Scomunica
È la dichiarazione ufficiale, pronunciata dalla competente autorità ( il vescovo per la sua diocesi, il Papa per tutta la Chiesa ), che un battezzato, per gravissimi delitti, si è messo fuori dalla comunione ( ex-communicatus ) con i fedeli che costituiscono il corpo della Chiesa. Fu irrogata con frequenza, anche eccessiva ed anche per motivazioni piuttosto improprie, durante il Medio Evo: è nota la tagliente invettiva di Dante contro la corrività con la quale se ne sarebbe servito un Papa che noi non riusciamo ad identificare con sicurezza ( Par. XVIII, 130 ). Oggi il ricorso vi è rarissimo: il CDC la commina agli apostati, eretici, scismatici ( c. 1364 ), a chi profana l'Ostia consacrata ( c. 1367 ), al sacerdote che viola direttamente il segreto della confessione ( c. 1388 ), a chi usasse violenza fisica contro il Papa ( c. 1370 ). A questo proposito è noto lo sdegno scandalizzato con cui, ancora Dante, reagì allo "schiaffo di Anagni" ( 7.XI. 1303 ), e dire che si trattava di Bonifacio VIII! Ma al di là dell'avversario politico il grande poeta e grande cristiano vide Cristo di nuovo catturato e malmenato nella persona del Papa ( Purg. XX.86-90 ): nella sua intemerata coscienza sapeva ben distinguere i piani. |
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Mentre nell'AT il termine anatema ( sinonimo di scomunica ) aveva il senso di « sterminio » ( Gs 6,17; Lv 27,28; 1 Sam 15,9: quasi un voto di eliminazione per mantenere puro il popolo ), esso assume poi il significato di « tagliare fuori » ( è il senso della parola greca « anatema » ), cioè escludere dal contesto della comunità: una pena molto grave per il mondo nomade, in cui il gruppo era la vita, e la solitudine significava spesso la morte fisica oltre che sociale. La scomunica ebraica poteva essere temporanea o definitiva; tale pena venne poi assunta nelle prime comunità cristiane, con un senso medicinale, per far cioè ravvedere il peccatore ( Mt 16,18; Mt 18,17; Mt 24,51: per il giudizio finale; 1 Cor 16,22 ). La scomunica è stata largamente usata nella storia della Chiesa, verso i peccatori ( scomunica temporanea ) e verso gli eretici ( scomunica definitiva, come difesa della comunità stessa ), e fu sempre intesa comunque come esclusione dalla comunità terrena e « affidamento » alla pura misericordia di Dio ( 1 Cor 5,5: il singolo è escluso perché possa ottenere la salvezza; e anche 1 Tm 1,20 ). Oggi la pena visibile della scomunica è stata praticamente abbandonata. |
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La scomunica è una censura in forza della quale si viene esclusi dalla "comunione dei fedeli", vale a dire dai beni spirituali ( per esempio i sacramenti ), mediante i quali la Chiesa aiuta i suoi membri a raggiungere la salvezza. La scomunica è la più grave delle pene previste dal Codice di diritto canonico ( can. 1331 ). Allo scomunicato è fatto divieto di prendere parte come ministro alla celebrazione dell'eucaristia, di celebrare e di ricevere i sacramenti, di esercitare ministeri o incarichi ecclesiastici. Incorrono nella scomunica latae sententiae ( automaticamente ), cioè senza che l'autorità l'abbia a infliggere o dichiarare esplicitamente:
La scomunica è pena gravissima e la Chiesa vi ricorre come estremo tentativo per riportare un fedele sulla retta via; cessa solamente con la remissione data dall'autorità competente. |
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Sanzione penale medicinale o censura ecclesiastica con la quale un fedele è escluso dalla comunione con la Chiesa ed è privato di beni spirituali a norma del diritto. |
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Le chiavi del regno: come la città della morte, la città di Dio ha delle porte: e lasciano entrare solo coloro che ne sono degni ( confrontare Mt 23,13p ). Pietro ne riceve le chiavi. A lui spetterà dunque aprire o chiudere l'accesso del regno dei cieli, tramite la chiesa. « Legare » e «sciogliere » sono due termini tecnici del linguaggio rabbinico che si applicano innanzitutto al campo disciplinare della scomunica con cui si « condanna » ( legare ) o si « assolve » ( sciogliere ) qualcuno, e ulteriormente alle decisioni dottrinali o giuridiche con il senso di « proibire » ( legare ) o « permettere » ( sciogliere ). Pietro, quale maggiordomo ( di cui le chiavi sono l'insegna, Is 22,22 ) della casa di Dio, esercita il potere disciplinare di ammettere o di escludere come egli crederà meglio, e amministrerà la comunità con tutte le decisioni opportune in materia di dottrina e di morale. Sentenze e decisioni saranno ratificate da Dio nell'alto dei cieli. L'esegesi cattolica ritiene che queste promesse eterne valgano non soltanto per la persona di Pietro, ma anche per i suoi successori; sebbene tale conseguenza non sia esplicitamente indicata nel testo, è tuttavia legittima in ragione dell'intenzione manifesta che ha Gesù di provvedere all'avvenire della sua Chiesa con una istituzione che la morte di Pietro non può rendere effimera. Due altri testi ( Lc 23,31s e Gv 21,15s ) sottolineeranno che il primato di Pietro si deve esercitare particolarmente nell'ordine della fede e che tale primato lo rende capo, non solo della Chiesa futura, ma già degli altri apostoli. |
Mt 16,19 |
sia per te come … un pubblicano: gente « impura » che i giudei pii non potevano frequentare ( Mt 5,46+; Mt 9,10+ ). Vedere la scomunica di 1 Cor 5,11+ |
Mt 18,17 |
Lo punirà: alla lettera « lo taglierà in due »; BJ traduce: « lo taglierà fuori ». Parola oscura, forse è da intendere in senso metaforico: « se ne separerà » con una specie di scomunica ( Mt 18,17 ) |
Mt 24,51 |
Catechismo della Chiesa Cattolica |
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Comp. 308 | |
Summa Teologica |
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In sé | Spl q. 21 |
Scomunicanti e scomunicati | Spl q. 22 |
Condotta con gli scomunicati | Spl q. 23 |
Assoluzione | Spl q. 24 |