L'anima e la sua origine

Indice

A Renato

1.1 - Agostino ringrazia Renato di avergli mandato i libri di Vincenzo Vittore

Certamente anche prima, carissimo fratello Renato, avevamo avuto prova della tua sincerità verso di noi, della tua fraterna benevolenza e del contraccambio del tuo amore, ma adesso ci hai fornito una prova ancora più grande con la tua amichevole diligenza, mandandomi i due libri di Vincenzo Vittore ( questo è infatti il nome che ho trovato scritto sopra di essi ): una persona che per la verità io ignoravo assolutamente, ma che non è per questo da disprezzare.

È nell'ultima estate che me li hai mandati, anche se sono stati consegnati a me alla fine dell'autunno, essendo io stato assente.

Come avresti tu, carissimo a me, potuto omettere o, meglio, non sentire il dovere di portare a mia conoscenza qualsiasi scritto di qualsiasi autore capitato nelle tue mani, dove, sebbene lo scrittore si rivolgesse ad altri, tuttavia si faceva e si leggeva il mio nome e si andava contro ad affermazioni mie, pubblicate in alcuni miei libri?

Hai fatto così quello che dovevi fare come mio sincerissimo e dilettissimo amico.

2.2 - Giudizio su Vincenzo Vittore

Ma quello che mi fa sentire un po' mortificato è che finora la tua santità mi conosce meno di quanto vorrei, dal momento che hai creduto che io me la sarei presa come se tu mi avessi fatto un torto, facendomi noto ciò che ha fatto un altro.

Vedi invece quanto ciò sia lontano dal mio animo: io non mi sento offeso nemmeno da costui.

Trovandosi ad avere alcune opinioni diverse dalle mie, avrebbe dovuto forse starsene zitto?

Proprio questo mi deve far piacere: che ci abbia dato anche la possibilità di leggere ciò che non ha taciuto.

Si dirà che, parlando di me, avrebbe dovuto scrivere a me, invece che ad un altro.

Ma per il fatto che non era conosciuto da me non ha osato presentarmisi nel momento di confutare le mie affermazioni.

Non ha creduto nemmeno di consultarmi su problemi dove gli sembra di non dovere aver dubbi, ma d'essere in possesso d'una sentenza di sua piena conoscenza e certezza.

Ha obbedito invece ad un suo amico, dal quale dice d'essere stato spinto a scrivere.

E se nel corso della discussione ha detto qualcosa che ridondasse a mio disonore, sono disposto a credere che non l'abbia fatto con l'animo di chi vuol denigrare, ma per la necessità in cui si trova chi sostiene la sentenza opposta.

Quando infatti mi è ignoto e incerto l'animo d'una persona verso di me, credo sia meglio pensare il meglio che incolpare senza prove.

Forse, supponendo che il suo scritto poteva arrivare tra le mie mani, l'ha fatto per amore verso di me, perché vuole che io non sbagli su quei punti dove non crede d'essere piuttosto lui a sbagliare.

Per questo devo aver cara la sua benevolenza, anche se sono costretto a riprovare la sua sentenza.

Perciò nelle questioni dove non condivide la retta dottrina, mi sembra che sia ancora da correggere con mitezza e non da esecrare con asprezza, tanto più che, come sento dire, si è fatto cattolico da poco, e di ciò ci dobbiamo congratulare con lui.

Si è liberato dallo scisma e dall'errore dei donatisti o più precisamente dei rogatisti, dov'era prima impigliato.

A patto tuttavia che intenda la verità cattolica come va intesa, perché godiamo veramente della sua conversione.

3.3 - Pregi e difetti nel modo di scrivere di Vincenzo Vittore

Ha tali risorse d'eloquio da saper esporre il proprio pensiero.

Bisogna dunque trattarlo così che ritenga, come gli dobbiamo augurare, la retta dottrina, e non faccia diventare dilettevoli argomenti futili, e non gli sembri d'aver detto la verità solo perché l'ha detto con eleganza.

Per quanto, anche nel suo stesso modo di scrivere c'è molto da emendare e da sfrondare da una eccessiva verbosità.

E questo suo difetto è dispiaciuto anche a te, da persona grave che sei, come indicano i tuoi scritti.

