Aristotelismo
1) Influsso esercitato direttamente o anche soltanto indirettamente da Aristotele nella storia del pensiero
Il termine indica le correnti e le scuole filosofiche che si richiamano in varia misura al filosofo greco Aristotele ( 384-322 a.C. ).
Orientamento filosofico che ebbe la sua origine con Aristotele ( 384-322 a.C. ), caratterizzato da un maggiore realismo della precedente e spesso rivale scuola platonica.
Dopo essere stato disatteso e combattuto da alcuni Padri della Chiesa, l'aristotelismo con la sua etica, logica, teoria della causalità ( con le sue quattro cause: efficiente, finale, formale e materiale ) e visuale dell'anima umana come forma del corpo ( e non prigioniera del corpo, come insegnava il platonismo ), si affermò nel Medioevo col sostegno di filosofi arabi, di Mosè Maimonide ( 1135-1204 ) e di san Tommaso d'Aquino ( circa 1225-1274 ).
San Tommaso elaborò le sue prove dell'esistenza di Dio su una base aristotelica, ma difese l'immortalità naturale dell'anima, negata, a quanto pare, da Aristotele.
Nella storia del pensiero post-classico l'aristotelismo è talora apparso come una metafisica teologica ( nella teologia scolastica medievale ), come filosofia naturalistica ( nel Rinascimento, P. Pomponazzi ) o come spiritualismo ( in alcune interpretazioni moderne, per esempio in F. Brentano ).
Il cristianesimo fece la conoscenza di Aristotele e delle sue opere logiche sulle traduzioni di Boezio ( 480-524 ), ma solo nel XIII sec. poté avere a disposizione le importanti opere metafisiche.
S. Tommaso ( v. ) utilizzò il pensiero metafisico di Aristotele quale poderoso strumento concettuale e metodologico per una rinnovata comprensione del mistero cristiano.
Il delicato equilibrio fra fede ed esigenze razionali del pensiero tomista fu poi gradualmente inerinato dalla successiva teologia, in particolare da F. Suàrez e dalla scolastica iberica del XVII sec., che indulse in interpretazioni razionalistiche e naturalistiche estranee alla corretta comprensione del mistero cristiano.
v. Tomismo; Neotomismo
I capisaldi dell'aristotelismo, che riguardano le tematiche più diverse, spaziando dall'etica alla politica, dalla conoscenza alla teologia, sono organicamente legati tra loro da un'unità complessiva di fondo, secondo quanto ha sostenuto il professor Giovanni Reale.
A differenza di Platone, inoltre, Aristotele sembra rivolgere maggiore interesse verso la natura e l'osservazione sperimentale.
Tuttavia, anche se la sua prosa risulta meno ispirata rispetto a quella del suo predecessore, l'impianto filosofico aristotelico risente fortemente dell'impostazione platonica.
I capisaldi dell'aristotelismo sono brevemente riassumibili nei seguenti punti:
Immanenza dell'universale: a differenza di Platone, Aristotele non crede che le forme della realtà esistano indipendentemente da questa.
Per Aristotele, la "forma" di un oggetto è data dalle qualità intrinseche dell'oggetto stesso.
Forma e materia costituiscono un sinolo indivisibile: la materia infatti contiene un suo modo specifico di evolversi, ha in sé una possibilità che essa tende a mettere in atto.
Ne consegue che ogni mutamento della natura è un passaggio dalla potenza alla realtà, in virtù di un'entelechia, cioè di una ragione interna che struttura e fa evolvere ogni organismo secondo leggi sue proprie.
La determinazione dell'essere come sostanza: Aristotele assegna un nuovo significato al concetto di "essere" enunciato da Parmenide, rendendolo meno indeterminato, e inserendolo nel contesto di quel perenne passaggio degli organismi dalla potenza all'atto.
La sostanza, secondo Aristotele, è « ciò che è in sé e per sé », rappresenta il sostrato costitutivo di una realtà, ciò che non muta mai a differenza dei suoi aspetti transitori e accidentali.
