La città di Dio |
Alcuni hanno opinato che esistono dèi buoni e cattivi, altri invece pensando più rettamente degli dèi hanno assegnato loro un onore e una lode tanto grandi che non osarono sostenere la malvagità di qualcuno degli dèi.
Ma coloro i quali hanno affermato che alcuni dèi sono buoni, altri cattivi,1 hanno esteso il concetto di dèi anche ai demoni, sebbene, ma più raramente, anche il concetto di demoni agli dèi.
Riconoscono perfino che Giove stesso, considerato re e capo degli altri, sia stato da Omero considerato un demone.2
Coloro, i quali sostengono che gli dèi non possono essere che buoni e molto più perfetti di quegli uomini che sono giudicati buoni, sono giustamente turbati da certe azioni dei demoni che non possono negare.
Giudicando impossibile che esse siano compiute dagli dèi, che ritengono tutti buoni, sono costretti a introdurre una differenza fra dèi e demoni.
Quindi sostengono che è di demoni e non di dèi tutto ciò che disapprovano nelle azioni e nei sentimenti disonesti con cui gli spiriti occulti manifestano il proprio potere.
Ma i pagani, supponendo che nessun uomo può comunicare col dio, affermano che i demoni siano stati stabiliti come intermediari tra gli uomini e gli dèi per portare dal basso le richieste e riportare dall'alto i favori accordati.
La pensano così anche i platonici, i più eccellenti e illustri filosofi.
Proprio con essi, come i più eminenti, ho deciso di esaminare il problema, se il culto di molti dèi giovi per conseguire la vita felice che si avrà dopo la morte.
Nel libro precedente ho preso in considerazione che i demoni godono di fatti che gli onesti e i saggi sdegnano e condannano, cioè delle sacrileghe, scandalose e oscene favole dei poeti, e non nei confronti di un uomo qualunque ma degli dèi stessi, e della scellerata e colpevole profanazione delle arti magiche.
Ci si è chiesto dunque in che modo essi, come più vicini e più amici, possano rendere graditi gli uomini buoni agli dèi buoni.
Si è concluso che è assolutamente impossibile.
Quindi questo libro, come ho promesso alla fine del precedente, dovrà contenere la trattazione sulla differenza, se ne propongono alcuna, non degli dèi fra di loro perché, secondo i platonici, sono tutti buoni, non sulla differenza fra dèi e demoni perché considerano gli dèi molto lontani e superiori agli uomini e i demoni intermediari fra gli dèi e gli uomini, ma sulla differenza fra i demoni stessi.
È questo l'argomento della presente trattazione.
In molti è abituale il discorso che i demoni siano alcuni buoni e altri cattivi.
E se l'opinione è anche dei platonici o di altri filosofi, non si deve evitare di sottoporla ad esame.
Non deve avvenire infatti che qualcuno ritenga di dover fidarsi di demoni che suppone buoni e mentre intende ed aspira, con essi come intermediari, di rendersi gradito agli dèi che ritiene tutti buoni per poterli raggiungere dopo la morte, accalappiato e ingannato dalle fandonie di spiriti malvagi, si allontani dal vero Dio.
Con lui solo infatti, in lui solo, da lui solo l'anima umana, cioè ragionevole e intelligente, è felice.
Indice |
1 | Lattanzio, Div. inst. 2, 14, 6; 4, 27, 14ss |
2 | Omero, Il. 1, 222; Plutarco, De def. orac. 10 |