Ma è un difetto questo che o si corregge con facilità o, senza danno della fede, si ama da persone di carattere leggero e si tollera da persone di carattere grave.

Abbiamo già infatti degli scrittori cristiani spumeggianti nello stile, ma sani nella fede. ( Tt 1,13; Tt 2,2 )

Non c'è dunque da disperare che anche in lui questo difetto, pur tollerabile se gli rimane, si possa tuttavia emendare e moderare, condurre o ricondurre ad una forma semplice e solida.

Soprattutto perché è un giovane, si dice, e quanto manca alla sua esperienza potrà essere supplito dalla sua diligenza, e la cruda pasta che scodella la sua loquacità la porterà a cottura la maturità degli anni.

Ciò che sarebbe increscioso, pericoloso o dannoso è questo: che lodando la sua eloquenza si faccia accettare la sua insipienza e in una coppa preziosa si beva un veleno mortale.

4.4 - Affermazioni contraddittorie di Vincenzo Vittore sulla origine dell'anima da Dio

Vengo subito ad indicare i punti principali che nella sua trattazione meritano d'essere espunti.

Dice che " l'anima è stata fatta da Dio e non è parte o natura di Dio ";1 e questo è completamente esatto.

Ma poiché non vuol confessare che è stata fatta dal nulla, poiché non accenna a nessun'altra creatura da cui sia stata tratta, poiché le assegna come autore Dio senza credere che egli l'abbia fatta né da cose inesistenti, cioè dal nulla, né da alcunché di esistente che non sia quello che è Dio, bensì crede che l'abbia fatta dalla sua stessa divinità, non si accorge d'andare a finire così proprio nell'errore che pensava d'avere evitato: l'anima non è altro che la natura di Dio, e conseguentemente dalla natura di Dio il medesimo Dio trae una realtà della quale lui stesso che la fa è la materia da cui la fa.

Ne segue ancora che è mutevole la natura di Dio, e poiché la natura di Dio stesso si è mutata in peggio, viene condannata dallo stesso Dio.

Tutto ciò tu vedi con la tua intelligenza di credente come meriti di non essere accettato e di essere escluso e bandito lontano dal cuore dei cattolici.

Pertanto sia che l'anima venga originata da un soffio o sia essa stessa un soffio di Dio, non emana però da Dio ma è Dio che l'ha creata dal nulla.

Se l'uomo alitando non può fare dal nulla il suo alito, ma restituisce l'aria che prende dall'esterno, non per questo dobbiamo pensare che attorno a Dio circolassero già allora delle arie e che egli ne abbia aspirata una particella esigua e l'abbia poi espirata quando alitò sul volto dell'uomo e gli fece in quel modo l'anima. ( Gen 2,7 )

Anche se questo fosse vero, nemmeno allora ciò che Dio alitò sull'uomo poteva venire da Dio stesso, ma veniva da qualcosa di respirabile che preesisteva.

Lungi però da noi che neghiamo la possibilità dell'Onnipotente di fare dal nulla l'alito della vita perché l'uomo divenisse un essere vivente, e che c'imprigioniamo in tali ristrettezze da credere o che esistesse già qualcosa di diverso da Dio con cui egli potesse fare l'alito o che abbia tratto da se stesso ciò che vediamo fatto da lui come qualcosa di mutevole.

Ciò che infatti emana da Dio è necessariamente della sua stessa natura e quindi immutabile come Dio.

L'anima al contrario, come tutti sanno, è mutevole.

Non emana dunque da Dio, non essendo immutabile come Dio.

Se poi non è stata fatta con nessun'altra cosa, è stata fatta certamente dal nulla, ma è Dio che l'ha fatta.

5.5 - Secondo Vincenzo Vittore l'anima è un corpo

Costui poi, sostenendo che " l'anima non è spirito ma è un corpo ", che cosa vuol ottenere se non che siamo composti non d'anima e di corpo, bensì di due o anche di tre corpi?

Infatti, poiché dice che " siamo composti di spirito, d'anima e di corpo " ed asserisce che " sono corpi tutti e tre ", logicamente ci crede composti di tre corpi.