La sostanza è una delle dieci categorie dell'essere, cioè una delle sue possibili determinazioni.
La conoscenza scaturisce dalla corrispondenza tra intelletto e realtà: secondo Aristotele non ci sono idee innate nella nostra mente; questa rimane vuota se non percepiamo qualcosa attraverso i sensi.
Ciò tuttavia non significa che l'essere umano non abbia delle capacità innate di ordinare le conoscenze, raggruppandole in diverse classi e riuscendo a cogliere l'essenza propria di ciascuna di esse, in virtù di una corrispondenza tra noi e l'oggetto.
All'inizio del processo conoscitivo il nostro intelletto è passivo perché si limita a recepire le impressioni particolari dei sensi; ma in seguito a vari passaggi interviene un trascendente intelletto attivo, che superando la potenza riesce a coglierne l'essenza in atto, la forma.
Questo passaggio supremo è reso possibile dall'intuizione, capace di "astrarre" l'universale dalle realtà empiriche.
Metafisica come scienza delle cause: l'intuizione intellettuale è dunque ciò che rende possibile la scienza degli enti in quanto tali, cioè studiandoli da un punto di vista universale.
Una tale scienza è detta propriamente metafisica.
Riuscendo a penetrare l'essenza della realtà, essa scopre le cause, i motivi per cui un oggetto è fatto in un certo modo.
Aristotele parla di quattro cause agenti, la più importante delle quali è la "causa finale", in virtù della quale esiste un'intenzionalità nella natura.
Ogni oggetto è mosso da un altro, questo da un altro ancora, e così via a ritroso, ma alla fine della catena deve esistere un motore immobile, cioè Dio: "motore" perché è la meta finale a cui tutto tende; "immobile" perché causa incausata, essendo già realizzato in se stesso come atto puro.
Utilizzo della logica formale per sviluppare la scienza: l'intuizione rende anche possibile l'avvio e l'articolazione della logica formale, di cui Aristotele è il padre, e che egli studiò nella forma rigorosamente deduttiva del sillogismo.
Le leggi che la guidano sono il principio di identità, e quello di non-contraddizione.
La logica permette di ordinare in gruppi o categorie tutto ciò che si trova in natura, a condizione però di partire da premesse vere e certe: i sillogismi infatti di per sé non danno nessuna garanzia di verità.
Solo l'intuizione intellettuale può dare loro un fondamento oggettivo e universale, tramite quel processo conoscitivo che partendo dell'epagoghé ( termine traducibile impropriamente con induzione ) culmina nell'astrazione dell'essenza.
Da questa poi la logica trarrà soltanto delle conseguenze coerenti da un punto di vista formale, facendo ricorso ai giudizi predicativi che corrispondono alle dieci categorie dell'essere.
1 - sostanza ( Socrate o uomo )
2 - quantità ( un metro e mezzo )
3 - qualità ( bianco o filosofo )
4 - relazione ( figlio di Tizio )
5 - luogo ( a casa )
6 - tempo ( anno di nascita )
7 -situazione ( star seduto )
8 - avere ( indossare un mantello )
9 - agire ( bagnare )
10 - subire ( essere bagnato )
L'etica come studio del comportamento: l'etica di cui tratta Aristotele attiene alla sfera del comportamento ( dal greco ethos ), ossia alla condotta da tenere per poter vivere un'esistenza felice.
Coerentemente con la sua impostazione filosofica, l'atteggiamento più corretto da tenere è quello che realizza l'essenza di ognuno.
L'uomo realizza se stesso praticando tre forme di vita:
quella edonistica ( incentrata sulla cura del corpo ),
quella politica, basata sul rapporto sociale con gli altri,
e infine la via teoretica, situata al di sopra delle altre, che ha come scopo la conoscenza contemplativa della verità.
Quest'ultima, essendo un'attività fine a se stessa, è quella che rende l'uomo più simile a Dio, già definito da Aristotele come « pensiero di pensiero », pura riflessione autosufficiente che nulla deve ricercare al di fuori di sé.
Aristotele Vita, opere e caratteristiche generali del suo pensiero