Meditazioni per le domeniche dell'anno |
1 Nel Vangelo
di oggi Gesù Cristo dice che il regno dei cieli si può paragonare a un
granello di senapa, che è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta
cresciuto, diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si
annidano fra i suoi rami (
Mt 13,31-32 ).
Si può dire la stessa cosa di ciò che si fa per obbedienza. Anche se, all'apparenza può, spesso, sembrare cosa di poco conto è, invece, molto importante, proprio perché si agisce per obbedienza. Mangiare - ad esempio - o raccogliere le molliche dalla tavola, spazzare un ambiente, lavare le stoviglie, attaccare una spilla … Tutte queste azioni sono in sé piccole cose ma, se vengono fatte per obbedienza, diventano azioni di grande rilievo, perché hanno Dio per oggetto; difatti è a Dio che obbediamo quando le compiamo. Tra tutte le altre virtù, è proprio l'obbedienza che, tra tutte, si avvicina maggiormente alle virtù teologali, perché ha la fede come principio e come guida; è sempre accompagnata dalla speranza e dalla fiducia in Dio; e infine è un prodotto della carità e del puro amor di Dio. Anche gli uccelli del cielo - cioè le virtù che i Santi possiedono in cielo - si riposano ( Mt 13,32 ) in quelli che obbediscono, perché godono di una gioia, di una consolazione e di una pace interiore che non può essere espressa a parole; che è impossibile trovare, con la stessa perfezione, in qualsiasi altra persona della terra e che si trova, invece, in chi obbedisce per amore di Dio. Sperimentate quanto è dolce il Signore ( Sal 34,9 ) e come è vero quanto vi viene detto, considerando che dovete passare la vita ad amare l'obbedienza. |
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2 Si può
attribuire all'obbedienza ciò che Salomone dice della Sapienza e cioè che «
insieme a essa mi sono venuti tutti i beni » (
Sap 7,11 ).
Infatti chi obbedisce per spirito di religione possiede in sé tutte le virtù. È umile perché bisogna esserlo per essere sottomessi; è dolce perché non si lamenta, anche se gli ordini impartiti sono fastidiosi; è silenzioso perché il vero ubbidiente ha perso l'uso della parola e non sa fare altro che obbedire agli ordini senza replicare; è paziente perché sopporta tutto ( 1 Cor 13,4-7 ) e riesce a portare tutti i pesi che gli vengono imposti; è caritatevole fino all'eccesso, perché l'obbedienza gli fa prendere qualsiasi iniziativa a beneficio del prossimo ( 1 Cor 13,4-7 ). Perciò San Bonaventura afferma che, in una comunità, l'obbedienza deve entrare in tutto ciò che si fa e che, senza di essa, tutte le migliori azioni non sono più neanche buone. Perfino il digiuno, che è tanto meritevole agli occhi di Dio, è inaccettabile se lo facciamo perché l'abbiamo deciso noi, perché così diventiamo come proprietari di una azione sulla quale Dio ha il potere assoluto e nei confronti della quale l'uomo ha solo il diritto di fare ciò che Dio gli domanda. |
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3 Il frutto
più importante che l'obbedienza produce in un religioso è che essa gli
consente di raggiungere la perfezione del suo stato, lo conferma in esso e
l'aiuta a perseverarvi.
Dice San Doroteo che nulla aiuta di più gli uomini a compiere i loro doveri religiosi, quanto frantumare la propria volontà, perché questo è il mezzo più efficace di cui ci si possa servire per arrivare alla pratica di tutte le altre virtù; e perché spezzando la propria volontà, si acquista una grande facilità a dominare le passioni e le inclinazioni e a possedere, in qualsiasi occasione, l'impassibilità dell'anima. Questa è la via per raggiungere la più alta perfezione. Per ciò Cassiano afferma che i religiosi cresceranno nel fervore e nella purezza di cuore, in proporzione al progresso che faranno nella pratica dell'obbedienza. Sant'Ignazio - nella terza parte delle sue Costituzioni - scrive che non solo è utile ma addirittura necessario che nelle sue Comunità tutti pratichino perfettamente l'obbedienza per avanzare nella virtù e nella perfezione del loro stato. Difatti nulla lo rende più saldo e più fermo del rispetto e dell'amore che essa dà per l'osservanza più completa della Religione, che è la via più sicura per arrivare al pieno possesso dello spirito del proprio stato e per perseverare in esso. Qual è, infatti, il motivo per cui non si persevera? Non è forse quello per cui, un po' alla volta, ci disamoriamo delle Regole e delle pratiche comunitarie, proviamo disgusto per esse e, infine, ci stanchiamo di osservarle. Traete voi stessi la conclusione da questi fatti. È sommamente importante quindi che vi affezionate e vi applicate con grande impegno a praticare l'obbedienza perché - secondo Sulpizio Severo - essa è la prima e la principale di tutte le virtù che costituiscono l'ornamento di una Comunità. Convincetevi dunque che amerete la vostra vocazione e ne conserverete lo spirito solo se resterete fedeli all'obbedienza. |
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