Nella quale opinione da quanta assurdità egli sia inseguito penso che si debba mostrare a lui piuttosto che a te.

Ma questo è un errore sopportabile in un uomo che non conosce ancora l'esistenza di qualcosa che, pur senza essere un corpo, potrebbe tuttavia avere qualche somiglianza con un corpo.

6.6 - Un rebus di Vincenzo Vittore: a causa della carne l'anima meritò d'inquinarsi nella carne!

Chi al contrario saprebbe ben sopportare quello che dice costui, nel suo secondo libro, tentando di risolvere la difficilissima questione del peccato originale?

Come fa il peccato ad interessare il corpo e l'anima, se l'anima non si trae dai genitori ma viene ispirata nuova da Dio?

Tentando dunque di risolvere un problema tanto spinoso e scabroso, scrive: "L'anima ricupera giustamente mediante la carne la sua condizione originale, che è sembrato per poco avesse perduta a causa della carne: comincia a rinascere mediante la medesima carne per la quale aveva meritato d'esser macchiata".

T'accorgi che, avendo osato al di là delle sue forze, è caduto in un baratro tanto profondo da dire che l'anima ha meritato d'esser macchiata a causa della carne, mentre non sa dire in nessun modo donde l'anima abbia tratto tale merito prima d'esser unita alla carne.

Se infatti è dalla carne che l'anima comincia ad avere il demerito del peccato, dica, se può, in che modo prima del suo peccato abbia meritato d'inquinarsi nella carne.

Il demerito per essere mandata nella carne peccatrice che la inquinasse o dipende da lei stessa o dipende da Dio.

Quest'ultima ipotesi è la più lontana dalla verità.

Evidentemente prima d'esser unita alla carne non poté meritare a causa della carne d'esser mandata ad inquinarsi nella carne.

Se tale demerito dipese dunque da lei stessa, in che modo se lo poté acquisire, dato che prima della carne essa non ha fatto nessun male?

Se poi si dicesse che ha ricevuto tale demerito da Dio, chi potrebbe stare ad ascoltare uno sproposito simile?

Chi lo sopporterebbe? Chi permetterebbe che lo si dicesse impunemente?

Adesso infatti non si cerca che cosa l'anima dopo l'unione con la carne abbia meritato per esser condannata, bensì in che modo prima dell'unione con la carne abbia meritato la condanna d'esser mandata ad inquinarsi nella carne.

Lo spieghi, se può, costui che ha osato scrivere che l'anima ha meritato d'esser macchiata a causa della carne.

7.7 - Un altro testo sibillino di Vincenzo Vittore

Similmente in un altro passo, proponendosi di dipanare in qualche modo la medesima matassa nella quale si era intrigato, domanda a nome dei suoi avversari: " Perché mai Dio ha colpito l'anima con una pena tanto ingiusta da volerla relegare nel corpo del peccato, dove per l'unione con la carne comincia ad esser peccatrice l'anima che altrimenti non l'avrebbe potuto essere? ".

Nel gorgo scoglioso, direi, di tale mare avrebbe dovuto guardarsi dal naufragio e non azzardarsi in acque dalle quali non avrebbe potuto tirarsi fuori passando oltre, ma se mai ritornando, cioè pentendosi.

Tenta costui di liberarsi ricorrendo alla prescienza di Dio, ma invano.

Coloro infatti dei quali la prescienza di Dio preconosce che saranno risanati da lui, li preconosce peccatori, non li fa peccatori.

Al contrario, se Dio liberasse dal peccato le anime che, innocenti e pure, avesse egli stesso implicate nella colpa, allora sanerebbe una ferita inferta da lui a noi, non una ferita trovata da lui in noi.

Dio ben ci guardi dal dire e non ci accada mai di dire che Dio, quando monda le anime dei bambini nel lavacro della rigenerazione, corregge allora il male che ha fatto egli stesso a loro unendole, immuni com'erano dal peccato, alla carne peccatrice che le contaminasse con il suo peccato originale.

Tuttavia costui accusa le anime dicendo che hanno meritato a causa della carne d'esser macchiate, senza saper dire in che modo prima dell'unione con la carne abbiano esse potuto meritare una così grande enormità di male.

