modo ( ecco perché "modalismo" ) con cui si considera l'essere e l'azione di ciascuna di esse.

Anche in questo caso, tuttavia, si verificherebbe un ritorno al monoteismo semplice, perché la distinzione tra le persone divine non è solo di ragione o dipendente dal modo in cui le si considerano, ma reale.

Come infatti si ricorderà dal simbolo Quicumque, altra è la Persona del Padre, altra quella del Figlio e altra quella dello Spirito Santo, pur essendo identica la natura, la maestà e la potenza.

I "macedoniani", dal canto loro, riprendendo l'errore di Ario, evidenziavano in modo particolare la creaturalità soprattutto dello Spirito Santo, definendolo inferiore al Verbo e vera e propria creatura in senso stretto.

Per questo vennero soprannominati anche "pneumatomachi", cioè "coloro che combattono lo Spirito Santo".

Gli ebioniti, seguaci di Elbione, furono portatori di un'eresia che negava la vera divinità di Cristo e quindi la vera incarnazione del Verbo, sostenendo che Gesù provenisse solo dalla Vergine Maria e non anche dal Padre.

Fotino, storico fondatore del neoplatonismo, riprese tale eresia, perfettamente consona al pensiero neoplatonico che, considerando la materia un male in se stessa, non può concepire un abbassamento della divinità fino ad unirsi con essa e pertanto non può far altro che negare la vera realtà dell'incarnazione.

Leggermente più sottile e destinata ad essere ripresa dal vescovo di Costantinopoli Nestorio è l'eresia che afferma che Gesù Cristo ha certamente due nature ma non è una sola persona, eresia che fu censurata e stigmatizzata dal Concilio di Efeso ( 431 ).

Essa concepisce l'incarnazione non come "unione ipostatica", cioè assunzione della natura umana nella Persona del Verbo di Dio in maniera ( per questo ) definitiva e inscindibile, ma come "adozione" dell'uomo Cristo Gesù, di per se stesso sussistente e nato dalla Vergine Maria, da parte del Verbo.

Se così fosse, non si potrebbe dire in verità che "il Verbo si è fatto carne" o che "Dio si è fatto uomo" e la redenzione non avrebbe potuto essere compiuta.

Viene bandita anche la dottrina neoplatonica dell'emanatismo, che vede il Verbo come una "propagazione del Padre" o che lo intende come una sostanza separata ( in una sorta di"biteismo" ) destinata ad avere fine.

Infine viene censurato Eunomio che negava - come Ario - la vera divinità del Verbo, ma "con diversa empietà", meglio sarebbe dire "più grave empietà", perchè mentre Ario affermava che il Verbo era di natura "simile" a quella del Padre, Eunomio sosteneva essere invece di natura diversa, degradando ancora di più la dignità del Figlio eterno del Padre.


Catechismo Tridentino

Non occorre istituire intorno alla Trinità troppo sottile ricerca Art. 22

Padri

La trinità - S. Agostino I 5.8
Le tre questioni che turbano alcuni