8.8 - Un terzo testo di Vincenzo Vittore

Costui, pensando vanamente di poter risolvere la presente questione con la prescienza di Dio, s'imbroglia ancora di più e dice" Se l'anima che non poteva esser peccatrice meritò d'esser peccatrice, non rimase tuttavia nel peccato, perché, modellata sul Cristo, non doveva essere nel peccato, come non lo poteva essere ".

In che modo vanno intese queste espressioni: " Non poteva essere peccatrice ", o: " Non poteva essere nel peccato " se non, come credo, unite alla condizionale: se non veniva nella carne?

Non avrebbe potuto infatti essere peccatrice per il peccato originale o essere in qualsiasi modo nel peccato originale a causa della sola carne, se l'anima non si trae dal genitore.

Noi dunque vediamo che l'anima è liberata dal peccato mediante la grazia, ma non vediamo in che modo abbia meritato di rimanere impaniata nel peccato.

Che significano allora le sue parole: " Se meritò d'esser peccatrice, non rimase tuttavia nel peccato "?

Se gli domanderò perché non rimase nel peccato, risponderà esattissimamente che l'ha liberata la grazia del Cristo.

Come dunque dell'anima peccatrice del bambino dice in che modo è stata liberata, dica così altrettanto in che modo ha meritato d'esser peccatrice.

8.9 - L'unica cosa saggia per Vincenzo Vittore è la ritrattazione

Ma che cosa può dire, dopo che gli è capitato esattamente quello che aveva previsto?

Prima infatti di proporre la questione scrive: " Altre ingiurie incalzano da parte di gente che abbaia con queruli borbottamenti e noi, sbattuti da una specie di turbine, andiamo a fracassarci ripetutamente tra scogli immani ".

Se lo dicessi io di lui, probabilmente si arrabbierebbe.

Sono parole sue: le ha premesse prima di proporre la questione nella quale fa vedere gli scogli stessi contro cui è andato a fracassarsi ed è naufragato.

A tanto è stato ridotto, ed ora, spinto, sbattuto, incagliato tra scogli così paurosi, è in tale condizione da non potersi liberare se non correggendo quello che ha detto, dal momento che gli è impossibile far vedere per quale demerito sia diventata peccatrice l'anima, della quale non ha esitato ad affermare che, prima d'ogni suo peccato, ha meritato di diventare peccatrice.

Chi potrebbe meritare senza peccato un castigo così immane da non esser senza peccato già prima d'uscire dal seno materno, perché concepito in una colpa non sua?

Da questa pena libera le anime dei bambini che sono rigenerati nel Cristo, senza nessun loro merito precedente, la grazia gratuita: altrimenti non sarebbe più grazia. ( Rm 11,6 )

Perciò quest'uomo molto intelligente, a cui dispiace in tanta difficoltà la nostra esitazione ( non dotta, è vero, ma tuttavia cauta ), dica, se può, con quale merito l'anima sia arrivata a questa pena dalla quale la libera la grazia senza merito.

Lo dica così da poter difendere con qualche argomento quello che dice, se n'è capace.

Non lo esigerei, se egli non avesse detto che l'anima ha meritato d'esser peccatrice.

Dica se il merito dell'anima fu buono o cattivo.

Se buono, come ha potuto finire nel male l'anima con un merito buono?

Se cattivo, da dove viene all'anima un merito cattivo prima d'ogni peccato?

Dirò ancora: Se buono, la grazia allora non libera l'anima gratuitamente, ma debitamente, essendo stata preceduta la grazia da un merito buono, e così la grazia non sarà più grazia. ( Rm 11,6 )

Se invece cattivo, domando in che consista.

Sarà forse il fatto d'esser venuta nella carne, dove non sarebbe venuta se non vi fosse stata mandata da colui nel quale non c'è ingiustizia? ( Rm 9,14 )

Mai dunque se non con il risultato di precipitarsi in errori sempre più gravi potrà costui affannarsi a tenere in piedi la propria sentenza, con la quale ha detto che l'anima ha meritato d'esser peccatrice.

E per la verità, quanto a quei bambini dei quali nel battesimo si lava il peccato originale, costui ha trovato in un certo senso qualcosa di passabile da dire, perché " ai predestinati dalla prescienza divina alla vita eterna non avrebbe potuto nuocere per nulla l'essere contagiati per poco tempo da un peccato altrui ".

E questo suo modo di dire si potrebbe tollerare, se egli non s'intrigasse nelle sue stesse parole affermando che l'anima ha meritato d'esser peccatrice: uno sproposito questo dal quale non si libera affatto se non pentendosi d'averlo detto.

9.10 - La sorte dei bambini morti senza battesimo

Per quanto invece riguarda quei bambini che vengono prevenuti dalla morte prima d'esser battezzati nel Cristo, costui nel voler rispondere ha osato promettere ad essi non solo il paradiso, ma anche il regno dei cieli, non sapendo come cavarsela senza esser costretto a dire che Dio condanna alla morte eterna anime innocenti che egli immette dentro la carne peccatrice senza nessun precedente demerito di peccato.

Ma sentendo in qualche modo quale svarione fosse l'aver detto che le anime dei bambini sono redente senza la grazia del Cristo per la vita eterna e il regno dei cieli, e che il peccato originale si può sciogliere in esse senza il battesimo del Cristo, dove si opera la remissione dei peccati: vedendo dunque in quale profondo e pericoloso gorgo si fosse buttato, scrive: " Decreto senz'altro che si offrano per essi assidue oblazioni e continui sacrifici da parte di santi sacerdoti ".

Ecco un altro errore dal quale non sarà mai in grado d'uscire se non pentendosi d'averlo detto.

Chi potrebbe infatti offrire il corpo del Cristo tranne che per coloro che sono membra del Cristo?

Ma da quando il Cristo dichiarò: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel regno di Dio ( Gv 3,5 ), e: Chi avrà perduto la sua anima per causa mia, la troverà, ( Mt 10,39 ) nessuno diventa membro del Cristo se non per mezzo o del battesimo nel Cristo o della morte per il Cristo.

9.11 - L'episodio del buon ladrone non diminuisce la necessità del battesimo

Perciò anche quel ladrone che prima della croce non fu servitore del Signore, ma sulla croce fu suo confessore, quel ladrone dal quale talvolta si capta o si tenta di captare il pretesto d'andare contro il sacramento del battesimo, è computato da S. Cipriano tra i martiri battezzati nel proprio sangue,2 come è capitato a molte persone non battezzate durante l'imperversare della persecuzione.

L'aver infatti confessato il Signore crocifisso gli fu valutato tanto e gli valse tanto presso colui che sa pesare i meriti, quanto se fosse stato crocifisso lui stesso per il Signore.

Eccone la ragione: la sua fede fiorì dal legno della croce proprio quando marcì la fede dei discepoli, destinata a rifiorire solamente con la risurrezione di Gesù per il terrore della cui morte era marcita.

Essi disperarono di chi moriva, egli sperò in chi con lui moriva.

Essi abbandonarono l'autore della vita, costui si abbandonò supplichevole ad un suo compagno di pena.

Essi si dolsero della sua morte d'uomo, costui credette che Gesù dopo la morte sarebbe diventato re.

I discepoli trascurarono colui che prometteva la salvezza, il ladrone rese onore ad un compagno con il quale condivideva la croce.

Nel ladro che ebbe fede nel Cristo si trovò la statura del martire, proprio quando crollarono quelli che sarebbero stati i martiri futuri.

E ciò fu certamente chiaro agli occhi del Signore che a lui non battezzato, ma come lavato dal sangue del martirio, conferì subito tanta felicità. ( Lc 23,43 )

Ma anche tra noi chi non immaginerebbe con quanta fede, con quanta speranza, con quanta carità avrebbe potuto accettare la morte per il Cristo vivente quel ladro che seppe cercare la vita nel Cristo morente?

A ciò si aggiunge, perché non si afferma senza credibilità, che quel ladro, diventato credente sulla croce accanto al Signore, fu asperso dall'acqua sgorgante dal suo costato, come se fosse il più santo battesimo. ( Gv 19,32.34 )

Per tacere che nessuno riesce a convincerci, perché nessuno di noi lo sa, che quel ladro non sia stato battezzato prima della sua condanna.

Ma ciascuno può prendere come vuole tutti questi particolari, purché non si valga dell'esempio di questo ladrone per negare il precetto del battesimo da parte del Salvatore, e nessuno prometta ai bambini non battezzati una condizione quasi intermedia tra la dannazione e il regno dei cieli di una qualsiasi quiete o felicità e in un qualsiasi luogo.

Questo è infatti quanto ha promesso ad essi anche l'eresia pelagiana, perché essa da una parte non teme la dannazione per i bambini, ritenendo che non abbiano in nessun modo il peccato originale, e dall'altra non spera per i bambini il regno dei cieli se non giungono al sacramento del battesimo.

Costui al contrario, mentre confessa che i bambini sono impegolati nel peccato originale, ha osato promettere a loro non ancora battezzati anche il regno dei cieli: e non hanno osato questo nemmeno i pelagiani che escludono assolutamente i bambini da qualsiasi peccato.

Ecco in quali lacci di presunzione s'intriga costui, se non si pente d'aver scritto tali spropositi.

10.12 - Il caso di Dinocrate

Quanto poi al racconto riguardante Dinocrate, fratello di santa Perpetua, né si tratta d'una Scrittura canonica, né Perpetua ha scritto, né l'ha scritto chiunque abbia scritto quel racconto, in tal modo da dire che fosse deceduto senza il battesimo quel ragazzo che morì a sette anni di età e per il quale si crede che Perpetua nell'imminenza del martirio pregò che fosse trasferito dalle pene alla pace e fu esaudita.

I fanciulli infatti di quell'età possono mentire e dire la verità, confessare e rinnegare.

È per questo che quando si battezzano, rendono già il Simbolo e rispondono da sé per se stessi alle interrogazioni.

Chi sa dunque se quel ragazzo, dopo il battesimo, in tempo di persecuzione, non sia stato allontanato dal Cristo ad opera dell'empio suo padre mediante l'idolatria e per questo non sia finito nella dannazione della morte e non sia uscito da essa perché donato alle preghiere della sorella che era sul punto di morire per amore del Cristo?

11.13 - Il caso dei bambini pagani

Ma anche se si concedesse a costui quello che, salva la fede cattolica e la regola ecclesiastica, non si concede per nessuna ragione, cioè che il sacrificio del corpo e del sangue del Cristo si offra a favore di persone non battezzate di qualsiasi età, come se per tale atto di pietà da parte dei loro cari siano aiutate a raggiungere il regno dei cieli, che cosa ha pronto costui per rispondere sul conto di tante migliaia di bambini che nascono da gente pagana, che non capitano tra le mani dei cristiani per nessuna compassione né divina né umana, che partono da questa vita in quella tenerissima età senza il lavacro della rigenerazione?

Dica, se può, in che modo coteste anime hanno meritato di diventare tanto peccatrici da non essere liberate dal peccato nemmeno in seguito.

Se infatti chiedo perché meritino d'esser condannate, se non si battezzano, giustamente mi si risponde: A causa del peccato originale.

Se chiedo pure da dove hanno tratto il peccato originale, costui mi risponderà: Diamine, dalla carne peccatrice.

Se allora chiederò per quale causa hanno meritato d'esser condannate nella carne peccatrice quelle anime che non avevano fatto nulla di male prima della loro unione con la carne, trovi qui costui che cosa rispondere, tanto più che questi bambini si condannano a subire il contagio di peccati altrui in tal modo che né il battesimo li rigenera dopo che sono stati mal generati, né i sacrifici li purificano dopo che sono stati inquinati.

Infatti questi bambini sono nati e continuano fino ad oggi a nascere in tali luoghi e da tali genitori da non poter essere aiutati con nessuno di quei mezzi.

Qui evidentemente ogni argomentazione fa cilecca.

Non chiediamo infatti come le anime abbiano meritato d'esser condannate dopo che sono state messe a condividere la sorte della carne peccatrice, ma chiediamo come le anime abbiano meritato d'esser condannate a subire la pena di condividere la sorte della carne peccatrice senza aver nessun peccato prima d'esser messe a condividere la sorte della carne peccatrice.

Non serve dire: " Non fu di nessun danno la contaminazione temporanea del peccato altrui per quelli a cui nella prescienza di Dio era stata preparata la redenzione ".

Noi adesso parliamo precisamente di quelli che, uscendo dal corpo prima del battesimo, non sono soccorsi in nessun modo dalla redenzione.

Non serve dire: " Le anime che non ha lavate il battesimo, le monderanno i frequenti sacrifici offerti per esse e Dio, prevedendo ciò, ha voluto che per breve tempo i peccati altrui si attaccassero a loro senza nessun esito di dannazione eterna e con la speranza della felicità eterna ".

Noi adesso parliamo precisamente di quelle anime che, nascendo tra gli empi e dagli empi, non hanno potuto trovare nessuno di questi aiuti.

I quali, se potessero essere applicati, non potrebbero certamente giovare ai non battezzati, come nemmeno quei sacrifici, che costui ha ricordati dal Libro dei Maccabei ( 2 Mac 12,43 ) e che furono offerti per i peccatori morti, avrebbero potuto loro giovare minimamente, se non fossero stati circoncisi.

11.14 - Due soluzioni inaccettabili

Trovi dunque costui, se può, la risposta da dare, quando gli si domanda come abbia fatto l'anima, senza nessun peccato né originale né personale, a meritare d'esser condannata a subire il peccato originale di un altro in tal modo da non potersene liberare, e veda quale voglia scegliere di queste due risposte: se dire che vengono sciolte dal nodo del peccato originale anche le anime dei bambini che muoiono e che se ne vanno da questo mondo senza il lavacro della rigenerazione e per le quali non si offre il sacrificio del corpo del Signore, sebbene l'Apostolo insegni che per uno solo tutti finiscono nella condanna, ( Rm 5,16.18 ) tutti s'intende quelli ai quali non viene in soccorso la grazia a liberarli con la redenzione per mezzo di uno solo; o se dire che quelle anime, immuni da ogni peccato sia originale che proprio e assolutamente innocenti, semplici e pure, sono punite con la dannazione eterna da un Dio giusto, dopo che egli stesso di sua iniziativa le immette nella carne peccatrice senza dover mai essere liberate.

12.15 - Altre due soluzioni inaccettabili

Per conto mio confermo che non va data né l'una né l'altra di coteste due risposte e nemmeno una terza: cioè che le anime abbiano peccato in un'altra vita prima d'aver la carne per meritare d'esser condannate a venire nella carne.

A questo proposito l'Apostolo dichiara apertissimamente che Esaù e Giacobbe, quando non erano ancora nati nella carne non avevano fatto nulla di bene o di male. ( Rm 9,11 )

Da ciò risulta che i bambini, per aver bisogno della remissione dei peccati, non possono che aver contratto il peccato originale.

E non va data neppure una famosa quarta risposta: cioè che il giusto Dio relega e condanna a venire nella carne peccatrice le anime di quei bambini che sono destinati a morire senza battesimo, perché ha previsto che sarebbero vissuti malamente, se avessero raggiunto l'età dell'uso del libero arbitrio.

Questo non ha avuto l'ardire di dirlo nemmeno Vincenzo Vittore, benché ridotto in tante ristrettezze.

Anzi egli parla abbastanza manifestamente e sbrigativamente anche contro una tale vana affermazione già quando dichiara: " Dio sarebbe ingiusto, se volesse giudicare l'uomo che non è nato per le opere della sua propria volontà che non ha compiute ".

È appunto in questo modo che ha risposto, quando trattava la questione sollevata da coloro che domandano: Perché mai Dio si mise a creare l'uomo di cui sapeva con la sua esatta previsione che non sarebbe stato buono?

L'avrebbe infatti giudicato quando non era ancora nato, se non l'avesse voluto creare proprio perché prevedeva che non sarebbe stato buono.

Ed è vero, come sembra anche a costui, che Dio avrebbe dovuto giudicare l'uomo in base alle opere da lui compiute, non in base alle opere previste e non ammesse mai all'esistenza.

Poiché se i peccati che un uomo avrebbe potuto commettere nella sua vita si condannassero in lui senza che li abbia commessi perché è morto prima, non sarebbe stato concesso nessun beneficio a chi fu rapito perché la malizia non ne mutasse i sentimenti: ( Sap 4,11 ) egli sarebbe giudicato allora secondo la malizia che ci sarebbe stata in lui e non secondo l'innocenza che invece è stata trovata in lui.

E non ci potrebbe essere sicurezza di nessun morto che sia stato battezzato, perché anche dopo il battesimo gli uomini possono non solo peccare come che sia, ma perfino apostatare.

Che dire dunque d'un battezzato che è stato rapito via da questa vita e che sarebbe diventato apostata se avesse continuato a vivere: penseremo forse che non gli è stato concesso nessun beneficio con l'essere rapito perché la malizia non ne mutasse i sentimenti e crederemo che a causa della prescienza di Dio sia da esser giudicato non come un membro fedele del Cristo, ma come un apostata?

Quanto sarebbe stato meglio, se si puniscono i peccati non ancora fatti, non ancora pensati, ma previsti e di là da venire, che quei due fossero scacciati dal paradiso prima del peccato, per impedire che si peccasse in un luogo così santo e beatifico!

Che dire del fatto che va a finire assolutamente nel nulla la prescienza divina, se non accadrà ciò che si prevede?

Con quale logica infatti si può dire previsto un futuro che non sarà mai futuro?

In che modo dunque si puniscono i peccati che non esistono in nessun modo, cioè i peccati che non sono stati commessi né prima della carne in questa vita, perché essa non era ancora cominciata, né dopo la carne, perché sono stati prevenuti dalla morte?

13.16 - Vincenzo Vittore è dalla parte dell'eresia pelagiana

Pertanto il tempo intermedio da quando l'anima fu mandata nella carne fino al suo disciogliersi dalla carne, poiché si tratta dell'anima d'un bambino che non è giunto all'età del libero arbitrio, non trova per essere condannato, se non riceve il battesimo, nient'altro che il peccato originale.

Che per questo peccato l'anima sia giustamente condannata non lo neghiamo, perché è giusta la legge che stabilisce un castigo per il peccato.

Ma ci chiediamo la ragione per cui l'anima è stata condannata a subire questo peccato, se essa non si trae da quell'unica anima che peccò nel primo padre del genere umano.

Perciò, se Dio non condanna gli innocenti, né fa che non siano innocenti quelli che vede innocenti, e se soltanto il battesimo del Cristo nella Chiesa del Cristo libera le anime sia dai peccati originali, sia dai peccati propri, e se le anime non ebbero prima della carne nessun peccato, e se non si possono punire con legge giusta i peccati prima che si commettano e tanto meno i peccati che non sono stati mai commessi, Vincenzo Vittore non dica nessuna di queste quattro bestialità e spieghi, se può, per quale demerito le anime dei bambini, che uscendo dal corpo senza battesimo si mandano alla dannazione, siano state mandate, pur senza aver peccato in nessun modo, nella carne peccatrice per trovarvi il peccato che le facesse condannare giustamente.

Ebbene, se scansando questi quattro errori che la sana dottrina condanna, ossia se non osando dire o che Dio fa peccatrici le anime che esistevano già senza peccato, o che il peccato originale si scioglie nelle anime senza il sacramento del Cristo, o che le anime hanno peccato in qualche altro luogo prima d'esser mandate nella carne, o che nelle anime si puniscono i peccati che esse non hanno mai avuti: se non volendo dire tali errori, perché non sono certamente da dirsi, dirà che i bambini non contraggono il peccato originale, né hanno alcunché che li faccia condannare, se escono da questa vita senza aver ricevuto il sacramento della rigenerazione, incorrerà nell'eresia pelagiana, senza dubbio condannabile, ed egli stesso sarà da condannare.

Perché questo non gli capiti, quanto sarebbe meglio che si attenesse alla mia esitazione sull'origine dell'anima per non avere la presunzione d'affermare ciò che e non comprende con la ragione umana e non difende con l'autorità divina, e quindi non esser costretto a professare la propria insipienza per la vergogna di confessare la propria ignoranza.

Indice

1 Qui e appresso le citaz. sono di Vincenzo Vittore
2 Cipriano, Ep. 73, 22